Beppe, Tonino e l'ambasciatore

Redazione

In politica alla fine è il monaco che fa l’abito. Così che scivolare dallo smoking senza papillon al frac con le code del clown è un attimo. Beppe Grillo s’è presentato a Villa Taverna, provando a spiegare come uno che se ne intende la politica italiana al nuovo ambasciatore americano.

In politica alla fine è il monaco che fa l’abito. Così che scivolare dallo smoking senza papillon al frac con le code del clown è un attimo. Beppe Grillo s’è presentato a Villa Taverna, provando a spiegare come uno che se ne intende la politica italiana al nuovo ambasciatore americano, John Phillips, e metterlo in guardia contro Renzi. Col fido Casaleggio erano già stati a festeggiare il 4 luglio pure al fatale consolato di Milano. Contava, Grillo, di essere preso per guru come nel marzo 2013, quando un distratto e improvvido David Thorne ne esaltò il vaffa style di fronte ai liceali del Visconti.  Dicono le cronache che un anno dopo l’attenzione americana per il fenomenale populista sia assai scemata. Il rapporto tra la diplomazia americana e l’Italia è un romanzo, coi suoi alti e bassi del cuore. E’ già capitato che un console di Milano più solerte o meno attrezzato della media stravedesse per gli imperdibili punti di vista di un pm ruggente e opaco, al tempo di Mani pulite. L’allora console Peter Semler aveva il vizietto di invitare Di Pietro per farsi fare il pronostico dei suoi prossimi arresti. Ci vollero vent’anni perché il compianto Reggie Bartholomew mettesse le cose a posto: “Qualcosa non quadrava nel rapporto tra il consolato Usa di Milano e il pool di Mani pulite. Con me tutto questo cessò”. Come adesso con Phillips a Roma, tutta quell’ansia di farsi spiegare la politica e il populismo della ridicola rivoluzione italiana da un clown in caduta libera e ormai fuori gioco, politicamente e istituzionalmente, in patria e in Europa, agli americani è passata. Sul pallottoliere delle miserie si può magari contare che Di Pietro ci mise un po’ di più per rotolare nel nulla di una pasticciata irrilevanza politica.