Shinzo Abe (foto LaPresse)

Obama è ignorato (pure) in Corea del nord, e invece Shinzo Abe…

Giulia Pompili

A partire da oggi il Giappone eliminerà alcune delle sanzioni unilaterali nei confronti della Corea del nord, in cambio della creazione di un comitato investigativo che indagherà su una questione che sta molto a cuore ai giapponesi, quella dei cittadini nipponici rapiti dai nordcoreani tra gli anni 70 e 80.

A partire da oggi il Giappone eliminerà alcune delle sanzioni unilaterali nei confronti della Corea del nord, in cambio della creazione di un comitato investigativo che indagherà su una questione che sta molto a cuore ai giapponesi, quella dei cittadini nipponici rapiti dai nordcoreani tra gli anni Settanta e Ottanta. I colloqui tra Tokyo e Pyongyang sono iniziati alla fine di maggio in Svezia, e già da allora il Giappone aveva voluto “testare” la buona volontà nordcoreana allentando i controlli sulla circolazione di denaro da e verso la Corea del nord e avallando l’attracco nei porti giapponesi di navi nordcoreane in missioni umanitarie. Nonostante i test missilistici dei giorni scorsi, ieri a Pechino è stato ospitato un vertice tra Song Il-ho, ambasciatore nordcoreano per i rapporti con il Giappone e Junichi Ihara, direttore generale degli Affari asiatici al ministero degli Esteri giapponese. Secondo alcune fonti, il panel investigativo sarà diretto da So Tae-ha, che è consigliere della commissione nazionale della Difesa, massimo organismo militare (e quindi statale) nordcoreano, e viceministro  alla Sicurezza di stato (il ministero dei servizi segreti). Un uomo molto vicino al leader Kim Jong-un. I colloqui diretti, senza intermediari, iniziati da Shinzo Abe con la Corea del nord, hanno provocato tiepide reazioni in America e Corea del sud, se non imbarazzo. Da anni Washington tenta la via dei colloqui diplomatici a quattro, ma il tavolo di trattative per la denuclearizzazione nordcoreana con Cina, Giappone, Corea del sud e America è stato un fallimento. Il leader Kim Jong-un sembrerebbe invece molto interessato ai buoni rapporti con il Giappone (secondo quanto riferito al sito NK news da Kenji Fujimoto, lo chef personale di Kim Jong-il poi scappato in Giappone, Kim Jong-un sarebbe filogiapponese perché sua madre è nata a Osaka).

 

Dei giapponesi scomparsi nel nulla si sa molto poco. Quel che è certo è che durante la Guerra fredda le spie nordcoreane hanno rapito alcuni cittadini giapponesi per portarli nei campi d’addestramento e insegnare agli infiltrati la lingua giapponese. Nel 2002 il primo ministro giapponese Junichiro Koizumi incontrò a Pyongyang Kim Jong-il, accompagnato dall’attuale premier Shinzo Abe. Dopo i colloqui, la Corea del nord ammise il rapimento di 13 cittadini giapponesi. Cinque di loro furono liberati. Degli altri otto Pyongyang produsse dei finti certificati di morte, provocando indignazione in Giappone. Da allora, però, a Tokyo la questione nordcoreana era stata lasciata ai messaggi ufficiali e alla linea statunitense: l’isolamento. Fino all’arrivo di Shinzo Abe. L’accordo con Tokyo è una grande occasione per la Corea del nord, scriveva ieri Clint Richards sul Diplomat, che può in questo modo dimostrare a Pechino di sapersi cercare altri alleati. Allo stesso modo il Giappone sta scontando da molti mesi l’isolamento da parte dei suoi vicini, Cina e Corea del sud. Un raffreddamento dei rapporti diplomatici dovuto a varie questioni, fra tutte quella delle donne di conforto durante la Seconda guerra mondiale e i territori contesi.

 

“Clamore a oriente, attacco a occidente” è il sesto dei 36 stratagemmi, il trattato di strategia militare cinese scritto durante la dinastia Ming e attribuito al generale Sun Tsu. E’ il sesto stratagemma a riassumere, oggi, il desiderio del Giappone di sfruttare l’impasse dell’Amministrazione Obama sulle questioni internazionali. A dimostrarlo è il fatto che l’America ha accolto con favore la decisione del governo di Shinzo Abe di modificare l’interpretazione dell’articolo 9 della Costituzione giapponese, quella post bellica, rendendo il suo paese in grado dopo sessant’anni di prendere parte a una guerra. L’idea americana è quella di avere un alleato che possa contenere la potenza cinese in ascesa, visto il quasi-fallimento del pivot asiatico obamiano. Ma a quanto pare il Giappone di Abe difficilmente si lascerà governare da Washington.

  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.