Una attivista manifesta fuori dalla Corte Suprema in attesa della sentenza Hobby Lobby (Foto Ap)

Il corpo delle donne - Usa edition

Paola Peduzzi

Una sentenza della Corte suprema scatena le dame (e i presidenti) liberal contro i conservatori che “vengono a prendersi il nostro utero”.

La Corte suprema americana fa così, chiude la sessione estiva con sentenze esplosive e poi lascia che per qualche mese i commentatori cerchino di decifrare le divisioni dentro la Corte, i politici litighino alla grande e i giudici si riposino in vacanza. Due anni fa, era accaduto con l’Obamacare, quest’anno con un suo pezzetto: quello che riguarda la copertura sanitaria dei contraccettivi da parte delle aziende, che a prima vista pare un cavillo e che invece è la “smocking gun” dell’ultima battaglia culturale d’America. La sentenza dice, in sostanza, che le aziende che fanno capo a un numero ristretto di persone, come una famiglia (cioè tutte quelle che non sono public company), possono per motivi religiosi non fornire la copertura sanitaria ai dipendenti, cioè alle dipendenti, sui metodi contraccettivi considerati abortivi. Su questa decisione, determinata dalla famiglia evangelica che ha creato la catena di negozi Hobby Lobby e che non trovava conforme ai propri valori dover garantire farmaci abortivi ai dipendenti, la Corte si è spaccata – cinque giudici a favore, quattro contro – e la divisione è stata perfettamente ideologica e quasi perfettamente di gender. Cioè i giudici conservatori che hanno scritto il parere della maggioranza a difesa della libertà di religione dei datori di lavoro sono uomini, quelli liberal che hanno scritto il parere del dissenso sono tutte e tre le donne della Corte più Stephen Breyer (deve entrarci in questo fenomeno anche la mania molto moderna e molto politicamente corretta per le quote rosa). E’ bastato questo, assieme alla furia con cui Ruth Bader Ginsburg ha motivato il suo dissenso radicale con gli uomini della Corte, per creare le premesse della nuova guerra che i conservatori hanno – secondo i liberal – dichiarato alle donne, a pochi mesi dal voto di midterm, rendendo contendibile il famoso voto femminile che a ogni tornata elettorale pare quello determinante (non lo è quasi mai).

 

Da oggi le aziende hanno più diritti delle donne, scrivono i media liberal, e gli uomini, a cominciare dai giudici supremi, hanno dimenticato qual è il principio ispiratore di un’altra sentenza storica in materia (che nel 1992 confermò la Roe vs Wade sull’aborto) che fu enunciato dalla prima donna a essere nominata nella Corte, Sandra Day O’Connor: “La capacità delle donne di partecipare equamente all’economia e alla vita sociale della nazione è stata facilitata dalla loro capacità di controllare la loro vita riproduttiva” (questa citazione apre, come una bomba, il parere della Ginsburg, che ruota attorno ai diritti delle donne, che cita le donne 43 volte, quando i maschi della maggioranza parlano molto di aziende, ma le donne le citano solo 13 volte). La Casa Bianca ha preso al volo l’occasione: rispettiamo il lavoro della Corte, “ma questa decisione mette a rischio la salute delle donne che lavorano in queste aziende”, ha detto il portavoce di Barack Obama, “e continueremo a cercare i modi per migliorare la sanità americana aiutando le donne ad avere più voce in capitolo, non meno, sulle decisioni di salute personale che riguardano loro e le loro famiglie”. Hillary Clinton, dall’alto dell’inevitabilità percepita della sua candidatura alle presidenziali del 2016, ha detto: “Trovo profondamente inquietante la direzione che abbiamo preso”, cioè quella in cui i boss possono fare scelte che spetterebbero alle loro dipendenti. Anche Lena Dunham, giovane e geniale autrice-protagonista della serie tv “Girls”, ha definito la sentenza, “un passo indietro deludente per TUTTE noi”. Quando Jessica Valenti, commentatrice femminista del britannico Guardian, ha scritto su Twitter: “Forse le donne dovrebbero organizzare un ‘safe sex fuck-in’ in ogni Hobby Lobby del paese. Nel corridoio con gli sbrilluccichi. E’ solo un pensiero”, s’è scatenata una guerra interna alle donne, che volgarità inutile, dicevano piccate molte, così le battaglie si perdono, se solo le donne avessero un po’ di classe, allora sì che il mondo sarebbe nostro.

 

Il Wall Street Journal ha denunciato la guerra alla donna “creata ad arte” dai liberal che dicono: “Hey, ragazze, i repubblicani stanno arrivando a impadronirsi del vostro utero”. Il quotidiano conservatore spiega che l’89 per cento delle assicurazioni a oggi coprono tutte le forme contraccettive legali, Hobby Lobby ha ricevuto la possibilità di esercitare il suo diritto di libertà di religione solo per quattro farmaci abortivi, e il contagio che allarma tanto i democratici non ci sarà. Già adesso 190 milioni di dipendenti sono esclusi dalla copertura sanitaria per i contraccettivi, o perché lavorano in aziende che hanno meno di 50 dipendenti o perché lavorano in non profit religiose. Non si torna al Medioevo, insomma, ma a quel che vale già per molti o al limite a quel che esisteva due anni fa. I democratici lo sanno, ma fa più comodo creare, scrive sempre il Wall Street Journal, una coalizione delle minoranze, che poi possa imporsi alle elezioni. Lo schema politico da una parte, la battaglia culturale dall’altra, i sessisti veri che fanno finta di non capire, e quei giudici sono pure in vacanza.

 

  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi