Pace e democrazia in Centro America. Ecco la Costa Rica che sogna la semifinale Mondiale

Maurizio Stefanini

Sono la cenerentola della Coppa del Mondo, hanno eliminato gli azzurri, l'Uruguay e la Grecia. Sabato affronteranno L'Olanda ai quarti con addosso l'etichetta di vittime sacrificali, ma Joel Campbell, l'attaccante dei "Ticos", avvisa tutti: "Non vedo dei dell'Olimpo".

Li chiamano “Ticos”, sono gli abitanti della Costa Rica, così soprannominati per l’uso e abuso di un diminutivo-vezzeggiativo che caratterizza il loro tipo di spagnolo e su cui peraltro sono loro i primi a scherzare. Un Paese piccolo, con  4,8 milioni di abitanti per 51.000 chilometri quadrati, striminzito come il nome che danno alla nazionale di calcio, “la Sele”.

 

A questi Mondiali tutto ha inizio con l’Uruguay, il “padre del calcio” vincitore di due Mondiale: il risultato è stato un clamoroso 3-1. Uruguay e Costa Rica uniti non solo da una partita, ma anche da un nomignolo: “la Svizzera dell’America del Sud” è definito l’Uruguay, “la Svizzera dell’America Centrale” è invece la Costa Rica. Entrambi attivi centri finanziari, oasi di pace e democrazia in regioni tormentate. Ma probabilmente la Costa Rica è più Svizzera dell’Uruguay, vista la parentesi di regime militare che a Montevideo governò tra 1973 e 1985. Anzi, forse è più Svizzera ancora della Svizzera, che pur non facendo guerre da 167 anni è armata fino ai denti. Il Costa Rica invece ha abolito l’esercito dopo la guerra civile del 1948. “Preferiamo avere maestri che soldati”, è uno slogan nazionale. L’investimento nell’educazione pubblica arriva al 7 per cento del Pil, il 90 per cento delle scuole è connessa alla Rete, da oltre 40 anni il 25 per cento del territorio è sotto un regime speciale di protezione e il 95 per cento dell’energia consumata proviene da fonti rinnovabili.

 

Terzo nelle classifiche dell’Environmental Performance Index, la Costa Rica nel 2021 sarà il primo Paese al mondo a impatto zero sull’emissione di carbonio. Ciò ha propiziato il boom di un turismo di alta qualità, 2 milioni di turisti l’anno, in un’economia equilibrata che, finanza a parte, si regge dal punto di vista agricolo sull’export di prodotti tipici come banane, caffè, canna da zucchero, ananas e cacao: gli stessi di tutta la regione, solo che nella Costa Rica la produzione è gestita da cooperative di piccoli produttori, piuttosto che da latifondi. Inoltre negli ultimi sono arrivate varie imprese straniere a sviluppare un settore di nuove tecnologie arrivato al 5 per cento del Pil. Hammond, il magnate che in “Jurassic Park” si metteva a clonare i dinosauri, nella Costa Rica organizzava la sua impresa. Come spiegava il libro, perché era l’unico Paese tropicale ad avere infrastrutture così avanzate. Insomma, piccolo e bello. Nonostante questo, Laura Chinchilla Mirando ha concluso lo scorso mandato presidenziale con il record di presidente più impopolare di tutta l’America Latina, almeno secondo l’Happy Planet Index, che ogni due anni cerca di misurare la felicità mondiale e classifica regolarmente il Costa Rica al primo posto. Una felicità ora addirittura aumentata, con “la Sele” che, come afferma il neo-presidente Luis Guillermo Solís Rivera sceso in piazza con i tifosi, “ha fatto la Storia” sconfiggendo Uruguay e Italia, eliminando Italia, Inghilterra e Grecia e arrivando ai quarti. Prima squadra centroamericana a spingersi così in avanti in un Mondiale”. 

 

[**Video_box_2**]Tra gli allegri ma generalmente compassati Ticos si sono visti perfino preti suonare le campane a festa indossando, sopra la tonaca, una maglietta da calcio, una di quelle che prima i costaricani convenivano fossero un po’ brutte, ma che adesso stanno invece andando a ruba, raddoppiando e triplicando di prezzo da un giorno all’altro. Perfino l’ex-presidente Óscar Arias, Nobel della Pace 1987 per la mediazione nelle guerre civili centroamericane, se ne è messa una, in una pubblicità di una banca. Il bello è che un po’ tutta l’America Centrale ha dimenticato l’antipatia da primo della classe con cui guarda il Costa Rica e ha festeggiato con loro. Perfino il Nicaragua, diviso da un’aspra querelle di confine, dimentica il litigio in corso di fronte alla Corte Internazionale di Giustizia per inorgoglirsi di  Óscar Duarte: colonna della difesa e bandiera del mezzo milione di immigrati nicaraguensi.

 

È invece emblema di una comunità di 150 mila afro-costarricensi, in gran parte di origine giamaicana, il goleador Joel Campbell, che in riferimento alle vittorie su Uruguay, Italia e Grecia ha detto: “Non vedo dei dell’Olimpo”. Qualcuno pensa allo zampino degli dei pre-colombiani, per le antiche ed enormi sfere di pietra del Sud del paese che l’Unesco ha appena dichiarato patrimonio dell’umanità e che assomigliano a palloni da calcio giganti.