Obiettivo cresta gialla. Come vive e resiste il magistrato nell'éra Renzi

Stefano Di Michele

Riformare la giustizia è un atto temerario. Il ministro Orlando cerca di stare sotto traccia, naviga sotto costa; Renzi una parola di troppo non ce la mette

E’ possibile pure fare cose complicate, tipo litigare con la Merkel, trebbiare il Senato, spostare lo statale. Ma ecco, riformare la giustizia, questo è più che complicato: è un atto temerario. Il ministro Orlando cerca di stare sotto traccia, naviga sotto costa; Renzi una parola di troppo non ce la mette (finora); il sottosegretario Delrio collabora e tace; il presidente del Pd Orfini si fa Cupido per le toghe: “Le intercettazioni non faranno parte della riforma…”. Più che rottamare, nel Consiglio dei ministri di lunedì che approverà la riforma di Orlando, si tratterà di aggiustare. Manutenzione, non molto altro. Ma lo stesso non sarà battaglia facile. I magistrati sono l’osso più duro pure per il ganzo fiorentino – da rimirare, più che da rosicare. Già si è visto con la storia del tetto agli stipendi. Già si è visto dopo l’approvazione dell’emendamento Pini (quello sulla responsabilità civile dei magistrati). Il bisturi. L’anestesia. La sutura. Passo lento. Piedi di piombo. Parole soffuse. Ambulanza più che camper. Rassettare più che rottamare. Qualcosa si farà. Qualcosa si dirà. Magari non proprio tutto quello che Renzi voleva fare (farsi intendere dai magistrati pare faccenda più complicata del farsi intendere dai vietnamiti, recenti ospiti). Magari non proprio tutto quello che le toghe temevano. In quei pressi c’è sempre Teano più che il Piave. Per rendersene conto (ad avviso del 30 che si avvicina, ad avvertimento di tentazioni genere emendamento Pini), basta leggere su Repubblica l’intervista del presidente dall’Anm, Rodolfo Sabelli, appena reduce dall’incontro con il ministro – rassicurante, ma non abbastanza; conciliante, ma non arrendevole – alla sollecita Liana Milella. Una trincea, due trincee, tre trincee. Un diniego. Un allarme. Un monito.

 

1) “Per ora abbiamo messo dei paletti dai quali non possiamo derogare”,

2) “i magistrati affermano principi per i quali sono pronti a battersi”,

3) “abbiamo stabilito principi molto netti sulla responsabilità civile, su cui siamo contrari a qualsiasi forma di azione diretta”,

4) “lo giudicheri pericoloso”, ecc. ecc.

 

Sbarramento. Strada interrotta. Vicolo cieco. Stop. Stop. Stop. Senso vietato. Rischio rimozione. Stanno come quelli dell’Uruguay, i magistrati. Sarebbe stato forse più facile, per Orlando, rimuovere la carcassa della Concordia quando era all’Ambiente che smuovere la corazzata dell’Anm dalla granitica posizione che si (ri)annuncia – che poi, dietro tutta la categoria, s’odono già pure al Nazareno le sospirose approvazioni dagli ambienti (seppur lontani da quelli più padronali) del Pd: c’è sempre un Lumia, sempre un Casson, sempre una Bindi… Altri avvertimenti. Altri moniti. Altri consigli alla cautela – che sarà per forza cosa cauta, alla fine. Riforma con juicio, pare sicuro. Sarà fatica, con scarso bottino (politico), quasi certamente. Le intercettazioni sacre, seppur sacra la privacy. La responsabilità civile, ma con l’intermediazione dello stato. Magari una spolveratina alle correnti per quanto riguarda l’elezione del Csm. Falso in bilancio. Autoriciclaggio. Niente che possa sembrare troppo, onestamente, per il mito renziano della rottamazione, del cambiar verso, fosse pure del più moderato voltare pagina. Niente che possa sembra poco, presumibilmente, per le toghe alleprate sul bordo della riforma e del solleone. Ieri in Europa Renzi invocava la svolta  – lunedì gli toccherà provarci con quelli delle procure.  Estate calda. La banana con Prandelli è stato inutile pasto calcistico. Adesso: o ce la fa o i resistenti dell’Anm gli fanno la cresta gialla, a Matteo Balotelli.