Con i denti del Dr. Freud

Harry Wallop

Psicopatologia del morso quotidiano. Suárez tra libido infantile, sesso e cannibalismo.

E’  stato un momento di follia che non solo ha distratto i fan dalla triste uscita dell’Inghilterra dai Mondiali, ha anche messo il torneo sulle prime pagine dei quotidiani di tutto il mondo, per le ragioni sbagliate: “Lo Squalo 3” o ancora “Il bimbo ha fame” sul New York Daily News, che di solito non  è particolarmente interessata al meraviglioso gioco del calcio. Luis Suárez, che si riteneva dovesse essere una delle stelle del festival del calcio in Brasile, lo stupefacente calciatore che aveva già messo fine ai sogni di gloria inglesi, ha affondato i denti nella spalla del suo avversario italiano, Giorgio Chiellini, imprimendo il suo malefico timbro sui Mondiali.

 

Non è affatto la prima volta nella quale i Mondiali sono guastati da allarmanti atti di violenza sul campo. Nella semifinale del 1982 fra la Germania ovest e la Francia, il calciatore francese Patrick Battiston, che stava per segnare, fu spintonato da Harald Schumacher, il portiere tedesco, con violenza tale da danneggiargli le vertebre e farlo poi finire in coma. Dopodiché, la finale del 2006, con la testa di Zinédine Zidane contro Marco Materazzi, una sorta di incornata contro il matador. Quello che ha reso l’attacco di Suárez così sconvolgente non è stata tanto la commedia che ha inscenato subito dopo – si è fatto cadere a terra, tenendosi stretta la bocca come fosse lui una vittima (ha negato l’incidente, dicendo che Chiellini “mi è venuto addosso con la sua spalla”)  – quanto il fatto che era la terza volta in una partita di alto livello che l’uruguaiano usava la bocca come un’arma. Si potrebbe pensare che avesse imparato la lezione dalle precedenti lunghe squalifiche, quantomeno qualche tecnica di autocontrollo dal corso di gestione della rabbia che aveva dovuto frequentare dopo l’ultimo morso, quello al giocatore del Chelsea Branislav Ivanovic. Tutto ciò lo potrebbe rendere un soggetto interessante per uno studio di criminologia.

 

Il professor David Wilson, della Birmingham City University, scherza (anche se non troppo) sul fatto che il comportamento di Suárez sia di sicuro degno della sua attenzione: “Ha morso per la prima volta nel novembre 2010, quando giocava nell’Ajax, e poi di nuovo quando giocava per il Liverpool contro il Chelsea lo scorso anno. Il periodo fra il primo e il secondo incidente è di 28 mesi, mentre fra il secondo e il terzo è di 15 mesi. Se dovessi mettere il mio cappello da criminologo, direi che il prossimo periodo di inattività sarà ancora più breve”. Questo, ovviamente, non sarebbe possibile nel caso la Fifa applicasse il massimo della pena, una squalifica per 24 mesi o 24 partite. L’ente governatore del calcio sta ancora svolgendo le sue indagini sul caso. Suárez potrebbe anche essere non accusato di alcuna infrazione. Ma è chiaro che un adulto che morde un altro adulto in pubblico è molto più inquietante del darsi pugni, anche se entrambi possono essere classificati come aggressioni di tipo criminale. Il dottor Mark Griffiths, psicologo della Nottingham Trent University, ha affermato: “Quante volte nel calcio abbiamo visto risse, gomitate, persino testate? Tutte queste cose sono orribili, certo, ma sono diventate praticamente parte integrante del gioco. Ma mordere è davvero raro, e anche per questo è così scioccante”.

 

[**Video_box_2**]Inoltre, spiega lo psicologo, mordere ci sciocca perché implica l’uso di una parte intima e morbida del corpo, che di solito associamo al piacere. E qui tocchiamo uno dei cardini delle teorie di Freud. Secondo ciò che affermava il padre fondatore della psicanalisi, tutto il piacere sessuale e tutte le ansie sono radicate in diversi periodi dell’infanzia, il primo dei quali è la fase orale, quando i bambini esplorano il mondo attraverso la loro bocca. I bimbi ai loro primi passi spesso continuano a mordere per attirare l’attenzione, e continuano a farlo finché uno dei genitori non gli insegna a fare altrimenti. Il comportamento appreso nella fase orale dello sviluppo è la spiegazione, ritengono i freudiani, di tutto – dalla predilezione a masticare le matite fino al vampirismo più maturo. Non è una coincidenza che Freud abbia scritto il suo lavoro fondamentale sulle teorie psicosessuali a circa un decennio dal “Dracula” di Bram Stoker. Il vampiro, che diffonde paura in una società sessualmente repressa, è una metafora potente. E il genere non è mai uscito di scena per lungo tempo, con i vampiri che trovano nuova linfa (in forma più annacquata) nella saga di “Twilight”.

 

La linea fra piacere e dolore non è mai così sottile come quella data da un morso. Come tutte le pratiche sessuali, esiste un termine tecnico: ottenere piacere dal mordere o dall’essere morsi è detto odaxelagnia. E’ un atto fra due adulti consenzienti, o fra teenager che sperimentano “i morsi dell’amore”. Diventa più problematico quando la metà della coppia non ha diritto di parola sulla questione. Il dottor Michael Bloomfield, membro del team di ricerca clinica dell’Imperial College di Londra, ha detto: “Mordere implica mettere una parte del corpo di qualcun altro nella tua bocca, è un atto di cannibalismo. Ciò non vuol dire che tutti quelli che mordono sono cannibali, ma a livello più profondo, psicologico, tutto ciò ci ricorda il cannibalismo, ed è per questo che lo troviamo così scioccante. Se dovessimo dargli una posizione nella classifica dei crimini, il cannibalismo rappresenta il più grande ‘no’ possibile”. Suárez può avere un problema cronico coi morsi, ma non è il primo sportivo a usare questa tattica, per intimidire un avversario o solo per aver perso la calma. L’esempio più famoso è Mike Tyson, che ha staccato con un morso un pezzo dell’orecchio di Evander Holyfield durante un match di boxe nel 1997, con conseguente spargimento di sangue in abbondanza – e con il telecronista che, in modo non intenzionalmente comico, disse “è una cosa disgustosa lì, sembra quasi una lotta”.

 

Ci sono stati casi di alto profilo anche nel rugby. Il pilone del Sudafrica, Johan le Roux, è stato rimandato a casa da un tour in Nuova Zelanda nel 1994 per aver morso l’orecchio di un avversario. Più recentemente, il giocatore inglese Dylan Hartley è stato sospeso per otto settimane per aver morso il giocatore irlandese Stephen Ferris durante una partita del Sei Nazioni. Nel rugby, mordere sembra un po’ meno terrificante a causa della natura della mischia, con le teste dei giocatori spesso spinte contro il corpo degli avversari, suggerendo meno premeditazione di quella normalmente necessaria per mordere. Ma nel calcio, non c’è ragione per la quale la tua bocca debba essere vicina a un avversario. “Per mordere qualcuno, devi avvicinarti parecchio, devi mettere la tua testa – che è la parte del tuo corpo che più si vuol proteggere in uno scontro – appiccicata al corpo del tuo avversario” dice il professor Wilson.

 

“Pensate a ciò che questo comporta. Marchia il tuo partner, come se appartenesse a te. In termini di evoluzione, ci sono molti animali che mordono i loro compagni, nel tentativo di controllarli prima di impegnarsi sessualmente con loro”. Per quanto ci si provi, è difficile sfuggire alla natura sessuale dei morsi. E’ persino usato come metodo di aggressione durante i crimini sessuali a volte, dice il professor Wilson. “E’ praticamente una forma di sadismo. Spesso devo osservare bambini morsi da un pedofilo, o donne che sono state morse agli organi genitali. Non voglio renderlo un caso eclatante, ma Suárez ha qualche lieve problema psicologico”.

 

Questo potrebbe essere vero. Di certo ha qualche problema, il più grande dei quali è probabilmente il fatto che neghi di aver fatto qualcosa di sbagliato, comportandosi di nuovo come un bambinone. La dottoressa Saima Latif, psicologa, afferma: “Cercare di evitare le critiche è un’altra forma di comportamento infantile. La maggior parte dei bambini, quando li si mette di fronte a ciò che hanno fatto, ricorrerà immediatamente a una bugia”. La ragione, spiegano gli esperti, sta nel fatto che le figure di tipo parentale del calcio – siano esse il club o la nazione per la quale si gioca – si sono sempre rifiutate di castigare il suo comportamento scorretto, dandogli licenza di trasgredire di volta in volta. La Fifa ha il potere di mandare Suárez in castigo dietro la lavagna, ma il giocatore probabilmente ha bisogno anche di passare del tempo in terapia prima di poter tornare in campo. Come dice la dottoressa Latif, “per arrivare alla radice del problema e per affrontarlo nel modo corretto, [Suárez] ha bisogno di terapia psicologica”.

 

© Harry Wallop / The Daily Telegraph UK

Traduzione di Sarah Marion Tuggey