Un momento dell'incontro di ieri tra la delegazione del Pd e quella del M5s

Esame di maturità del prof Renzi ai ragazzi della terza C(inque) stelle

Marianna Rizzini

Arrivederci e grazie, tutti felici e tutti contenti. Il premieri versione professore che freme ma non boccia, pur facendo capire che il bel voto non arriverà mai.

Roma. Arrivederci e grazie, tutti felici e tutti contenti (chi più chi meno, Beppe Grillo compreso). Arrivederci e grazie, “siamo padroni del nostro tempo”, “ho un incontro internazionale tra cinque minuti”, dice frettolosamente ai Cinque stelle in streaming un Matteo Renzi versione professore che freme ma non boccia, pur facendo capire che il bel voto non arriverà mai: “Di Maio, essù”, “Toninelli, ma lei è espertissimo”, dice il presidente del Consiglio e segretario del Partito democratico a quelli che paiono i suoi “Ragazzi della terza C”, con il tipo timido e il tipo spavaldo, entrambi convinti che all’esame dell’opinione pubblica sia necessario ripetere che si è lì per portare avanti “i valori dei cittadini”. Arrivederci e grazie, dice Renzi, vi concedo il prossimo colloquio a patto che arriviate con le idee chiare, studiatevi i nostri cinque punti di proposta che tra due giorni vi spariamo online, rispondete alla domanda “siete disposti a introdurre il correttivo che permette a chi vince di governare?”, diteci cortesemente che cosa volete fare con le altre riforme, riflettete e fateci sapere. E guardate che noi diciamo mai più larghe intese, proprio noi che ci siamo, nelle larghe intese, e vogliamo che gli accordi si facciano prima e non dopo il voto, e chissà che cosa sarebbe successo se aveste detto preventivamente ai vostri elettori che intendevate allearvi con Nigel Farage in Europa. E’ la parola finale del professor Renzi che, per tutta l’ora di incontro con i Cinque stelle, fa paternalisticamente sì con la testa, con accanto l’eurodeputata Alessandra Moretti nel ruolo dell’assistente universitaria che non vede l’ora di fare la domanda cattivella (poi non la farà, accontentandosi di un tweet non proprio amichevole: “Era ora…”). Li lascia parlare, il prof., quei ragazzi che hanno imparato a memoria la lezione opposta a quella fin qui recitata per volere del grande capo sceso dal blog: siamo qui per spirito di responsabilità, siamo disponibili a trovare un punto di caduta, dicono il Toninelli trincerato dietro gli occhialoni vintage e il Di Maio che non vuole dare del tu. E il prof. Renzi guarda le tabelle e taglia corto, e risponde che sì, è bello che non ci facciate più perdere tempo e vi sediate a un tavolo, abbiamo studiato la vostra proposta di legge, eh, ma che bravi siete stati, e certo che noi discutiamo nel merito, però in questa vostra legge la governabilità non c’è, e allora o c’è la governabilità, e allora possiamo parlare pure di preferenze, o le chiacchiere stanno a zero. “Non siamo contro i doppi turni”, dice allora Di Maio, conciliante obtorto collo e forse immerso nello spirito del goleador fiaccato dai Mondiali, quello che spara le cartucce dell’ultima spiaggia: voi avevate gli impresentabili in lista e la compravendita di tessere; noi abbiamo meno preferenze di voi ma siamo nuovi, intonsi; voi avete fatto grandi ammucchiate nel 2006; voi avevate detto che Bersani avrebbe fatto il premier. Ma il prof-portiere para i colpi: il condannato del nostro partito l’abbiamo spedito in carcere con voto parlamentare, la compravendita di tessere chi era costei, senza i vostri “no” Bersani ci sarebbe arrivato eccome, a Palazzo Chigi. Chi vince vince, con chi ti allei lo devi dire prima, ripete il Renzi sempre più tentato dalla battuta, mentre Toninelli, l’uomo-simbolo del cosiddetto “democratellum” (la proposta di legge del M5s elaborata collettivamente sulla rete), parla velocissimo della “possibilità di scegliere i candidati” ma anche dell’avveniristica “preferenza negativa” (ah, come la legge svizzera, dice Renzi mascherando a malapena il sorriso), con sanzione “in quote di voto” al partito col candidato cancellato dagli elettori (ma questo è un “complicatellum”, un “grande fratellum” con “nomination”, dirà Renzi quando infine la battuta esce a sancire che l’incontro c’è stato, il dialogo pure, ma l’utilità è tutta da vedere.

  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.