Fatevi i sussidi vostri

Redazione

Ha qualcosa di bizzarro la posizione assecondata da Wall Street Journal e Financial Times contro il taglio dei sussidi al settore delle rinnovabili deciso dal governo italiano.

Ha qualcosa di bizzarro la posizione assecondata da Wall Street Journal e Financial Times contro il taglio dei sussidi al settore delle rinnovabili deciso dal governo italiano. Dai due quotidiani solitamente critici verso varie forme di sostegno pubblico ci si poteva aspettare un silenzio assenso (o un plauso) per la riduzione graduale degli incentivi a un settore gonfiato dai contributi statali – forieri di innegabili distorsioni del mercato energetico nazionale (bussare alla Sorgenia dei De Benedetti per  conferma) – al fine di ridurre l’onere in bolletta per migliaia di piccole e medie imprese e attività imprenditoriali. Invece il Wall Street Journal la settimana scorsa ha ospitato l’editoriale di Michael Bonte-Friedheim, ceo della banca d’affari di diritto inglese attiva nelle rinnovabili NextEnergy Capital. Un editoriale alquanto impreciso (dice che la riduzione degli incentivi è del 20 per cento, in realtà è piuttosto una “spalmatura” su 24 anni e si dimentica della garanzia Cdp sugli eventuali finanziamenti bancari o della possibilità di una riduzione dell’8 se volontaria). L’articolo omette che il costo per lo stato italiano del sostegno al fotovoltaico è schizzato nel 2013 a 6,7 miliardi di euro (quasi lo 0,5 per cento del pil) ma non per questo è meno caustico. Con tono minaccioso dice: “Magari Renzi ritiene che i mercati abbiano la memoria corta, che questa strada sia più facile rispetto al riformare le inefficienze dell’energia italiana o al tagliare imposte tremendamente alte. Magari ha ragione, ma buona fortuna nell’attirare gli investitori stranieri in futuro. Non venire a bussare alla mia porta”. Bum. Il Financial Times di ieri rincara la dose: con un articolo nella sezione finanziaria richiama l’attenzione sulla volontà della Assorinnovabili di adire alle vie legali per supposta incostituzionalità del decreto “finanza per la crescita” già approvato in Cdm. Il quotidiano della City insiste sul “rischio di indebolire la credibilità italiana nell’attrazione dei capitali stranieri”. La scarsa capacità di allettare gli investitori è grave e arcinota, ma in questo caso viene usata in modo alquanto strumentale (anche Grecia e Spagna hanno tagliato i sussidi “verdi”). La contrarietà di  un investitore è comprensibile: i piani aziendali vanno rivisti e dopo anni di allattamento al seno di Roma, la mammella viene occlusa. Il riflesso pavloviano dice però che il metodo funziona.

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