Giovanardi a ruota libera su Renzi, caso Aldrovandi e Italia senza giustizia

Claudio Cerasa

“Non sono un gufo. Sono un alleato di Renzi. Ma sono anche uno che non ha gli affettati sugli occhi. Che vede le cose come stanno. E che ascolta il presidente del Consiglio promettere riforme che è ovvio che non verranno mai fatte.

[**Video_box_2**]“Non sono un gufo. Sono un alleato di Renzi. Ma sono anche uno che non ha gli affettati sugli occhi. Che vede le cose come stanno. E che ascolta il presidente del Consiglio promettere riforme che è ovvio che non verranno mai fatte. Mai. Ne dico una su tutte: la riforma della giustizia. E non lo dico per fare polemica. Lo dico perché ho visto quello che è successo in questi mesi. E lo dico perché con un Senato come questo Renzi le riforme può solo annunciarle, ma non riuscirà a farle”. Carlo Giovanardi è un vecchio leone della politica con una certa propensione per la pratica dello schiaffone, delle parole schiette, delle provocazioni crude, dirette, senza mediazioni. Giovanardi è senatore di Ncd, il partito di Alfano, si trova in commissione Giustizia, a Palazzo Madama, e proprio da questo punto d’osservazione, da quello della commissione, arriva a dire che “nonostante le belle parole sulla giustizia il Pd di Renzi è a vocazione grillina, altro che riformista”. “Ci sono due Pd. Il primo è quello verbale. Quello che cattura i moderati. Il secondo è quello parlamentare. Quello che rottama il Pd renziano. Il primo Pd chiacchiera. Il secondo agisce, surfa sulla cultura giustizialista, fa tintinnare manette, smentisce il primo Pd e triangola con i senatori a 5 stelle”. Esempi? “Moltissimi. Troppi. Al Senato, sulla giustizia, Renzi è ostaggio di un manipolo di manettari: Felice Casson, vicepresidente della commissione; Giuseppe Lumia, capogruppo in commissione; e Sergio Lo Giudice. E così arriva la legge sull’omofobia e il Pd vota con Grillo. Arriva la legge sulle unioni civili e il Pd vota con Grillo. Arriva la legge sulla responsabilità civile dei giudici e il Pd vota con Grillo. Arriva la legge sul voto di scambio e il Pd vota con Grillo, chiedendo persino di considerare reato la semplice messa a disposizione del politico nei confronti del mafioso (norma poi corretta alla Camera). Tutto così. Sempre con lo stesso stile. Con la stessa maggioranza, che non è quella del governo. E da alleato di Renzi non ho problemi a dire – dice Giovanardi, che domenica nella sua Modena al ballottaggio ha votato “in modo provocatorio” per il candidato grillino, pur di non votare a sinistra  – che se sulla riforma della giustizia la strada dovesse essere questa non resterebbe che prenderne atto e tornare a votare”.

 

Il “doppio registro del Pd” di cui parla Giovanardi riguarda quella che il senatore definisce la “dittatura del politicamente corretto” e la stessa distorta lente di ingrandimento, secondo il parlamentare di Ncd, viene utilizzata ogni volta che in Italia ci si ritrova di fronte a un caso o a uno scandalo giudiziario. Negli occhi di Giovanardi c’è soprattutto un episodio che è quello legato al famoso caso del Sap, il sindacato di polizia che il 29 aprile, ricordate?, avrebbe applaudito in segno di solidarietà i colleghi condannati in via definitiva per la morte del diciottenne Federico Aldrovandi. Quel giorno tutti i telegiornali mandarono in onda un filmato  che mostrava al pubblico applausi scroscianti. Erano applausi del Sap. Sembravano applausi rivolti ai colleghi condannati. Così sono stati descritti. Così sono stati raccontati. Così sono stati spacciati. Ma quegli applausi, dice Giovanardi, “sono un falso”. Il senatore ci mostra un video, che verrà proiettato questa mattina alle 11,30 su un maxi schermo di fronte a Montecitorio (lo trovate anche su http://www.ilfoglio.it/cerazade/3153), e ci spiega cosa è successo quel giorno. “Gli applausi che avete visto sono applausi di solidarietà rivolti a un poliziotto di nome Gianni Spagnulo protagonista di uno sfogo durante un servizio di ordine pubblico registrato dal Fatto quotidiano. La standing ovation che avete tutti visto era rivolta a lui, che durante una manifestazione, nel 2013, si era tolto il casco perché i suoi uomini erano stati fatti continuamente oggetto di insulti. Questo fatto, ripreso da una telecamera Rai, è avvenuto la mattina del 29 aprile, alle 10,30, di fronte al capo della polizia Alessandro Pansa, e tutti i notiziari hanno spacciato questo video come se fosse la testimonianza di una solidarietà per i poliziotti condannati. E’ un falso. E’ una storia incredibile. Una follia”. Giovanardi ricorda che durante quella giornata un passaggio sul caso Aldrovandi è avvenuto durante la relazione del segretario del sindacato Gianni Tonelli, nel pomeriggio, quando non c’era però alcuna telecamera in grado di riprendere gli applausi. “Nel pomeriggio – dice Giovanardi, che sul tema ha presentato un’interpellanza al ministro dell’Interno –  c’è stata la relazione del segretario, in cui si è parlato anche del caso Aldrovandi, e in cui il segretario ha manifestato la sua personale solidarietà, ma sul singolo caso non c’è stata nessuna standing ovation. Solo un applauso alla relazione. Il resto è truffa. Una vergogna. Un’infamità. E qualcuno, per esempio la tv di stato che su questa storia è stata complice del taroccamento, prometto che se non chiederà scusa stavolta la pagherà”. Il Foglio però ricorda a Giovanardi che il giorno dopo le polemiche sugli applausi sono stati gli stessi sindacalisti del Sap a rivendicare la loro solidarietà nei confronti degli agenti condannati per il caso Aldrovandi. Contattato da questo giornale, il portavoce del sindacato ammette che i commenti a caldo sulla vicenda sono stati affrettati e disordinati ma che gli unici applausi registrati nel pomeriggio del 29 aprile sono stati sulla relazione del segretario e non in solidarietà degli agenti condannati.

  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.