Rimedi in tempi di pil che barcolla

Redazione

Il pil dell’Italia nel primo trimestre di quest’anno è tornato negativo con un meno 0,1 per cento, contro lo zero della Francia e il più 0,8 per cento della Germania. La media dell’Eurozona è di un più 0,2 per cento. Dunque siamo ancora nei vagoni di coda. La flessione non riguarda l’agricoltura, la cui produzione è in aumento, e i servizi, il cui saldo è nullo, ma l’industria. Le politiche messe in campo sul lato della domanda, come l’annuncio degli 80 euro in busta paga e i progetti di Matteo Renzi per riforme innovatrici, non sono finora bastati a metterci in ripresa, dopo due anni di recessione.

    Il pil dell’Italia nel primo trimestre di quest’anno è tornato negativo con un meno 0,1 per cento, contro lo zero della Francia e il più 0,8 per cento della Germania. La media dell’Eurozona è di un più 0,2 per cento. Dunque siamo ancora nei vagoni di coda. La flessione non riguarda l’agricoltura, la cui produzione è in aumento, e i servizi, il cui saldo è nullo, ma l’industria. Le politiche messe in campo sul lato della domanda, come l’annuncio degli 80 euro in busta paga e i progetti di Matteo Renzi per riforme innovatrici, non sono finora bastati a metterci in ripresa, dopo due anni di recessione. Frattanto i fallimenti di imprese, soprattutto piccole e medie, sempre nel primo trimestre, sono aumentati del 4,6 per cento su base annua. La nostra economia è un carro impantanato nel terreno fangoso. Non ci si può accontentare dell’azione espansiva della Banca centrale europea, preannunciata per giugno, e di cui comunque non si conoscono portata e natura. Potrebbe servire a migliorare il mercato del debito pubblico e i bilanci delle banche, ma non essere sufficiente a tonificare l’industria.

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    L’Istat, forse per alleviare l’impressione negativa del meno 0,1 per cento del pil, avverte che la flessione della produzione industriale riguarda più le costruzioni e i consumi di energia che non il manifatturiero. Dunque i comparti industriali più deboli sono l’edilizia e le industrie energivore, come quelle dei materiali da costruzione e l’industria pesante. E ciò conduce al rallentamento degli investimenti per infrastrutture, che invece dovrebbero essere facilitati dal tasso di interesse basso. Spia ne sono le difficoltà dei gruppi siderurgici, il ristagno delle grandi opere, la lunga crisi Alitalia, il blocco di una miriade di progetti cofinanziati dall’Ue, il troppo lento procedere dei lavori come la banda larga. Occorrono, dunque, oltre a slide e progetti di riforme, anche politiche industriali non convenzionali (da affiancare a quelle finanziarie della Bce) da attuarsi con coraggio e con fantasia. Ne hanno adottate alcune notevoli, con pragmatismo tempestivo, sia l’amministrazione Bush che quella Obama: in un paese che non ama l’intervento statale  in economia. In tempo di crisi, comportamenti eccezionali.