Jungleland

Una settimana da mixed feelings

Redazione

Che poi c'è sempre un barcone che affonda a Lampedusa o qualche altra tragedia da qualche altra parte nel mondo. E allora capisci. Improvvisamente. Meglio, ti ricordi. Di quanto culo hai avuto. Di quanto ti sei lamentato. Quanti demoni hai lasciato scorrazzare nella tua mente, invece di godertela. E quanto tempo hai sprecato. Ti ricordi anche di quante (s)fighe ci siano nel mondo e di come sia perciò assurdo rovinarsela, la vita, tra coltelli e pistole, bombe e striscioni perdenti e perduti.

di Pierluigi Pardo

    Che poi c’è sempre un barcone che affonda a Lampedusa o qualche altra tragedia da qualche altra parte nel mondo. E allora capisci. Improvvisamente. Meglio, ti ricordi. Di quanto culo hai avuto. Di quanto ti sei lamentato. Quanti demoni hai lasciato scorrazzare nella tua mente, invece di godertela. E quanto tempo hai sprecato. Ti ricordi anche di quante (s)fighe ci siano nel mondo e di come sia perciò assurdo rovinarsela, la vita, tra coltelli e pistole, bombe e striscioni perdenti e perduti.

    Il calcio, già. In questa settimana quello italiano è stato proprio se stesso, purtroppo. Mixed feelings. Lacrime di commozione e di squallore, ragazzi in ospedale e bandiere leggendarie che si ritirano, tra gli applausi di tutti. I capelli sempre pettinati di Javier Zanetti che chiude a quarant’anni e poteva ancora continuare (quindi fa benissimo a smettere, prima che arrivi il declino) e gli striscioni in curva che promettono vendette e sangue.

    [**Video_box_2**]Ma di Javier è bello parlare, di quelle immagini che scavano dietro nel tempo e dentro nell’anima (ammesso che esista, l’anima). Arriva in Italia nel 1995, stavo partendo per l’Erasmus. La sterlina valeva 2.600 lire, Tony Adams era il mio eroe. Nick Hornby stava scrivendo “Febbre a 90’”, il Fantacalcio era appena nato. Avevo progetti vaghi ed ero magro. Addirittura.

    Lui, #JZ4, lo è sempre stato, lo è ancora, magro. 857 partite dopo, giocate sempre dalla stessa parte.
    Ci sono ottimi motivi per non cambiare nella vita di un calciatore, alcuni possono essere anche di opportunità, ma è bello pensare che c’entri qualcosa la fedeltà, l’appartenenza, la musica dentro mentre indossi proprio quella maglia.

    Come l’estasi di Big Man nell’assolo di sax di “Jungleland”, la canzone. Quando la pace torna, dopo le gang che hanno assaltato la notte e rimane soltanto odore di asfalto e birra, letti sfatti e adrenalina. E non sai se ringraziare Dio, o metterti a piangere.

    di Pierluigi Pardo