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James Franco, la star incastrata dagli screenshot

Manuel Peruzzo

Le persone si dividono in due gruppi: quelle di cui ci possiamo fidare e quelle che sanno fare gli screenshot, cioè le istantanee dello schermo. A James Franco è capitata una diciassettenne del secondo gruppo. Lei lo aveva aspettato fuori da uno spettacolo, come da rituale si era fatta un selfie inquadrandosi con l'attore trentacinquenne, lui si era raccomandato: “Taggami!”, assicurandosi così di poterla ricontattare online. Lei lo aveva assecondato. Qui inizia uno dei flirt più tristi della storia dei flirt: la sera stessa lei gli racconta di essere lì a New York per festeggiare il suo imminente diciottesimo compleanno, lui le chiede di incontrarla, lei è incredula e gli risponde che i suoi amici non le crederebbero se raccontasse che lui ci sta provando su Instagram.

    Le persone si dividono in due gruppi: quelle di cui ci possiamo fidare e quelle che sanno fare gli screenshot, cioè le istantanee dello schermo. A James Franco è capitata una diciassettenne del secondo gruppo. Lei lo aveva aspettato fuori da uno spettacolo, come da rituale si era fatta un selfie inquadrandosi con l'attore trentacinquenne, lui si era raccomandato: “Taggami!”, assicurandosi così di poterla ricontattare online. Lei lo aveva assecondato. Qui inizia uno dei flirt più tristi della storia dei flirt: la sera stessa lei gli racconta di essere lì a New York per festeggiare il suo imminente diciottesimo compleanno, lui le chiede di incontrarla, lei è incredula e gli risponde che i suoi amici non le crederebbero se raccontasse che lui ci sta provando su Instagram. Lui ingenuamente le risponde: “Allora non dirlo a nessuno”, e sta quasi per mollare il colpo quando lei, astuta quanto vile, chiede le prove: “Ti incontro solo se ti autoscatti con un foglio con scritto il mio nome”. Se non lo dici a nessuno non è mai successo.

    James Franco è famoso per molte cose: attore di blockbuster e film indie, scrittore, regista sbilenco, sceneggiatore, attivista ultra gay friendly, reginetto Instagram selfie-compulsivo, poeta. Non è però famoso per essere sveglio. La mattina dopo gli screenshot della breve conversazione sono ovunque, dal Daily Mail a Gawker, e capeggiano articoli in cui gli si dà del viscido, scandalizzandosi per la differenza d’età (c’è un delizioso dettaglio: Franco scrive con lo slang di chi ha dimestichezza con le chat, lei non lo capisce); lui, desolato, si confessa a un talk show dicendo che ha commesso un “errore di giudizio” e racconta l’imbarazzo nel tentare con insuccesso di avere un appuntamento con una ragazza senza neppure poterlo nascondere al mondo.

    Questa storia è triste per molti motivi: lui che si raccomanda a una teen di taggarlo e sta lì trepidante ad aspettare la notifica, lei che preferisce raccontarlo agli amici, i giornali che lo giudicano “creepy”, lui costretto a scusarsi per aver tentato un rimorchio perfettamente legale nello stato di New York. Quand'è esattamente che abbiamo iniziato a sublimare il godimento in una schermata del cellulare? Se persino una diciassettenne in ormone preferisce raccontare alle amiche che il suo attore preferito ci ha provato con lei anziché uscirci, siamo messi male.

    Una cosa simile è successa solo qualche giorno fa al fotografo Terry Richardson. La modella Emma Appleton pubblica la schermata del proprio cellulare: il tono è inequivocabile: “If i can fuck you i will book you in ny for a.shoot for Vogue”. Immediatamente partono le smentite da parte di un rappresentante di Richardson, quello screenshot è falso. Vogue prende le distanze e sostiene che non ha in programma alcun lavoro con lui. La Appleton rimuove la prova (della molestia? del suo rancore?) dal profilo Instagram e da Twitter motivando con un inverosimile: non cerco notorietà. Quel che sconvolge non è tanto che una modella, come molte altre, accusi Richardson di molestie sessuali, quel che sconvolge è che oramai lo screenshot è la gogna, è il modo in cui diciamo al mondo che non esistono conversazioni private, che se dici la cosa sbagliata c'è qualcuno pronto a fartela pagare, che sei vulnerabile. Nudo.

    Se il caso di Franco è vero ma sembra architettato per promuovere il suo ultimo film, Palo Alto, in cui interpreta un professore che rimorchia una sua studentessa, il secondo caso è probabilmente finto ma verosimile. Poi c'è il terzo caso, quello che è vero ma vorremmo fosse falso. Era l’estate scorsa quando il candidato sindaco di New York Anthony Weiner è stato sputtanato coi pantaloni calati e cybersesso. Gli americani lo avevano già perdonato una volta, ma la seconda era troppo: il problema non era come passasse il tempo davanti allo schermo, ma l'ingenuità. Come si può affidare il potere politico a uno che per precauzione usa un nomignolo e si raccomanda: "poi cancelli tutto"?.

    Internet ha modificato il modo in cui collezioniamo parti del mondo invertendone il processo. Oggi registriamo e memorizziamo continuamente: prima la norma era che tutto si perdeva e ciò che valeva la pena veniva salvato; ora tutto si salva – perdere qualcosa su internet è impossibile – e si tenta la rimozione forzata di ciò che vogliamo dimenticare. Lo screenshot agisce là dove nessuno ha pensato di mettere un comodo bottone per condividere, è la meta-fotografia di uno schermo. Tutto diventa documentabile. È diventato, soprattutto, anche l'arma letale con la quale dileggiamo il comportamento altrui e lo stigmatizziamo. Ci provoca sempre un sottile maligno piacere. Lo screenshot tradisce la fiducia del nostro interlocutore, annichilisce, vendica, aggredisce e può anche far molto male; ma purtroppo occorre ammetterlo: che goduria.