Jungleland

Pirlo, Buffon e i ragazzi degli anni 70

Redazione

Il dito indica la luna e tu guardi le slide. La forma, invece della sostanza. Un bravo venditore non è detto che debba per forza fregarti. O no? Intanto becca applausi dalle imprese e da Landini. Strange world. Andrea Pirlo e Gigi Buffon giocano nelle stesse squadre, la Juve e la Nazionale. Ma questo non è il punto. Il punto è che la meglio gioventù è ancora la loro.

di Pierluigi Pardo

    Il dito indica la luna e tu guardi le slide. La forma, invece della sostanza. Un bravo venditore non è detto che debba per forza fregarti. O no? Intanto becca applausi dalle imprese e da Landini. Strange world.

    Andrea Pirlo e Gigi Buffon giocano nelle stesse squadre, la Juve e la Nazionale. Ma questo non è il punto. Il punto è che la meglio gioventù è ancora la loro. Nati nei mitici anni Settanta, odore di tv in bianco, nero e anni di piombo, bambini nelle Notti Magiche del Mondiale italiano, quasi coetanei del premier. Se saremo la locomotiva pallonara del mondo sarà soprattutto grazie a loro. Li vogliamo il 13 luglio al Maracanà, il giorno della finale, come Gigi e Andrea (gli attori) nel mitico “Allenatore nel Pallone”. Tutto torna. Tutto si mescola. L'alto e il trash, la cultura popolare e la spending review. Ci sono giudici della Corte costituzionale che hanno avuto in camera da bambini il poster di un centravanti e primi ministri con maglia viola di Gómez in valigia da portare alla Merkel. Il calcio, come la musica. La feroce, contraddittoria, bellezza del mondo, appunto.

    Saper comunicare è decisivo. La simpatia è un mistero quasi più della bellezza. L'ha scritto De Filippo, lo vedi ogni giorno. Veloce come la lingua e la testa di Antonio Cassano, capace di ridurre qualsiasi prato mitico, tipo San Siro, a vicolo di Bari, dove usare le armi antiche di destrezza e coordinazione, intuizione e commedia dell'arte.

    Tra un po' arriveranno gli esami, le infradito, gli amori di luglio. Balleremo immancabili minchiate estive. (Mai il pulcino Pio). Intanto Vasco suona rock malinconico, la primavera è in fiore. C'è profumo di ginestra e finestre spalancate. Fuori un bel vento, ottimista. Ripensare a Stefano Borgonovo è necessario. Avrebbe cinquant'anni e un giorno se l'intreccio della buona e della cattiva sorte fosse stato diverso. Rimane l'attimo per cui valeva la pena vivere. Per lui e per tutti noi. Quello in cui mi sono sentito irrimediabilmente felice. E tu, ovviamente, eri con me.

    di Pierluigi Pardo