“L'occidente è diventato guerriero, la Russia deve difendersi”

Piazza Rossa o Maidan

Felix Stanevskiy

Cari amici europei, tutti noi sappiamo che la faziosità a volte sfocia nell’odio. Leggo alcuni articoli del dibattito che il Foglio voleva dedicare a Vladimir Putin, e capisco che l’ostilità che ne emerge è indirizzata ai russi, alla Russia. Quando si parla anche ironicamente di “Putin tiranno di tutte le Russie” si riconosce che è ormai d’uso trattare la Russia come una specie di Corea del nord. Sorriderei di fronte alla denuncia del “lungo periodo dittatoriale” di Putin se quest’affronto all’imparzialità non fosse divulgato attraverso migliaia di canali tv, giornali e portali web occidentali. Una dama assai influente oltreoceano si è spinta fino a paragonare Putin a Hitler. Peggio l’odio o la perdita del buon senso?

    Cari amici europei, tutti noi sappiamo che la faziosità a volte sfocia nell’odio. Leggo alcuni articoli del dibattito che il Foglio voleva dedicare a Vladimir Putin, e capisco che l’ostilità che ne emerge è indirizzata ai russi, alla Russia. Quando si parla anche ironicamente di “Putin tiranno di tutte le Russie” si riconosce che è ormai d’uso trattare la Russia come una specie di Corea del nord. Sorriderei di fronte alla denuncia del “lungo periodo dittatoriale” di Putin se quest’affronto all’imparzialità non fosse divulgato attraverso migliaia di canali tv, giornali e portali web occidentali. Una dama assai influente oltreoceano si è spinta fino a paragonare Putin a Hitler. Peggio l’odio o la perdita del buon senso? La rabbia insensata che contraddistingue ogni ondata antiputiniana sarebbe buffa se non fosse un oltraggio alla ragione di un russo come me che non avrebbe mai votato un dittatore e che insieme a milioni di concittadini e al fior fiore dell’intellighenzia ha votato Putin. Solidale con loro ritengo giusta, anzi l’unica possibile, la sua politica nei confronti dell’occidente e dell’Ucraina. Tra le decine di ragioni che sono alla base di questa politica vorrei rilevare le più importanti, secondo l’opinione della maggior parte dei russi.

    Un dato di fatto: in meno di un quarto di secolo gli stati della Nato e dell’Unione europea hanno scatenato otto guerre. Tre guerre nella ex Yugoslavia sono state particolarmente devastanti. Due invasioni in Iraq, di cui l’ultima con la scusa di un espediente inventato di sana pianta. La guerra in Afghanistan avrebbe una spiegazione se non si fosse protratta fino alle calende greche e se l’occidente, combattendo contro i talebani, allo stesso tempo non incoraggiasse, volenti o nolenti, estremisti islamici in Cecenia, in Libia, in Siria, in Egitto. L’Europa, distintasi particolarmente in Libia, ha distrutto un paese relativamente benestante per affondarlo in un caos che non finisce mai. Ne è stata logica conseguenza la guerra nella Repubblica Centrafricana e lo sparpagliarsi di bande di terroristi armati nel nord africano e in medio oriente. E se non fosse per Putin, tanto diabolizzato in occidente, la Nato e l’Ue avrebbero ora tra le mani la guerra in Siria dopo la quale si aprirebbe la prospettiva di un conflitto armato in Iran.

    Mi dicono: ogni guerra aveva una sua spiegazione differente. Ma è questo che inquieta i russi. Ogni volta l’occidente trova un casus belli, tanto che di pretesti ce ne sono a volontà. Caso mai lo inventa, per esempio, esibendo dalla tribuna dell’Onu una provetta piena di polvere bianca spacciandola per una micidiale arma chimica. Quale altro stato fa guerre oltre alle democrazie occidentali? Nessuno. Tutte sono nell’album di famiglia dell’occidente.

    E che c’entrano qui la Russia e la sua politica ucraina? Mi chiedo: come si sentirebbero gli italiani se alle loro frontiere apparisse una potente alleanza di stati che aggredisce di continuo altri paesi? Per l’occidente non c’è neanche bisogno di far entrare l’Ucraina nella Nato. Kiev farà tutto ciò che sarà prescritto da Washington e Bruxelles: nell’accordo capestro sull’associazione ucraina all’Ue, sono incluse clausole di carattere politico e militare. Abbiamo duemila chilometri di frontiera con l’Ucraina che a volte divide una parte di un villaggio dall’altra. Dobbiamo erigerci una Grande muraglia cinese?
    I nuovi padroni di Kiev hanno già dichiarato la loro intenzione di cacciare la Russia dalla base navale di Sebastopoli. I russi sono convinti che, se dovessero lasciare il porto, subito ci attraccherebbe la flotta statunitense. Non importa se su questo punto i russi hanno ragione o torto. Quando si tratta di sicurezza, si sa, contano le opportunità durevoli e non i ragionamenti passeggeri. Nel Mar Nero, essenziale per la stabilità del sud russo, spadroneggerebbe il bellicoso occidente. C’è di più. L’esodo dei russi da Sebastopoli sarebbe un tremendo choc politico e morale. E’ una città simbolo storica alla pari della Piazza Rossa. I russi non sono mai stati d’accordo con il capriccio dell’autocrate comunista Krusciov che aveva regalato la Crimea a Kiev “in segno dell’amicizia russo-ucraina”. La Crimea è troppo legata alla storia e alla cultura russa, ai grandi nomi di Caterina II, Potëmkin, Puskin, Cechov e molti altri.

    Un’Ucraina neutrale e amichevole mitigava l’aspirazione russa a porre la questione della Crimea. Se l’Ucraina passa nell’orbita di un’alleanza belligerante, nell’immaginario popolare russo si priva del diritto di amministrarla. Il precedente del Kosovo è citato dai russi per confermare la base giuridica della riunificazione della Crimea alla Russia. I russi scherzano: i referendum sull’autodeterminazione della Catalogna e della Scozia saranno contestati dall’Ue e dagli Stati Uniti con la stessa foga?

    Sì, la guerra della Nato contro la Russia nucleare è inconcepibile. Ma l’Ucraina associata al guerriero occidente offrirà una vasta gamma di occasioni per provocazioni di vario genere. Come accade già con la Georgia, del tutto subordinata agli Stati Uniti. In meno di 15 anni essa ha aggredito cinque volte a mano armata abkhazi e osseti prima di scatenare la sesta guerra nel 2008, bombardando di notte la capitale osseta e attaccando le forze russe di peacekeeping. I russi sanno che l’occidente addosserà la colpa alla Russia in una qualsiasi situazione di attriti con l’Ucraina: i media occidentali l’hanno fatto in barba allo stesso rapporto della Commissione dell’Ue sulle responsabilità per la guerra russo-georgiana in Ossezia del sud.

    Qui arriviamo al secondo trend occidentale che impensierisce i russi: le rivoluzioni colorate. L’occidente ha imparato come portare a suo vantaggio il malcontento sociale presente in ogni paese per rovesciare governi che non gli piacciono e sostituirli con altri più servili. La Russia è indubbiamente uno degli obiettivi principali. E’ eloquente il caso dell’ultimo ambasciatore americano, Michael McFaul, autore del libro “Advancing Democracy Abroad”. Al suo secondo giorno in Russia, prima di contattare i rappresentanti russi, si è incontrato con l’opposizione parlamentare ed extraparlamentare. Per la maggioranza dei russi è stata una dimostrazione pubblica delle intenzioni degli Stati Uniti. I diplomatici occidentali si associavano ai manifestanti a Mosca nella turbolenta primavera del 2012. Ci sono dati sui finanziamenti stranieri alle organizzazioni filo occidentali non governative e politicamente attive. L’Ucraina, docile di fronte agli Stati Uniti e l’Ue, moltiplicherebbe le possibilità di finanziare un’eventuale rivoluzione in Russia.

    Molti giornalisti occidentali hanno scritto in questi giorni che Putin ha paura di un Maidan a Mosca. Ma la piazza di Kiev con bastoni, bottiglie Molotov, cecchini e kalashnikov, con terribili scene di occupazione di ministeri e uffici pubblici ha fatto orrore ai russi e li ha aiutati ad apprezzare la stabilità del loro paese. Ma le forme della protesta organizzata possono essere le più svariate e imprevedibili. Gli stessi eventi ucraini hanno introdotto elementi del tutto nuovi: una larghissima partecipazione dei reparti nazionalisti ben preparati e organizzati come forza di combattimento decisiva, il ricorso alla lotta armata, l’uso di tiratori scelti per aumentare la tensione, la presenza di alti rappresentanti dell’Ue e degli Stati Uniti alle manifestazioni di protesta, l’ingresso nel governo di persone e partiti che professano un’ideologia ultranazionalista e antisemita.

    Non si sa quale forma di sovversione si prepara per la Russia. E’ chiaro però che la parte più organizzata e battagliera dell’opposizione russa è data dai nazionalisti radicali. E’ vero che il movimento nazionalista si è diviso. La parte nazionalista radicale ma non nazista ha condannato Maidan mentre non pochi nazi russi combattevano a Kiev a fianco dei camerati del “Pravy sector” guidati da Dmitry Jarosh, ora vicecapo del Consiglio di sicurezza nazionale ucraino e candidato alla presidenza. Di fronte a Putin quasi tutti i nazionalisti si dichiarano fratelli, disponibili pure a ricevere finanziamenti europei e americani: “Va bene se ci vogliono aiutare. Non dobbiamo loro niente”. I liberali russi, dopo la débâcle della Russia sotto Eltsin, non hanno alcuna prospettiva. Così appoggiando un Alexei Navalny, nazionalista purosangue, l’occidente dovrebbe star attento a non far uscire il Genio nazionalista dalla bottiglia russa. C’è poca speranza: l’occidente si è alleato perfino coi Fratelli musulmani ai danni del suo alleato israeliano.

    Ci colpisce l’enorme ed evidente squilibrio tra le conseguenze globali delle guerre e rivoluzioni “made in Usa and Ue” e una palese spensieratezza con cui i paesi della Nato e dell’Ue si fanno coinvolgere in avventure nei territori altrui. L’ex presidente italiano Francesco Cossiga diceva giustamente: “I nostri alleati americani si sono mossi senza conoscere l’Iraq, e senza prevedere” il dopo Saddam (Corriere della Sera, 18. 5. 2004). Posso aggiungere: gli Stati Uniti e l’Ue si sono mossi senza conoscere l’Ucraina e la Russia, senza prevedere le conseguenze di quello che stanno facendo. Dove l’occidente ha raggiunto i suoi obiettivi con le guerre e le rivoluzioni? Dove la democrazia occidentale ha trionfato? Le rivoluzioni colorate in Ucraina del 2004, in Serbia, Georgia, Kirghizistan sono fallite, come pure la tanto decantata “primavera araba”. L’unico risultato evidente è il caos, è la distruzione ed è la morte. La cosa più brutta è che l’occidente non si rende nemmeno conto della disumanità della sua politica. Tante guerre fatte e nessuna discussione sull’abnormità della politica estera belligerante, sull’incapacità della classe dirigente di trovare altri strumenti, sulla ferocia dei media istigatori di guerre sanguinose e rivoluzioni distruttrici. Una bella libertà di parola!

    Leggo l’editoriale di un rispettabile quotidiano francese (le Monde, 07. 01. 14) dedicato in parte all’Ucraina: “Les principes cardinaux de l’Europe sont la paix e la démocratie”. Si può capirlo soltanto à la Orwell: “La pace è guerra”, “La guerra è pace”. Mentre la democrazia è “Big Brother is watching you” come abbiamo constatato nel caso Snowden. La democrazia occidentale è selettiva: “Difendere i diritti dei gay? Sì! Quelli degli zingari? Sì! Quelli dei russi? No!”. In 22 anni di indipendenza nei paesi baltici, membri dell’Ue e della Nato, centinaia di migliaia di russi hanno avuto lo status di “non cittadini”, gente di seconda categoria. Sa di razzismo, no?

    Con questo occidente Mosca non si aspetta in Ucraina nulla di buono. Bruxelles sta portando avanti una linea che Talleyrand avrebbe commentato così: “E’ peggio di un crimine. E’ un errore”. Si tratta dell’ordine rivolto a Kiev: “O con noi, o con la Russia”. L’occidente l’ha indirizzato agli ucraini storicamente, etnicamente, culturalmente, umanamente legati alla Russia, la cui lingua e più vicina al russo che il veneto al toscano, i cui nomi e cognomi sono quasi sempre gli stessi: 3,5 milioni di ucraini vivono in Russia, mentre più di 8 milioni di russi stanno in Ucraina.

    La via d’uscita sarebbe rinunciare a questo principio, coordinare la politica ucraina dell’Ue con la Russia, farla finita con gli inviti all’Ucraina di entrare nella Nato, non ostacolare l’associazione dell’Ucraina sia all’Ue sia all’Unione euroasiatica, non cercare di servirsi di canali ucraini per incoraggiare una rivoluzione in Russia. Non credo, amici miei, di aver chiesto troppo.

    * Felix Stanevskiy è stato ambasciatore russo in Italia e in Georgia