Speciale online 15:00

Il disastro di Fukushima e la poesia della carta. Due storie

Giulia Pompili

Alle 14.46 dell’11 marzo, al largo delle coste di Miyagi, in Giappone, la terra trema. E’ un terremoto del nono grado della scala Richter, che sarà seguito da altre cinquanta scosse, spesso sopra il sesto grado. E’ il sisma più forte mai registrato in Giappone, il quarto nel mondo. Come da procedura d’emergenza, tutto si ferma. L’11 marzo lo tsunami devastò anche la redazione del quotidiano locale della città di Ishinomaki, nella prefettura di Miyagi, l’Ishinomaki Hibi Shimbun. Il 12 gennaio di quest’anno una coppia di Otsuchi, nella prefettura di Iwate, si è vista recapitare una lettera spedita dalla figlia scomparsa durante lo tsunami dell’11 marzo 2011. Per un attimo il padre ha pensato che fosse viva. (Guarda la gallery).

    Alle 14.46 dell’11 marzo, al largo delle coste di Miyagi, in Giappone, la terra trema. E’ un terremoto del nono grado della scala Richter, che sarà seguito da altre cinquanta scosse, spesso sopra il sesto grado. E’ il sisma più forte mai registrato in Giappone, il quarto nel mondo. Come da procedura d’emergenza, tutto si ferma. La cronaca di quel giorno, la cronaca del più grande disastro nucleare a cui il mondo abbia assistito, quello della centrale di Fukushima, il Foglio l’ha scritta nell’ottobre del 2011 [leggi qui], a qualche mese dalla catastrofe che, secondo le stime di oggi, ha causato la morte di 15.884 persone.

    Oggi ricorre il terzo anniversario del Grande terremoto del Giappone orientale. Durante la cerimonia pubblica che si è tenuta a Tokyo, sia l’imperatore Akihito che il premier giapponese, Shinzo Abe, hanno espresso le condoglianze alle famiglie delle vittime e ricordato l’importanza del la ricostruzione [leggi qui e qui i testi completi dei due discorsi] che costerà al Giappone 250 miliardi di dollari fino al marzo del 2016.

    Il disastro e la poesia della carta. Due storie

    L’11 marzo lo tsunami devastò anche la redazione del quotidiano locale della città di Ishinomaki, nella prefettura di Miyagi, l’Ishinomaki Hibi Shimbun. I redattori, d’accordo con l’editore, continuarono per i sei giorni successivi a pubblicare l’edizione quotidiana vergando le copie su carta e affiggendo “il quotidiano” all’ingresso dei centri di raccolta per gli sfollati. Mentre sei giornalisti scrivevano le storie, in tre copiavano il giornale per un’ora e mezzo al giorno. La storia della redazione dell’Ishinomaki Hibi Shimbun fu raccontata dal Washington Post. Sette copie originali del quotidiano di quei giorni sono oggi esposte al Newseum di Washington.

    Il 12 gennaio di quest’anno una coppia di Otsuchi, nella prefettura di Iwate, si è vista recapitare una lettera spedita dalla figlia scomparsa durante lo tsunami dell’11 marzo 2011. Per un attimo il padre ha pensato che fosse viva da qualche parte – sono infatti 2.636 le persone a risultare ancora disperse dopo tre anni dal disastro. Dopo aver letto la lettera, la coppia ha capito. La figlia, all’epoca ventenne, aveva scritto la lettera nel 2004 durante una visita al museo Meiji Mura di Inuyama, e aveva posticipato la consegna a dieci anni. Nelle due pagine raccontava ai genitori i suoi sentimenti di ventenne, le sue aspettative, “Mi chiedo se avrete un nipotino quando riceverete questa lettera?”, chiedeva ai genitori. “Cara mamma e caro papà, avete fatto tanto per me, da oggi in poi voglio fare altrettanto per voi”.

    • Giulia Pompili
    • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.