Tymoshenko story

Redazione

Nel 1995 Yulia Tymoshenko compiva 35 anni. Era una donna ricca e affascinante, con un uomo enormemente influente che la sosteneva. Non pensava minimamente di poter diventare primo ministro, men che mai presidente. Il suo unico scopo era mantenere al vertice del potere Pavel Lazarenko al fine di poter amministrare in regime di monopolio la più preziosa risorsa dell’economia ucraina, ovvero il gas d’importazione, mentre gli enormi capitali che accumulava erano finalizzati a spianare a Lazarenko la strada verso la presidenza.

    Pubblichiamo in anteprima un estratto del libro “Julija Tymoshenko. La conquista dell’Ucraina”, firmato da Ulderico Rinaldini, pseudonimo dell’editore Sandro Teti (144 pp., 12 euro), con un’introduzione dell’analista geopolitico Alessandro Politi. Il libro, che uscirà il 2 dicembre nella collana di Sandro Teti Editore “Historos”, diretta da Luciano Canfora, racconta la storia dell’ex premier ucraino, ora in prigione per abuso di potere con una pena di sette anni, come simbolo delle ambiguità di tutta l’Ucraina. Il testo che segue è un adattamento curato dal Foglio del capitolo due, “La principessa del gas”.

    Nel 1995 Yulia Tymoshenko compiva 35 anni. Era una donna ricca e affascinante, con un uomo enormemente influente che la sosteneva. Non pensava minimamente di poter diventare primo ministro, men che mai presidente. Il suo unico scopo era mantenere al vertice del potere Pavel Lazarenko al fine di poter amministrare in regime di monopolio la più preziosa risorsa dell’economia ucraina, ovvero il gas d’importazione, mentre gli enormi capitali che accumulava erano finalizzati a spianare a Lazarenko la strada verso la presidenza. Dal sodalizio tra Yulia e Pavel nacque la Eesu, Sistemi energetici uniti dell’Ucraina. Probabilmente al mondo non esistono altri esempi di società come questa che, create dal nulla e in un paese povero, abbiano sviluppato un giro di affari dell’ordine di miliardi di dollari in un tempo misurabile non in anni, ma in giorni.

    A metà degli anni Novanta, il clan di Dnepropetrovsk prese il controllo di tutta l’Ucraina. Persone provenienti da quella regione industriale presto occuparono le cariche più alte nell’amministrazione e nelle aziende di stato. Pavel Lazarenko divenne il più potente di tutti. Nel 1992, l’Urss era scomparsa da poco e l’Ucraina cercava di intraprendere la strada del capitalismo. L’ex autista e presidente del kolchoz sovietico, venuto dalla cittadina di Cariãank, nel frattempo era diventato il padrone della regione di Dnepropetrovsk.

    A quel tempo Tymoshenko si era data all’imprenditoria. La perestrojka di Gorbacev le aveva dato la possibilità di avviare un’attività privata e lei si dedicò all’impresa con entusiasmo, sotto la guida del suocero, Gennadi Tymoshenko. Come primo progetto realizzò video-saloni commerciali, che facevano la concorrenza ai cinema dello stato. Nelle sale sovietiche i film dovevano corrispondere a precetti morali alquanto rigidi: non si proiettavano thriller violenti, film horror o contenenti scene erotiche esplicite. Ora che era libero dai vincoli del comunismo, il popolo bramava di assaggiare il “frutto proibito”: l’erotismo, la pornografia, la morte e il sangue, anche i semplici inseguimenti e gli spari; nei video-saloni commerciali finalmente si poteva vedere tutto questo. Molto spesso sembrava quasi di andarsi a sedere a casa di qualcuno per guardare la televisione: nei locali erano posizionati dei voluminosi televisori, a cui erano collegati videoregistratori giapponesi (introvabili ai tempi dell’Urss) nei quali girava una videocassetta spesso di scarsa qualità. Gli avventori, seduti in semicerchio ai tavoli davanti al televisore, guardavano avidamente il cinema commerciale pagando l’equivalente di svariati biglietti del cinema statale. I video-saloni furono la prima impresa commerciale della famiglia Tymoshenko.

    Il business successivo risultò ben più redditizio: il petrolio. Dopo il crollo dell’Urss il sistema di distribuzione statale in Ucraina era collassato e l’industria e l’agricoltura avevano urgente bisogno di combustibile di cui il paese era sprovvisto. In cambio di carburante le fabbriche cedevano i propri prodotti e le aziende agricole il proprio raccolto, il tutto a prezzi molto bassi. Chi li avesse rivenduti al valore di mercato avrebbe avuto margini altissimi di guadagno. Per questo i pochi che riuscivano ad accedere al combustibile – e che erano disposti a intraprendere questo business molto pericoloso, dove i concorrenti spesso risolvevano le loro controversie a colpi di kalashnikov, si ritrovavano milionari. Proprio in quel periodo la famiglia Tymoshenko fondò l’azienda Kub, la Korporacija ukrainskij benzin. Era un business per eletti al quale si poteva accedere solo con il permesso e la protezione di un potente. Il vecchio Tymoshenko, il suocero di Yulia, aveva ancora qualche contatto con funzionari dello stato risalenti ai tempi sovietici, ma simili raccomandazioni erano ormai debolissime e non sarebbero bastate per proteggere la loro lucrosa attività.

    Il primo segnale che Lazarenko, allora governatore di Dnepropetrovsk, si stesse interessando a loro arrivò nel 1992. Inviò alcuni ispettori molto aggressivi che si presentarono in azienda accompagnati da una scorta armata. Lo scopo della loro incursione era far capire ai Tymoshenko che per continuare a lavorare in pace bisognava trovare un accordo con Lazarenko il quale, come il Padrino nell’omonimo film di Francis Ford Coppola, voleva far loro un’offerta che non potevano rifiutare.
    Gennadi Tymoshenko, all’incontro con il governatore, portò con sé la nuora. Lei entrò nell’ufficio del Padrone leggiadra come una fatina, e ne uscì con il sorriso del domatore che ha sottomesso il leone. Poco dopo quell’incontro, l’azienda Kub ottenne il monopolio della fornitura di prodotti petroliferi al settore agrario della regione di Dnepropetrovsk. Qualche mese dopo – l’8 ottobre del 1992 – a Cipro, paradiso fiscale, fu fondata la società Somoli enterprises ltd, che partorirà la Eesu. Tre anni dopo Lazarenko divenne il primo viceministro dell’Ucraina, con delega all’energia.

    Quel momento segnò l’inizio dell’ascesa di Yulia, divisa tra affari miliardari e una chiacchierata relazione con il futuro primo ministro. Il rapporto sentimentale tra la “principessa del gas” e il Padrone è rimasto per molti anni un tabù. Ma nell’atto d’accusa per complicità nell’omicidio del deputato Evgenij Serban’, consegnato in carcere alla Tymoshenko dai rappresentanti della procura generale il 22 gennaio del 2013, è scritto esplicitamente che Lazarenko e la Tymoshenko avevano “una relazione intima”. Una fotocopia dell’atto è pubblicata online da Ukrainskaja Pravda.

    I servizi segreti ucraini erano a conoscenza della relazione tra il Padrone e la sua amica, come ha confermato nel 2012 l’ex colonnello dei servizi segreti militari Pëtr Nedzel’skij il quale ha testimoniato di aver scoperto casualmente, nel 1998, che la Tymoshenko e Lazarenko dormivano insieme in un lussuoso albergo di Monaco di Baviera. Le voci sull’affaire tra Lazarenko e la Tymoshenko – entrambi sposati – si diffusero a tal punto che i giornalisti ucraini cominciarono a fare domande esplicite direttamente a Yulia. La Tymoshenko rilasciò una delle sue prime interviste al giornale moscovita Argumenty i Fakty (Argomenti e fatti), edizione ucraina (n. 22, anno 1997). La domanda del giornalista non lasciava scampo: “Mi scusi, cosa pensa suo marito della sua relazione con Pavel Lazarenko?”.
    Yulia evitò di rispondere.

    La loro era una coppia alquanto bizzarra. Perfino una volta raggiunto l’apice del successo e divenuto, come lui stesso amava chiamarsi, il Padrone (con la P maiuscola), Pavel Lazarenko era rimasto un provinciale, sia nell’abbigliamento sia nel modo di parlare e di comportarsi. Uomo molto robusto e di alta statura, aveva l’aria di un rozzo ma pragmatico contadino; portava completi sgualciti, parlava storpiando le parole ucraine e mescolandole alle russe. Yulia era il suo esatto opposto: esile, minuta e graziosa. Perfino indossando i tacchi alti gli arrivava a malapena alla spalla. Andava in giro con lussuosi cappotti o pellicce di visone lunghe fino a terra, circondata da una folla di guardie del corpo. Era battagliera e allo stesso tempo remissiva.

    La prima volta in prigione
    La prima volta che Tymoshenko vide la cella di una prigione fu molti anni prima del 2011. Il 27 marzo del 1995 le impedirono di imbarcarsi sul volo Zaporizzja-Mosca con l’accusa di contrabbando di valuta. Si trattava di una somma allora elevata, 26 mila dollari, pari al valore di sette monolocali o di mille stipendi medi ucraini. Il 3 aprile fu arrestata e reclusa in una cella di detenzione provvisoria a Zaporizzja. Già il giorno seguente, il caso passò al dicastero dove lavorava un giovane investigatore di nome Oleg Puskar – oggi procuratore e rappresentante dell’accusa al processo per l’omicidio Serban’ – il quale non ebbe il tempo di prendere parte alle indagini, perché il procuratore locale, Scur, emanò un’ordinanza urgente per la modifica delle misure coercitive, e Yulia fu rilasciata rapidamente con la sola misura dell’obbligo di dimora a Dnepropetrovsk. Il motivo ufficiale della scarcerazione fu “malattia”.
    Perché Yulia stesse portando 26 mila dollari a Mosca, la capitale del paese da cui la sua Eesu attingeva il gas che rivendeva in Ucraina, non fu mai appurato con certezza. Né si stabilì a chi lo consegnasse e se avesse portato lì tali somme di denaro anche altre volte. Resta il fatto che un anno dopo il primo arresto della Tymoshenko, nell’autunno del 1996, Lazarenko concluse con la Russia, provata dalla prima guerra in Cecenia, un accordo sull’estinzione del debito ucraino nei confronti di Gazprom. L’accordo prevedeva che la Eesu avrebbe dovuto fornire al ministero della Difesa russo beni per 700 milioni di dollari. Ma la Eesu consegnò beni pari a soli 132 milioni e, come hanno confermato i russi, a prezzi maggiorati. Tempo dopo il colonnello generale Leonid Ivasov dichiarò ai giornalisti: “Di fatto, ci proposero di acquistare dei comunissimi water al prezzo di troni dorati”.

    La Russia subì un danno stimato di circa 98 milioni di dollari. La procura generale militare russa (Pgm) adì le vie legali e nel corso dell’istruttoria fu anche ipotizzato che Yulia avesse già consegnato più di una volta dei soldi a funzionari moscoviti corrotti, ma non fu possibile fornire prove valide. Alla fine fu condannata una sola persona: il finanziere capo del ministero della Difesa della Federazione russa, il generale Georgij Olejnik, che aveva firmato documenti per l’accredito di 250 milioni di dollari il 27 dicembre del 1996 e di 200 milioni di dollari il 14 marzo del 1997. Fu condannato a cinque anni di carcere, anche se fu rilasciato prima grazie a un’amnistia.

    Yulia avrebbe nuovamente sperimentato il carcere ma ne sarebbe uscita sempre per motivi di salute (in questo caso: “ulcera grave”). Il 13 febbraio del 2001 fu arrestata assieme al marito con l’accusa di aver girato ripetutamente tangenti di notevole entità a Pavel Lazarenko – per una somma totale di 86,88 milioni di dollari americani – sia mentre questi era vice primo ministro, sia quando era già divenuto primo ministro. Secondo la procura, in cambio delle mazzette Lazarenko aveva garantito alla Eesu condizioni monopolistiche nella fornitura del gas sul mercato ucraino e la Tymoshenko aveva potuto arricchirsi in maniera incredibile.

    Il Cremlino visto da vicino
    Quando nel gennaio del 2009 Yulia si reca a Mosca per negoziare con Vladimir Putin una soluzione allo stallo nelle relazioni energetiche tra Ucraina e Russia, porta con sé il fardello di tutte le sue vicende giudiziarie, alcune delle quali legate proprio alla Federazione russa. Siglerà il contratto per il quale è stata successivamente riconosciuta colpevole di abuso di potere e di ufficio, reato per il quale è ora rinchiusa in una suite dell’ospedale di Char’kov.

    Per inquadrare correttamente la vicenda è necessario fare un breve excursus storico. All’interno dell’Urss soltanto alcune delle ex repubbliche sovietiche erano produttrici di petrolio, gas ed elettricità, le altre ne erano solo consumatrici. E’ il caso dell’Ucraina, che non poteva contare sulle proprie risorse di gas e petrolio, ed era dipendente dalle forniture provenienti dalla Russia. Solo di recente le autorità hanno preso misure concrete per cercare di mitigare questa dipendenza, ma all’epoca dei fatti ascritti a Tymoshenko tutto si riduceva alla semplice importazione e al negoziato con il vicino russo.
    Prima dell’ascesa al potere di Viktor Yushenko, i rapporti con la Russia erano sereni. Mosca sosteneva Leonid Kucma e lui si sforzava di non litigare con il Cremlino. L’Ucraina non pagava il gas russo ma lo otteneva per baratto, in cambio del servizio di transito verso l’Europa. Viktor Yushenko e la sua squadra della rivoluzione arancione fecero a pezzi questo modello. Decisero che per l’Ucraina sarebbe stato più vantaggioso il passaggio a logiche finanziarie, in cui ciascun partner avrebbe pagato a consumo: i russi per il transito e gli ucraini per il gas acquistato.

    Tra il 2008 e il 2009 nacque una nuova controversia commerciale relativa ai debiti maturati, ai prezzi e alle forniture di gas naturale, nonché al transito del gas sul territorio ucraino. Il primo gennaio 2009 fu interrotta l’erogazione del gas all’Ucraina, e dal 5 gennaio diminuì l’erogazione ai paesi europei. Il 7 gennaio il transito del gas russo sul territorio dell’Ucraina era interrotto. Parte della stampa locale ritiene che alle origini della controversia ci fosse la posizione di Tymoshenko – che all’epoca occupava per la seconda volta la poltrona di premier – che dichiarò la sua intenzione di estromettere dal mercato del gas la società intermediaria RosUkrEnergo, per ottenere un abbassamento dei prezzi.

    Yulia partì per Mosca per negoziare con Putin. La stampa e i cittadini seguirono con grande partecipazione il suo viaggio e, alla luce di quanto dichiarato prima di partire, sperarono che il gas sarebbe presto tornato a costare di meno. Accadde il contrario. Il 17 gennaio, dopo cinque ore di trattative ininterrotte con il premier russo Putin – per la maggior parte a quattr’occhi – Tymoshenko firmò un nuovo accordo: il prezzo del gas aumentava di quasi il doppio. Si iniziò a calcolare il suo costo sulla base del prezzo riservato ai consumatori europei, meno il 20 per cento per il periodo di un anno, poi per intero. Il punto di partenza era fissato alla cifra astronomica di 450 dollari, mentre la Russia tornava invece a godere della tariffa ridotta risalente al 2008, che era di 1,7 dollari per il pompaggio di 1.000 metri cubi di gas ogni 100 chilometri. Dal primo gennaio 2010 i prezzi del gas russo e quelli del suo transito sul territorio dell’Ucraina divennero uguali a quelli europei. Per l’economia ucraina fu un colpo devastante.

    Qualche mese dopo la sconfitta, la procura generale le ha mosso le prime accuse penali. Nella primavera del 2010 è stato aperto a suo carico un procedimento per appropriazione indebita di 480 milioni di euro, che spettavano allo stato per la vendita di quote ucraine di emissione di gas a effetto serra. Nel gennaio 2011 le è stata intentata una causa per abuso d’ufficio, relativo all’acquisto con fondi statali di autoambulanze a prezzo maggiorato. Poi è arrivato il 24 maggio 2011: la procura generale ha accusato Tymoshenko di abuso di potere e d’ufficio in occasione della stipula degli accordi per l’acquisto del gas dalla Russia, trattative avvenute nel gennaio 2009. Questo processo per Yulia si è concluso con la condanna a sette anni di reclusione e al risarcimento dei danni allo stato pari a 1,5 miliardi di grivnie. L’accusa e la condanna sono gravi perché la Tymoshenko è stata riconosciuta colpevole di aver danneggiato gravemente l’Ucraina e i suoi cittadini.

    Ora Yulia Tymoshenko sta affrontando l’ulteriore accusa di essere coinvolta nell’omicidio del parlamentare Evgenij Serban’. Questo processo riporterà la società ucraina indietro con la memoria, fino agli anni Novanta, ricordando a tutti non solo come questo personaggio affondi le sue radici in quel contesto storico, ma il contesto storico stesso: ricorderà a tutti la verità di un capitalismo moderno che in Ucraina è stato costruito con le pallottole.