Di stabilità si muore

Per il Wsj l'immobilismo di Letta ci porterà al cimitero

Francesco Forte

Mentre il governo chiede la fiducia sulla Legge di stabilità, convinto che il termine “stabilità” sia un mantra, una formula sacra e anche un po’ mistica della sua politica, atta a metter a tacere gli “oltranzisti” ecco l’articolo del Wall Street Journal, pubblicato ieri, intitolato “il governo dell’Italia di Letta ha di fronte la stabilità del cimitero?” (“Is Italy facing the stability of the Graveyard?”). Secondo l’autore, Simon Nixon, uno degli editorialisti di punta del quotidiano americano – che dice di riferire l’opinione di molti leader del mondo degli affari italiano –, la situazione sarà allarmante se il governo Letta durerà altri diciotto mesi.

    Mentre il governo chiede la fiducia sulla Legge di stabilità, convinto che il termine “stabilità” sia un mantra, una formula sacra e anche un po’ mistica della sua politica, atta a metter a tacere gli “oltranzisti” ecco l’articolo del Wall Street Journal, pubblicato ieri, intitolato “il governo dell’Italia di Letta ha di fronte la stabilità del cimitero?” (“Is Italy facing the stability of the Graveyard?”). Secondo l’autore, Simon Nixon, uno degli editorialisti di punta del quotidiano americano – che dice di riferire l’opinione di molti leader del mondo degli affari italiano –, la situazione sarà allarmante se il governo Letta durerà altri diciotto mesi. Il fatto che lo spread dei titoli decennali del Tesoro si sia ridotto dai 3,4 punti dopo le elezioni a 2,3 con un tasso del 4,08 per cento non deve illudere. Lo stato di compiacenza che ciò crea dà un pericoloso senso di rilassamento ai governanti per ciò che dovrebbero fare ma invece non fanno.

    I mali che il Wsj individua e le terapie che suggerisce, e che io condivido, sono assai differenti da quelle correnti che circolano nella Confindustria e fra i “riformisti” del Pd, che in parte le riecheggiano. Non c’è in questo articolo neanche un cenno al falso rimedio che essi sostengono: la riduzione del cuneo fiscale sul costo del lavoro. Per me bugiardo surrogato della crescita della produttività che si può attuare solo fuoriuscendo dallo stato neo corporativo. Il fuoco del Wsj riguarda proprio il declino della produttività dei fattori di produzione delle imprese italiane dal 2008 a oggi, dopo il ristagno visto nella decade precedente. Invece negli altri paesi dell’Europa meridionale la produttività dopo la crisi è aumentata, e così Spagna e Portogallo hanno ripreso la via della crescita, seppure ancora frazionale.
    L’Italia invece avrà un recupero del pil dello 0,7 per cento nel 2014 e dell’1,2 nel 2015, che la riporta al pil del 2012, dopo la caduta di 1,9 punti percentuali prevista per il 2013. La causa major della mancata crescita, dovuta al mancato recupero di produttività, secondo il Wsj, che in questo caso fa propria l’opinione di Gille Moec, economista della Deutsche Bank, sta nei costi unitari del lavoro per unità di prodotto. Essi in Italia non sono diminuiti dopo la crisi. Così il profitto delle imprese si è deteriorato e la performance delle esportazioni non si è sollevata. Secondo il Wsj, l’Italia dovrebbe riformare le regole del lavoro, la Pubblica amministrazione e il sistema giudiziario, che sono fra i maggiori ostacoli alla crescita economica. Invece il governo Letta si è limitato a ridurre le spese del 2014 di 2,5 miliardi di euro appena, mentre la spesa pubblica nazionale è di 800, pari al 50 per cento del pil, e ha in programma privatizzazioni solo per 12 miliardi mentre il debito è al 133 per cento del pil.

    Mi pare condivisibile la diagnosi del quotidiano conservatore in cui c’è come punto centrale la non crescita che dipende dal mancato aumento della produttività, come detto. Questa è a sua volta collegata alla triade della mancata riforma del mercato del lavoro, della giustizia e della Pubblica amministrazione, dove albergano i tre grandi blocchi neo corporativi: di sindacati e Confindustria, della magistratura e delle burocrazie ai tre livelli di governo (centrale, regionale e locale) con le aziende ad essi connesse. Un’enfasi diversa da quella sulla regola del 3 per cento del bilancio da cui sono ossessionati il governo Letta e Bruxelles. Ma è appunto dalla produttività che dipende la riduzione del deficit e soprattutto del debito.

    Non mi convince però il pessimismo eccessivo dell’esperto della Deutsche Bank sul recupero del nostro export. E comunque, mi parte sbagliata la tesi del Wsj secondo cui si potrebbe evitare il camposanto, mediante Matteo Renzi. Lui non ha mai affrontato la “triade di riforme” di cui il quotidiano americano è paladino. Ma il Wsj ha ragione nel dire che queste riforme trovano un grave ostacolo nel Pd e posticipare le elezioni al 2015, con questo medesimo quadro politico, ci porterà al cimitero.