Bruxelles punitiva

Letta e Saccomanni sculacciati dall'Europa che sa far di conto

David Carretta

Sei miliardi in più, per rispettare alla lettera il Patto di stabilità, in particolare sulla riduzione del deficit strutturale e del debito. E’ quanto ha chiesto la Commissione europea all’Italia sulla manovra 2014 in discussione al Senato: una batosta alla strategia della fede europea del presidente del Consiglio, Enrico Letta, già pungolato due giorni fa sui ritardi nelle riforme strutturali. Il “premio” che era stato promesso per gli enormi sforzi di bilancio degli ultimi due anni, necessari a uscire dalla procedura per deficit eccessivo, è stato negato.

Analisi Lo schiaffo

    Bruxelles. Sei miliardi in più, per rispettare alla lettera il Patto di stabilità, in particolare sulla riduzione del deficit strutturale e del debito. E’ quanto ha chiesto la Commissione europea all’Italia sulla manovra 2014 in discussione al Senato: una batosta alla strategia della fede europea del presidente del Consiglio, Enrico Letta, già pungolato due giorni fa sui ritardi nelle riforme strutturali. Il “premio” che era stato promesso per gli enormi sforzi di bilancio degli ultimi due anni, necessari a uscire dalla procedura per deficit eccessivo, è stato negato. Il commissario agli Affari economici, Olli Rehn, ha annunciato che l’Italia non è “eleggibile” per la clausola sugli investimenti, che avrebbe consentito di deviare dagli obiettivi di bilancio di medio termine, con uno sconto dello 0,3 per cento sul deficit per le risorse destinate a cofinanziare progetti europei. Confrontato al rischio di innescare una crisi di governo in Italia, Rehn ha minimizzato: “Ogni giorno è stato politicamente delicato, abbiamo solo fatto il nostro lavoro”.

    Per il ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni, “parlare di bocciatura non ha assolutamente senso. Abbiamo dato indicazioni che le misure ulteriori che la Commissione richiede sono in fase di definizione e avranno effetto nel corso del (prossimo) anno”. Il ministro ha indicato provvedimenti in cantiere che non sono contabilizzati dalla Legge di stabilità (spending review, privatizzazioni, rientro dei capitali e rivalutazione degli attivi della Banca d’Italia). “La manovra sarà quella lì, senza ulteriori oneri per il paese”, ha detto Saccomanni. Per Letta “troppo rigore fine a se stesso” sarebbe un “errore” perché “soffocherebbe la ripresa”. Rehn ha lasciato aperta la porta all’attivazione della clausola sugli investimenti se la “spending review darà risultati all’inizio del 2014”. In caso, lo sforzo richiesto dalla Commissione potrebbe scendere da 6 a 3 miliardi ma i margini sono minimi e incerti: l’Italia è tra i paesi per i quali è indicato un “rischio di non rispetto” del Patto di stabilità. Del resto “una corrente di pensiero dentro la Farnesina ritiene che per l’Italia sarebbe stato meglio fare come Francia e Olanda”, dice una fonte diplomatica, ovvero: infischiarsene del Patto e chiedere un rinvio di un paio d’anni sul deficit anziché lanciarsi in un aggiustamento strutturale di dimensioni uniche in Eurozona (quasi 3 punti di pil in 2 anni) che ha aggravato la recessione. Parigi e l’Aia nel 2014 non rispetteranno gli impegni, ma hanno avuto via libera ai bilanci, anche se “non ci sono ulteriori margini”.

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