Non svegliarmi

Annalena Benini

Adesso però dormi, domani c’è la scuola. E spegni quel telefono, non vedi che ore sono? A mezzanotte gli schermi grandi e quelli piccoli mandano luci blu, c’è ancora tanto da dirsi via chat, ci sono le foto da controllare, un’altra domanda su Ask, e domattina alla prima ora spiega Storia, quindi dormo. Gli adolescenti non hanno mai sonno (spesso nemmeno i neonati, che però non hanno la sveglia alle sette), c’è troppo da vivere, da scriversi: dormono sempre meno.

    Adesso però dormi, domani c’è la scuola. E spegni quel telefono, non vedi che ore sono? A mezzanotte gli schermi grandi e quelli piccoli mandano luci blu, c’è ancora tanto da dirsi via chat, ci sono le foto da controllare, un’altra domanda su Ask, e domattina alla prima ora spiega Storia, quindi dormo. Gli adolescenti non hanno mai sonno (spesso nemmeno i neonati, che però non hanno la sveglia alle sette), c’è troppo da vivere, da scriversi: dormono sempre meno. Gli studi scientifici dicono che un ragazzino di quattordici anni dovrebbe dormire nove ore e mezzo in media a notte, le statistiche raccontano: ne dormono al massimo sette, il Guardian scrive che meno dormono e più si ammalano (influenze, raffreddori, depressioni, da grandi colesterolo alto e obesità) e i medici sgridano le madri, come al solito: signora la ragazza è stanca, per questo le risponde male (certo, per questo).

    La domenica mattina, quindi, non si può entrare a cuor leggero nella stanza di un adolescente se non è ancora mezzogiorno: l’adolescente deve recuperare tutto il sonno della settimana. Tutte le chat notturne del mercoledì, tutti i videogiochi del martedì, quando poi, al mattino, suona la sveglia cinque volte, lo si bacia sull’orecchio, gli si sussurra: amore, è tardi, e a poco a poco si finisce a urlare, o a firmare la giustificazione per farlo entrare alla seconda ora. L’adolescente zombie barcolla verso il bagno, inciampa nei pantaloni abbandonati sul pavimento, incolpa la madre della stanchezza (“se avessi un motorino potrei alzarmi molto più tardi, tu vuoi che la mia vita faccia schifo”) e un genitore si chiede: devo controllare anche la fase Rem, devo appostarmi di notte anche per controllare che stia davvero dormendo, devo trasformarmi in un adulto zombie per preservare il sonno di mio figlio, come quando aveva dieci mesi e passava la notte a scuotere le sbarre del lettino cercando di scavalcarle? Il Guardian dice che bisogna “incoraggiare” i ragazzi ad andare a dormire sempre alla stessa ora e “incoraggiarli” a liberarsi dalla schiavitù della tecnologia accesa ventiquattr’ore su ventiquattro. Il telefono che sussulta a qualunque ora della notte, il mondo segreto, virtuale e verissimo, che non dorme mai, un’occhiata al portatile per vedere se lui ha messo almeno un pollice sotto la foto, com’è possibile che non si sia accorto che mi sono sciolta i capelli. Una volta si diceva: spegni quella luce, adesso la luce è praticamente interiorizzata, almeno finché i telefoni possono vibrare. Che senso ha dormire, se gli altri stanno svegli e comunicano fra loro? Tu mamma vuoi che io sia un’emarginata.

    La ragazza ha le occhiaie ma è felice, si è addormentata all’intervallo con la testa sul banco, e stasera ha un appuntamento su Skype. E’ successo a tutti (il telefono portatile serviva a questo). Adesso succede di più, la notte è diventata ancora più speciale, piena di cose che lampeggiano, piena di piazze in cui stare fino all’alba. Nervosi, irritabili, stanchi, distratti: sono le conseguenze dell’adolescenza, non solo dell’insonnia. Si comincia da bambini, però, ad andare a dormire sempre un po’ più tardi: fammi finire la partita, eddai questo cartone sull’iPad, anche tu mamma ci giochi sempre, hai il telefono sul comodino, dietro quel groviglio di fili. Come si possono “incoraggiare” i figli a liberarsi dalla schiavitù, se è una schiavitù tanto esaltante? L’unica possibilità è il sequestro collettivo, come in classe: tutta la tecnologia fuori dalle camere da letto, fino alle sette del mattino. Anche i walkie-talkie di Spider-Man. E di notte, con la scusa di controllare che dormano, andremo ad accarezzare il telefono in cucina.

    • Annalena Benini
    • Annalena Benini, nata a Ferrara nel 1975, vive a Roma. Giornalista e scrittrice, è al Foglio dal 2001 e scrive di cultura, persone, storie. Dirige Review, la rivista mensile del Foglio. La rubrica di libri Lettere rubate esce ogni sabato, l’inserto Il Figlio esce ogni venerdì ed è anche un podcast. Ha scritto e condotto il programma tivù “Romanzo italiano” per Rai3. Il suo ultimo libro è “I racconti delle donne”. E’ sposata e ha due figli.