Senza crescita le nostre banche resteranno sempre a rischio

Domenico Lombardi

C’è uno scenario assai più complesso e potenzialmente ricco di conseguenze intorno al percorso per l’Unione bancaria, che va al di là della missiva riservata di Mario Draghi. Nella lettera, il presidente della Banca centrale europea esprime preoccupazioni in merito alla conversione forzata di alcune forme di raccolta in azioni per quelle banche la cui posizione patrimoniale non dovesse risultare adeguata in seguito alla due diligence che la Bce concluderà il prossimo anno.

    C’è uno scenario assai più complesso e potenzialmente ricco di conseguenze intorno al percorso per l’Unione bancaria, che va al di là della missiva riservata di Mario Draghi. Nella lettera, il presidente della Banca centrale europea esprime preoccupazioni in merito alla conversione forzata di alcune forme di raccolta in azioni per quelle banche la cui posizione patrimoniale non dovesse risultare adeguata in seguito alla due diligence che la Bce concluderà il prossimo anno. Lo scenario che intendiamo tratteggiare si ispira (liberamente) ad alcune analisi di mercato di Barclays Capital e riguarda le determinanti e le conseguenze della dinamica dei rating dei nostri titoli di stato. L’Italia è in condizione di outlook negativo da parte di tutte le maggiori agenzie di rating che intendono così segnalare la possibilità, imminente e concreta, di un ulteriore abbassamento del merito di credito. L’ultima decisione in tal senso è venuta da Standard & Poor’s lo scorso luglio: ha portato il rating sovrano a Bbb, vicino alla soglia “speculativa” comunemente nota come “spazzatura”. Quest’ultimo downgrade è passato quasi inosservato, forse riflettendo il malposto ottimismo nella capacità taumaturgica del programma di acquisto illimitato di titoli (Omt) della Bce o una certa assuefazione a decisioni di rating che, sinora, non hanno determinato, di per sé, conseguenze drastiche per l’accesso al mercato. Qualora però ulteriori abbassamenti del rating sovrano collocassero i titoli di stato tra quelli “speculativi”, vari investitori dovrebbero liquidare le rispettive posizioni non potendo detenere in portafoglio titoli con un tale rating, creando le premesse per una nuova escalation della pressione sui mercati. Le banche italiane sarebbero ulteriormente penalizzate, rispetto a quelle operanti in economie con rating da “investimento”, nelle operazioni di rifinanziamento presso la Bce che applicherebbe loro condizioni più onerose dato il basso merito di credito dei titoli che fornirebbero in garanzia. Ancor di più, il collocamento dei titoli sovrani al di sotto della soglia di “investimento” avrebbe conseguenze preoccupanti anche per il rating delle banche che ne detengono quantità rilevanti. L’altra principale agenzia di rating, Moody’s, ha sottolineato qualche giorno fa che le banche italiane già si trovano in una condizione difficile. Nel complesso, i timori paventati nella missiva di Draghi, le incertezze associate all’esito dell’asset quality review della Bce, le interazioni appena descritte e le precarie prospettive di crescita puntano a un 2014 ricco di insidie o, quanto meno, di volatilità per la nostra economia.

    Una lettura attenta dei rapporti delle agenzie di rating degli ultimi anni evidenzia la sostanziale uniformità di orientamento nell’attribuire proprio alla mancanza di crescita la principale responsabilità del progressivo abbassamento del merito di credito. L’elevato stock di debito pubblico unitamente alla bassa performance economica hanno tenuto il rating sovrano del nostro paese sistematicamente al di sotto di quello delle altre economie avanzate. Negli ultimi due anni, poi, il rapporto tra debito e pil è aumentato di ben 12 punti arrivando a superare quest’anno la soglia del 132 per cento. Quasi metà dell’incremento è attribuibile alla contrazione del pil. In assenza di sostanziali prospettive di crescita, la sostenibilità del debito dipende dalla capacità del governo di generare ampi avanzi primari e di contenere la spesa per interessi, compatibili con un quadro di stabilità politica. Ma un ulteriore downgrade al livello della soglia spazzatura farebbe d’un tratto apparire modesto anche il precedente choc finanziario dell’estate 2011.