I costituzionalisti spiegano perché la Consulta può rottamare il maggioritario

Alessandra Sardoni

Se ieri mattina il bipolarista Renzi avesse aperto la porta della Sala delle Colonne di Palazzo Marini, appendice di Montecitorio, lo spettro di quei “giochi e giochetti” neoproporzionalisti sulla legge elettorale evocato nel discorso di Bari gli sarebbe apparso concreto. Avrebbe potuto, il sindaco, trovarvi più di una conferma alla tesi (vedi editoriale di Stefano Menichini su Europa) che il pericolo più grande, dal suo punto di vista, si chiama Consulta. Un convegno di costituzionalisti, punta di diamante Valerio Onida, saggio vicinissimo al Quirinale, forniva alla Corte, per la prima volta apertamente, argomenti a favore dell’ammissibilità di quel ricorso contro il porcellum che sarà vagliato il 5 dicembre.

L'editoriale Come ti rottamo col porcellum

    Se ieri mattina il bipolarista Renzi avesse aperto la porta della Sala delle Colonne di Palazzo Marini, appendice di Montecitorio, lo spettro di quei “giochi e giochetti” neoproporzionalisti sulla legge elettorale evocato nel discorso di Bari gli sarebbe apparso concreto. Avrebbe potuto, il sindaco, trovarvi più di una conferma alla tesi (vedi editoriale di Stefano Menichini su Europa) che il pericolo più grande, dal suo punto di vista, si chiama Consulta. Un convegno di costituzionalisti, punta di diamante Valerio Onida, saggio vicinissimo al Quirinale, forniva alla Corte, per la prima volta apertamente, argomenti a favore dell’ammissibilità di quel ricorso contro il porcellum che sarà vagliato il 5 dicembre. Passo preliminare per poi dichiarare incostituzionale, all’inizio del 2014, il premio di maggioranza e consegnare una legge proporzionale qualora il Parlamento non trovi l’accordo per una successiva correzione.

    “Diceva Oscar Wilde che il miglior modo per combattere una tentazione è cederle, così farà la Corte”, osservava maliziosamente il professor Francesco Saverio Marini pronosticando il via libera a un intervento della Consulta sulla legge elettorale nonostante controindicazioni significative: 1) accettare un ricorso diretto dei cittadini sarebbe un pericoloso precedente 2) idem un intervento della corte in supplenza del Parlamento specie su una materia squisitamente politica. “D’altra parte un problema di interesse generale deve essere risolto no? La Consulta non può dichiararsi impotente”, concludeva Onida. Mentre altre voci, da Claudio Consolo a Federico Sorrentino, ricordavano i moniti inascoltati, gli appelli in testa quelli di Napolitano. La lettura prevalente è che si tratta di una forzatura necessaria. In dissenso l’area accademica referendaria che non ha perdonato l’esclusione dei referendum, denuncia “i due pesi e due misure” e, lo dice Andrea Morrone, dichiara che “allora dobbiamo riscrivere i manuali di diritto costituzionale” e si prepara alla sconfitta facendo mettere a verbale che “i costituzionalisti non sono tutti d’accordo”. Insomma ce n’è quanto basta ai renziani, ma anche agli altri bipolaristi del Pd, Bindi, prodiani sparsi, giovani turchi (più tiepidi) per sospettare un accerchiamento insidioso almeno fino a quando non emergerà una sponda nel Pdl che per ora tende al proporzionale.

    I timori di una congiuntura neoproporzionalista nell’area renziana c’erano fin dal giorno della nomina di Giuliano Amato a giudice Costituzionale voluta da Napolitano. E ancor di più dopo le perplessità sul porcellum dichiarate dal neopresidente della consulta Gaetano Silvestri nel giorno della sua elezione. “Nel Pd abbiamo blindato il bipolarismo con il doppio turno” sostiene Paolo Gentiloni, ma nessuno dei bipolaristi Pd, a cominciare da Roberto Giachetti, si fida. “Chi non vuole il bipolarismo deve solo restare sotto traccia e prendere tempo nella speranza, fondata, che sia la Corte ad agire”. Chi ha parlato di recente con Enrico Letta sussurra che anche il premier si aspetta il via libera della Corte e la cancellazione del premio di maggioranza. Idem Franceschini e il collega Quagliariello. Per questo Renzi vuole accelerare: tentare l’approvazione di una legge elettorale pro bipolarismo, modello sindaci o lo schema D’Alimonte. Qualcosa almeno in un ramo del Parlamento per togliere un argomento ai giudici della Consulta e ai costituzionalisti a convegno.

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