Nokia che morì (e visse) mille volte ora fa parte di Microsoft

Ugo Bertone

Ragazzi, diciamoci come stanno le cose: siete seduti su una piattaforma che brucia”. Così, giusto tre anni fa, il nuovo ceo di Nokia, Stephen Elop, si presentò ai dipendenti del gruppo, all’epoca ancora di gran lunga leader di mercato nei “mobile”. Una presentazione forte, non c’è che dire. Soprattutto perché Elop, già a capo della Business Division di Microsoft, non si limitò a far circolare il documento all’interno, ma lo distribuì alla stampa, previa spiegazione che per “platform”, termine prestato dall’industria petrolifera, s’intendeva Symbian, ovvero il sistema operativo adottato dal gruppo scandinavo in alternativa ad Android (Google, Samsung) e l’Ios di Apple.

    "Ragazzi, diciamoci come stanno le cose: siete seduti su una piattaforma che brucia”. Così, giusto tre anni fa, il nuovo ceo di Nokia, Stephen Elop, si presentò ai dipendenti del gruppo, all’epoca ancora di gran lunga leader di mercato nei “mobile”. Una presentazione forte, non c’è che dire. Soprattutto perché Elop, già a capo della Business Division di Microsoft, non si limitò a far circolare il documento all’interno, ma lo distribuì alla stampa, previa spiegazione che per “platform”, termine prestato dall’industria petrolifera, s’intendeva Symbian, ovvero il sistema operativo adottato dal gruppo scandinavo in alternativa ad Android (Google, Samsung) e l’Ios di Apple. All’epoca i guru del management si divisero: per alcuni, Elop ha fatto bene perché quelli di Nokia meritavano una sveglia; per altri, i più maliziosi, invece Elop, ingegnere canadese con quattro figli (di cui tre gemelli), ha fatto male perché avrebbe avviato la demolizione della “vecchia” Nokia per conto di Microsoft. C’era del vero per chi sostiene l’una e l’altra tesi.

    Ieri Microsoft (in Borsa giù del 5 per cento) ha comprato la divisione mobile di Nokia (il titolo è salito del 38 per cento), compresi 32 mila dipendenti, dal gruppo finlandese, per 5,45 miliardi di euro. Noccioline rispetto ai 250 miliardi di dollari che l’azienda valeva nel Duemila, quand’era balzata in testa alla classifica delle Borse europee. Ma nel frattempo gli smartphone di Nokia, equipaggiati con le tecnologie Windows, controllano poco più del 3 per cento del mercato americano, contro il 66 di Android ed il 30 per cento di Apple. Insomma, mister Elop, chiamatelo novello Attila se siete tra i malpensanti, ha fatto terra bruciata: nel 2008, prima del suo arrivo, Nokia ha venduto 468 milioni di pezzi nel mondo, contro i 123 milioni dei primi sei mesi di quest’anno. Per premio, Elop forse tornerà in Microsoft alla testa della telefonia mobile. Sarà lui, scommettono gli analisti, il sostituto di Steve Ballmer nel 2014, quando il boss lascerà il vertice del colosso di Redmond e farà spazio al suo delfino giusto dopo l’ok dell’Antitrust all’operazione annunciata ieri (atteso per la primavera prossima).

    Esiste poi un’interpretazione più “buonista”: Elop ha fatto un grande lavoro, come dimostra l’ultimo Lumia, cioè lo smartphone sfornato dai laboratori Nokia in collaborazione con quelli di Bill Gates. E’ vero, un tempo Nokia vendeva di più, ma si trattava di telefoni poveri. Niente a che vedere con il Lumia 1020, con macchina fotografica incorporata da 41 pixel che Elop in persona ha sottoposto a severi test. Soddisfazione forse magra, perché il vero tallone d’Achille sta nelle app, ovvero nelle migliaia di servizi attaccati ai prodotti Apple e Samsung, ma che tuttora latitano per Lumia e dintorni. D’ora in poi, con il propellente dei quattrini di Microsoft spesi in marketing e pubblicità, Nokia potrà riprendere la corsa. E l’azienda di Redmond guadagnerà quattro volte tanto. Non solo. La riscossa della tecnologia Windows phone farà da traino ai pc equipaggiati con Windows 8 e ai tablet Surface, che di aiuto ne avrebbero bisogno, come dimostrano i 900 milioni di perdite emersi nella trimestrale Microsoft.

    Insomma, non si sa chi abbia fatto l’affare, tra cacciatore e preda. I più perfidi, addirittura, sostengono che i membri finlandesi del board di Nokia si accingessero a chiedere il divorzio da Windows per abbracciare Android. Forse è troppo, ma entrambe le società, in un certo senso, combattono per sopravvivere in un agone tecnologico in cui non si fanno prigionieri. Ce la farà Microsoft arricchita (o appesantita) da Nokia? Non è detto, ma c’è una regola: ogni dieci anni un colosso tech dato per finito risorge più forte di prima. E’ successo con Intel (anni Ottanta), Ibm (Novanta) e con la stessa Apple (in ginocchio all’inizio dei Duemila). Ora tocca alla creatura di Gates, con i suoi 77 miliardi liquidi in cassa. E Nokia?

    In principio lo stivale, ora le infrastrutture
    Per capire l’impatto della vendita dei “mobile” sull’economia di Helsinki basti dire che circa un quarto delle tasse societarie finlandesi deriva da Nokia. Ma c’è di più. “Per molti di noi, me compreso – ha detto il ministro finlandese del Commercio Alex Stubb – i telefoni di Nokia fanno parte del nostro vissuto. Mi aspetto una reazione emotiva del paese”. Ma i finlandesi, i falchi dell’Unione europea, sono gente tosta: “La Finlandia aveva bisogno di uno choc del genere. Rimbocchiamoci le maniche, le opportunità non mancano”, dice Ikka Paananen ceo, di Supercell, società di successo nel gaming online. Con lo stesso piglio Risto Siilasmaa, attuale presidente e prossimo amministratore delegato ad interim di Nokia (in attesa di un sostituto di Elop che occupi la poltrona), ha detto che “per Nokia è una grande opportunità di reinventarsi perché, da una posizione di ristrettezza finanziaria, possiamo costruire il nostro prossimo capitolo”. D’altronde la storia di Nokia, fin dalle origini del 1865, è più emozionante di un romanzo picaresco. L’azienda prende il nome dal fiume che lambiva la segheria promossa dall’ingegnere minerario Knut Fredrik Idestam, e poco dopo la fondazione si dotò di una piccola centrale idroelettrica. Fu questa novità ad attrarre una fabbrica di stivali sulle rive della Nokia, vicino Espoo. Tale fu il successo che gli stivaloni Nokia, in dotazione all’esercito finlandese impegnato nella resistenza contro le armate di Stalin, che l’azienda rilevò la segheria per poi confluire in una holding che si occupava di telegrafi e telefonia. La nuova Nokia prenderà corpo solo nel 1967 ma ben prima di allora i suoi destini vennero condizionati dalla grande storia. Toccò a Nokia fornire i materiali che la Finlandia si era impegnata a cedere all’Urss per riparare ai danni di guerra: stivali, telefoni e perfino gomme per camion. A metà anni Settanta il nuovo amministratore, Kari Kairamo, ingegnere che aveva studiato in America, cercò di sganciare l’azienda dal fronte filo sovietico. Ma la conversione sui nascenti pc si rivelò fallimentare. Non andò meglio alle tv con il marchio Mikko o ad altre avventure perché il povero Kairamo, disperato, si suicidò. Poteva essere la fine ma il suo vice Jorma Ollila, nel 1992, decise di non ascoltare chi gli suggeriva di liquidare. Ollila si limitò a cambiare prodotto: dai pc ai cellulari. E Nokia riprese vita. Oggi la storia si ripete: i 56 mila dipendenti del gruppo si tufferanno nelle reti di trasmissione, al fianco di Ericsson contro i cinesi di Huawei. Senza gli amici d’America.