Giapponesi del Pd

Alessandra Sardoni

“Hic manebimus optime” dice Gianni Cuperlo al Foglio preparandosi al compito gravoso, ma ormai irrinunciabile di essere lui l’anti Renzi al congresso del Pd. Perché va bene tutto, ma guai ad accreditare le voci di possibili scissioni rilanciate ieri, in un Transatlantico deserto, dai franceschiniani ormai diventati renziani. Meglio respingere subito l’eco per quanto lontana dall’anatema dalemiano “se vince Renzi non c’è più la sinistra”. Lo schema è cambiato ora che quella di Renzi sembra, lo dice Michele Serra intervistando Bersani alla Festa di Genova, una “irresistibile ascesa”: via twitter, a metà pomeriggio, Stefano Fassina, viceministro bersaniano, fa il suo endorsement per Cuperlo.

    “Hic manebimus optime” dice Gianni Cuperlo al Foglio preparandosi al compito gravoso, ma ormai irrinunciabile di essere lui l’anti Renzi al congresso del Pd. Perché va bene tutto, ma guai ad accreditare le voci di possibili scissioni rilanciate ieri, in un Transatlantico deserto, dai franceschiniani ormai diventati renziani. Meglio respingere subito l’eco per quanto lontana dall’anatema dalemiano “se vince Renzi non c’è più la sinistra”. Lo schema è cambiato ora che quella di Renzi sembra, lo dice Michele Serra intervistando Bersani alla Festa di Genova, una “irresistibile ascesa”: via twitter, a metà pomeriggio, Stefano Fassina, viceministro bersaniano, fa il suo endorsement per Cuperlo. Davide Zoggia, altro fedelissimo dell’ex segretario, lo ha preceduto. Matteo Orfini non si è mai spostato da quel nome e scherza alludendo alla mossa di  Franceschini: “Sono passati da rottamazione a riciclo”. Roberto Speranza, capogruppo del Pd e  coordinatore della campagna di Bersani, non lo dichiara ancora, ma ai suoi dice che sosterrà Cuperlo. Bersani sul palco genovese il nome di Cuperlo  non lo fa neppure una volta, ma ci vuole tempo per la convergenza su una scelta di Massimo D’Alema con il quale i rapporti sono quelli che sono. Freddissimi.

    Il tempo stringe, basta con le strategie dilatorie, finito il tempo dei rinvii, “il congresso è già aperto” osserva Cuperlo che ieri ha parlato a lungo con il direttore di Repubblica Ezio Mauro e si dice pronto alla competizione. L’obiettivo è radunare quella parte di popolo di centrosinistra che in Renzi non si riconosce e non si riconoscerà mai, di “allargare il campo aprendo ai movimenti, ai benecomunisti, ai cattolici di sinistra, al civismo” spiega “perché non vogliamo essere la mozione degli ex Ds, proprio no”. Rischioso  farsi chiudere in una ridotta sia pure identitaria, lasciarsi abbracciare dallo sguardo già pericolosamente storico-culturale (ha cominciato Castagnetti su Europa, ha proseguito Paolo Franchi sul Corriere) che legge l’ascesa di Renzi come la fine degli ex Ds la vittoria degli ex Dc.

    A giudicare da un certo sbigottimento che si registra in quell’area, dall’incredulità che si leggeva nelle domande di Michele Serra a Bersani, nelle sottolineature sulle foto di Renzi con la bandana (anzi no, con la maglietta) pubblicate da Chi, tuttavia il tema delle radici e delle appartenenze c’è e richiede tempi di reazione rapidi. Anche perché a sentire i renziani “anche Civati potrebbe togliere voti a Cuperlo. E se arrivasse terzo?”.
    “Renzi non si lascerà sfilare la parola sinistra da Cuperlo”, avverte guarda caso Marina Sereni, ex diessina passata da tempo ad Area Dem di Franceschini. “Sbagliate se impostate la cosa come ex Ds battuti storicamente da ex Dc: Veltroni, Fassino, Bettini, gli amministratori dell’Emilia Romagna  tutti passati con Renzi non sono forse ex diessini?”, aggiunge. “Ma poi domando: si può dire davvero che Renzi è un democristiano?”, obietta Paolo Gentiloni che diessino non è mai stato. Eppure una questione identitaria e simbolica c’è perché identità e simboli sono in qualche modo tuttora Massimo D’Alema e l’“emilianità” di Bersani, la ditta, i compagni di scuola, un gruppo dirigente ormai frantumato.

    Naturale che Cuperlo e i giovani turchi si pongano il problema di superarla e allargare lo sguardo e i voti. Il rischio di una conta eccessivamente penalizzante per quella storia, di pesarsi in modo inclemente è ben presente ai protagonisti. “D’Alema sa che anche se la dimensione dovesse essere minoritaria tutto è meglio che finire in un calderone o subire il gran rifiuto di Renzi. Punta a fare il garante di un elettorato refrattario al renzismo”, dice Peppino Caldarola coautore dell’ultimo libro di D’Alema per Laterza. “Aggiungo che una fisionomia di sinistra gli serve come interfaccia per i socialisti europei”.  “Non possiamo confluire su Renzi” osservava ieri un bersaniano doc, “abbiamo un’altra idea di partito”. Un tema caro a Bersani che non a caso a Genova ha ri-teorizzato la leadership collettiva  e si è scagliato contro “il faccino interessante che vive il partito come un impedimento” e l’uomo solo al comando. Non a caso leit motiv negativo anche dell’editoriale di Alfredo Reichlin su l’Unità. Insieme con un’altra parola “gruppo dirigente”, “gruppo”. E’ un gruppo che deve difendersi e che teme la possibile furia rottamatrice di Renzi. Con Cuperlo ci sarà una squadra annuncia un importante esponente Pd, senza scoprire i nomi. “Giocheremo la carta della squadra non solo del candidato” conferma l’interessato al quale è piaciuto molto l’hashtag di Fassina #controcorrente.