Il bilancino del premier

Così Letta si muove cauto tra il pericolo Cav. e una corrente affaticata

Alessandra Sardoni

Nel giorno in cui Enrico Letta gioca col bilancino sul futuro del suo governo, (“mi fido del fatto che il partito di Berlusconi assumerà le sue decisioni e se ne prenderà la responsabilità”, “il Pd prenderà le decisioni giuste”, dice) il lettiano Guglielmo Vaccaro dice dell’altrettanto lettiano Francesco Boccia e del suo documento congressuale,  giudicato evidentemente al confine dell’infedeltà: “Dovrebbero spiegare a qualcuno che in Italia è stato possibile appartenere contemporaneamente a due partiti, ma mai a due correnti…”. E’ il segno dei tempi non facili per i lettiani intesi come corrente, la più strutturata delle correnti, con tanto di braccio operativo, l’associazione “Trecentosessanta”, e di pensatoio trasversale, “veDrò”, sospeso sine die causa trasloco del leader a Palazzo Chigi.

    Nel giorno in cui Enrico Letta gioca col bilancino sul futuro del suo governo, (“mi fido del fatto che il partito di Berlusconi assumerà le sue decisioni e se ne prenderà la responsabilità”, “il Pd prenderà le decisioni giuste”, dice) il lettiano Guglielmo Vaccaro dice dell’altrettanto lettiano Francesco Boccia e del suo documento congressuale,  giudicato evidentemente al confine dell’infedeltà: “Dovrebbero spiegare a qualcuno che in Italia è stato possibile appartenere contemporaneamente a due partiti, ma mai a due correnti…”. E’ il segno dei tempi non facili per i lettiani intesi come corrente, la più strutturata delle correnti, con tanto di braccio operativo, l’associazione “Trecentosessanta”, e di pensatoio trasversale, “veDrò”, sospeso sine die causa trasloco del leader a Palazzo Chigi. La storia, laterale, del documento Boccia, i dubbi su genesi e scopi e il florilegio di interpretazioni e anche l’isolamento (nessuna firma dall’area del premier) raccontano pezzi della strategia di Enrico Letta, del suo rapporto con il partito e con le proprie ambizioni future.

    Vaccaro propende per l’eccesso di protagonismo di Boccia, eventualità che secondo altri potrebbe non dispiacere allo stesso Letta, che pure dal testo di Boccia ha preso pubbliche distanze. Boccia, dice chi ci ha parlato, è amareggiato per le critiche ricevute, ma determinato. Tommaso Pellegrino, sindaco a lui assai vicino, spiega che “Boccia vuole assolutamente che il governo duri fino al 2015, con lealtà, ma all’interno di un patto in cui Letta e Renzi convivano con lealtà come due risorse del Pd”. Ma i segnali di una certa confusione interna restano. Il fatto è che, vista da Palazzo Chigi, la corrente, fondamentale nel passato recentissimo, è diventata stretta. Per nulla aiutata negli spazi di manovra dal retaggio bersaniano, dagli oltre tre anni nel ruolo di vicesegretario e dal naufragio post elettorale che pure ha fornito a Letta l’occasione, insperata, sottolinea spesso, per approdare al governo. E al momento, a Letta, servono equilibri sottili interni ed esterni. “Letta è al governo e il governo è la sua carta, la chance”, confermano i suoi, da Francesco Sanna, consigliere doc, per decreto, come ama sottolineare, a Francesco Russo, segretario generale di Trecentosessanta, attiva oggi solo sul territorio, prevalentemente in Veneto, specie Vicenza, e in Campania, a Marco Meloni allo stesso Vaccaro, alle altrettanto fedeli Alessia Mosca e Paola De Micheli.  A Monica Nardi, ufficio stampa del Letta premier, insieme a Giammarco Trevisi, dopo essere passata per la comunicazione di “veDrò”.

    “Letta non vuole essere intruppato nei discorsi intra-partito. Non perché ci siano frizioni tra lui e il gruppo parlamentare, ma perché vuole apparire al di sopra delle correnti e addirittura dello stesso partito” dice un dirigente del Pd che conosce benissimo il premier, ma che non vuole essere citato. “Coltiva molto il profilo di uomo al di sopra di tutto”, aggiunge smontando la lettura dominante del discorso al Meeting di Rimini, rilanciata per esempio da Marco Meloni: Letta pronto a sfidare Renzi alle eventuali primarie per la premiership e in testa nel gradimento degli italiani nei sondaggi recenti. “Letta non farebbe mai le primarie contro Renzi, mai la competizione aperta fra post dc”, scommette il dirigente democrat. Due visioni opposte che testimoniano due diversi piani subordinati alla durata del governo da una parte e alla natura della legge elettorale dall’altra. Perché un conto è muoversi in uno schema proporzionale, un altro misurarsi con il maggioritario.

    Letta vuole rimanere alla presidenza del Consiglio fino al semestre europeo e coinvolgere su questo obiettivo e sulla scrittura della nuova legge di stabilità la parte più ampia del Pd. Questo del resto aveva detto alla riunione del gruppo parlamentare il 20 luglio scorso, prima della condanna di Berlusconi. In questo caso Letta può coltivare ambizioni diverse: in lontananza, ha compiuto 47 anni ieri, persino il Quirinale, sussurra qualcuno. E intanto può lasciare che i suoi lo raccontino per nulla spaventato da Renzi e in perfetta sintonia con Napolitano, citato nei preamboli a tutti i discorsi e per la verità anche in apertura del documento di Boccia. “Ma chi ci crede alla versione di Boccia ai ferri corti con Letta?”, commenta il renziano Giachetti, “Attraverso il documento di Boccia si critica il lascito di Bersani, punto” commentano osservatori smaliziati. Se una convergenza c’è in questa fase è piuttosto con l’ex rivale Dario Franceschini  con il quale condivide lo smarcamento da D’Alema, che non gli ha perdonato l’esclusione dalla Farnesina.