
Se il ballo di Lady Spread aiuta i Pigs
Il rialzo dello spread tra Btp italiani e Bund tedeschi – che ieri ha chiuso a 280 punti, meno dei 285 di due giorni fa ma comunque più in alto della settimana scorsa – segnala un ritorno delle preoccupazioni per le finanze dell’Eurozona. Ciò deriva in parte dalle incertezze elettorali, in parte dalla opacità del sistema bancario europeo. I problemi del Monte dei Paschi si sommano a quelli di altre banche, come quelle di Cipro, della Spagna e perfino dell’Olanda, nel rallentare i flussi del credito, mentre si prolunga la fase recessiva.
Il rialzo dello spread tra Btp italiani e Bund tedeschi – che ieri ha chiuso a 280 punti, meno dei 285 di due giorni fa ma comunque più in alto della settimana scorsa – segnala un ritorno delle preoccupazioni per le finanze dell’Eurozona. Ciò deriva in parte dalle incertezze elettorali, in parte dalla opacità del sistema bancario europeo. I problemi del Monte dei Paschi si sommano a quelli di altre banche, come quelle di Cipro, della Spagna e perfino dell’Olanda, nel rallentare i flussi del credito, mentre si prolunga la fase recessiva. L’insieme di questi fattori ha generato il tramonto dell’“euforia” che si era manifestata in gennaio circa il ritorno degli investimenti finanziari nel sud dell’Eurozona. Questo cambio di psicologia si è ripercosso anche sulla quotazione dell’euro, bloccando la sua ascesa con il dollaro: il cambio è arrivato a 1,35. Un livello di cinque punti maggiore di quello medio registrato nel 2012.
Lo scorso settembre la Banca centrale europea stimava che il cambio dell’euro si sarebbe collocato a 1,26 sul dollaro. C’è stato dunque un aumento di dieci punti rispetto alle stime della Bce. E vi era anche chi prevedeva che l’euro in pochi mesi sarebbe arrivato a 1,40, livello insostenibile per il nostro export. Tutto sommato, dunque, la fine dell’“euroforia” ci gioverebbe almeno per un po’. Oltre a indurre a una maggiore cautela, per i problemi del debito pubblico, la fine di questa luna di miele favorirebbe la ripresa della crescita perché agevolerebbe le esportazioni. Nel lungo periodo, però, non ha tutti i torti il presidente della Repubblica francese, François Hollande: un’Eurozona con una Banca centrale nel pieno dei suoi poteri deve iniziare a ragionare anche di un’autonoma politica di cambio da perseguire consapevolmente.


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