La distextia, ultimo sintomo della deriva che ci vuole tutti disturbati

Giorgio Israel

Un tempo c’era la vecchia cara dislessia. Poi, a tenerle compagnia nel mondo delle “dis,” sono giunte la disortografia, la disgrafia e la discalculìa. Il quartetto (fiancheggiato dall’Adhd, la sindrome del bambino agitato) è stato oggetto di una legge sui Dsa (disturbi specifici di apprendimento) che prevede percorsi didattici speciali e garantiti per coloro che sono stati diagnosticati Dsa dal Servizio Sanitario Nazionale (o dai convenzionati).

    Un tempo c’era la vecchia cara dislessia. Poi, a tenerle compagnia nel mondo delle “dis,” sono giunte la disortografia, la disgrafia e la discalculìa. Il quartetto (fiancheggiato dall’Adhd, la sindrome del bambino agitato) è stato oggetto di una legge sui Dsa (disturbi specifici di apprendimento) che prevede percorsi didattici speciali e garantiti per coloro che sono stati diagnosticati Dsa dal Servizio Sanitario Nazionale (o dai convenzionati). Come si era previsto, il numero dei bambini “disturbati”, che era stato prudentemente indicato in un 3-5 per cento (più un altro 3-5 per cento di Adhd), sta crescendo di giorno in giorno e in alcune realtà locali ha raggiunto punte del 15 per cento. Logopedisti un po’ straniti sono impegnati ad aiutare a fare i compiti di bambini che non sanno incolonnare bene le cifre (perché questa sarebbe discalculìa). Ma ora questa prateria estesa sì, ma confinata ai piccoli, potrebbe diventare poca cosa se assorbiremo – magari anche legislativamente e come variabile indipendente dalla spending review – la novità che viene d’oltre oceano: la distextia.
    E’ un disturbo che si manifesta quando uno scrive un sms confuso e sconclusionato, pieno di errori e scambi di lettere. Qualche buontempone l’ha ricondotto alla condizione di una persona tanto pigra da usare a tal punto il chatspeak da diventare incomprensibile. Ma alcuni serissimi dottori statunitensi hanno ammonito che c’è poco da scherzare: la distextia è una cosa serissima. Potrebbe segnalare disturbi neurologici complessi e persino il sopraggiungere di un ictus. La teoria è corroborata dal caso di una signora bostoniana che, in visita ginecologica, inviava deliranti sms al marito, e poco dopo fu colpita da ictus. Una deduzione tipicamente “scientifica”, basata sull’intercambiabilità tra causa ed effetto.

    Ma quel che più interessa sono le prospettive che si aprono con il moltiplicarsi delle “dis” e, in particolare con la distextia. Altro che quei quattro gatti di bambini delle materne e delle elementari! Qui sono in ballo milioni di utenti della telefonia cellulare. Né si vede perché la tematica della distextia non possa essere estesa agli utenti della rete, di Facebook, di Twitter, a tutti coloro che chattano o inviano post ai blog: qui di testi sconnessi, sconclusionati e pieni di errori di battitura ce n’è a iosa. E state attenti, cari utenti, perché, se passa una legge per la distextia, al primo sms o post sconnesso il corrispondente premuroso potrebbe spedirvi un’équipe medico-psicologica a casa (e il conto della cura finirà pure nel redditometro).
    A questo punto, perché non cogliere l’occasione e andar oltre? Le vecchie “dis” non sono attraenti, bisogna puntare sui neologismi, tipo distextia. Per esempio, la dislalia è generica. Ma volete mettere se considerassimo la distelefonia (fissa e mobile), ovvero il parlare sconnesso e caotico al telefono? Invece della desueta distopia si potrebbe introdurre il distopismo, la tendenza a farsi immagini cupe del futuro. Così sarebbe possibile medicalizzare l’esercito dei pessimisti. Trascuro suggerimenti eccessivi, come il patologizzare la distrazione e la dissimulazione né darò retta a qualche maleducato che ha parlato di dis-senteria. Ma basta guardarsi intorno per sentire quanta gente starnutisce in modo compulsivo, disordinato e rumoroso: è la distarnutìa, un disturbo che può colpire chiunque. Le praterie del West appariranno ridicole di fronte a quelle che i “dis” possono aprire agli “esperti”.