“Come Enrico VIII”. Il clero inglese teme le discriminazioni delle nozze gay

Paolo Rodari

Lo scontro rischia di divenire senza soluzione. Da una parte la chiesa cattolica, dall’altra il governo del conservatore David Cameron “reo” di volere le nozze gay – ovvero di aver dichiarato che sarà presentata il prossimo febbraio in Parlamento la proposta di legge sulle unioni fra persone dello stesso sesso. Oltre mille sacerdoti cattolici e tredici vescovi britannici, infatti, hanno reagito con forza scrivendo una lettera, pubblicata dal Daily Telegraph, in cui esprimono preoccupazioni sul progetto di legge.

    Lo scontro rischia di divenire senza soluzione. Da una parte la chiesa cattolica, dall’altra il governo del conservatore David Cameron “reo” di volere le nozze gay – ovvero di aver dichiarato che sarà presentata il prossimo febbraio in Parlamento la proposta di legge sulle unioni fra persone dello stesso sesso. Oltre mille sacerdoti cattolici e tredici vescovi britannici, infatti, hanno reagito con forza scrivendo una lettera, pubblicata dal Daily Telegraph, in cui esprimono preoccupazioni sul progetto di legge perché rischia, a loro dire, di minacciare le libertà religiose e di “ripristinare secoli di persecuzioni contro i cattolici”. “Se la legge sul matrimonio gay verrà approvata – dicono –, non saremo più in grado di fare il nostro lavoro di educatori e insegnanti nelle scuole ed entreremo, con il nostro credo, nell’illegalità”. E ancora: “Torneremo alla persecuzione di chi crede nel Papa, così come avvenne nei secoli di persecuzione dei cattolici in Inghilterra e così come avvenne per lo scisma di Enrico VIII che, volendo divorziare da Caterina d’Aragona, mandò all’aria la stabilità della chiesa nel nostro paese”.
    Certo, ritornare addirittura a Enrico VIII è forse troppo. Eppure dietro l’enfasi della lettera c’è un timore reale per i cattolici: quello di vedere “limitata seriamente la capacità di insegnare nelle nostre scuole, nei nostri centri di beneficenza e nei nostri luoghi di culto la verità sul matrimonio”. Ovvero, “la complementarietà naturale tra un uomo e una donna che conduce al matrimonio stesso”. Dicono che è “a causa di questa complementarità fisica che l’unione d’amore può portare a crescere i figli. Questo è il motivo per cui il matrimonio è possibile solo tra un uomo e una donna”.

    E’ da quando il governo britannico ha annunciato – era lo scorso dicembre – l’intenzione di presentare al Parlamento il progetto di legge che i rapporti con le gerarchie e il popolo cattolici si sono deteriorati. In Gran Bretagna, come anche in Irlanda, è ancora parecchio vivo il ricordo di un periodo, quello prima della cosiddetta “emancipazione del 1892” – il Catholic Relief Act –, in cui i cattolici si sono sentiti vittime di leggi repressive, con le restrizioni messe in pratica dal sedicesimo secolo in poi dalla Riforma protestante. Prima del 1892 di fatto vigevano leggi che impedivano ai cattolici di acquistare terreni, essere membri del Parlamento e praticare la loro religione senza essere soggetti a punizioni. Poi la svolta eppure il ricordo di ciò che è stato sia ancora presente.
    Le parole più dure contro Cameron sono state pronunciate qualche settimana fa dal vescovo Joseph Devine di Motherwell in Scozia. E’ stato lui a lanciare un durissimo monito al primo ministro britannico colpevole, appunto, “di voler liberalizzare il matrimonio omosessuale”. Ripreso dai principali quotidiani del Regno, il vescovo ha detto brutalmente a Cameron di “non essere all’altezza”, spiegando anche che i cristiani non possono avere fiducia in lui a causa delle contraddizioni fra le sue dichiarazioni in materia religiosa e le sue conseguenti azioni.

    Qualche mese fa, in 2.500 chiese cattoliche del Regno venne fatta leggere una lettera dell’arcivescovo Vincent Nichols, leader della chiesa cattolica di Inghilterra e Galles e dell’arcivescovo di Southwak Peter Smith, in cui si affermava che con la nuova legge il matrimonio si troverebbe svuotato di parte del suo valore e incoraggiano i fedeli a fare quanto possono per difendere quest’istituzione. Una lettera dura, anche questa, che conferma una linea che muove direttamente dal Vaticano e che arriva a pioggia a tutti gli episcopati. La linea che chiede fermezza e capacità di non cedere di fronte alle sfide del mondo. Ciò che sta avvenendo in queste ore in Francia è soltanto un esempio. Da tempo analoghe battaglie avvengono negli Stati Uniti dove gli scontro fra vescovi e lobby gay sono all’ordine del giorno. Così anche in Italia la reazione ufficiale del Vaticano a una sentenza della Corte di Cassazione che – alla prima lettura dei media – sembrava aprire alla possibilità di fare crescere figli in coppie omosessuali era stata immediata.