Consigli non richiesti al futuro governo sull'eurodiplomazia

Domenico Lombardi

Il prossimo governo negozierà la fase più critica della crisi. La finestra temporale nella quale tali negoziati avverranno è tra la fine del 2014 e il 2017. Nell’autunno del 2013, la Germania avrà eletto un nuovo governo ma occorre attendere il 2014 perché l’Unione europea rinnovi sia il suo Parlamento che la Commissione. Ne consegue che il periodo tra la fine del 2014 e il 2017, ultimo anno di governo per il neo eletto cancelliere tedesco e per l’attuale presidente francese, dovrebbe essere quello maggiormente compatibile con le dinamiche multidimensionali del ciclo politico europeo e, pertanto, potenzialmente più fecondo.

    Il prossimo governo negozierà la fase più critica della crisi. La finestra temporale nella quale tali negoziati avverranno è tra la fine del 2014 e il 2017. Nell’autunno del 2013, la Germania avrà eletto un nuovo governo ma occorre attendere il 2014 perché l’Unione europea rinnovi sia il suo Parlamento che la Commissione. Ne consegue che il periodo tra la fine del 2014 e il 2017, ultimo anno di governo per il neo eletto cancelliere tedesco e per l’attuale presidente francese, dovrebbe essere quello maggiormente compatibile con le dinamiche multidimensionali del ciclo politico europeo e, pertanto, potenzialmente più fecondo.

    Quale dovrebbe essere l’agenda italiana in questi negoziati? In un sondaggio elaborato da alcuni esperti della Brookings Institution di Washington sulla crisi dell’Eurozona, viene radiografato il modesto progresso compiuto nei vari comparti delle politiche economiche necessarie a uscire dall’attuale crisi. In assenza di un progresso più significativo, le economie meridionali dell’Eurozona sono condannate a un periodo protratto di stagnazione economica. Gli esperti consultati hanno fornito la valutazione più bassa al progresso compiuto nell’ambito dell’unione politica: Javier Solana, ex super ministro degli Esteri europeo l’ha definita come “tappa conclusiva” di un più ampio percorso di riforma. Ex aequo con la valutazione più bassa, il comparto delle politiche relative alle misure di aggiustamento e di riequilibrio della competitività. Il progresso compiuto dalle economie sotto stress presenta problemi di sostenibilità nel medio periodo, sottolineano gli esperti del pensatoio di Washington, perché l’aggiustamento intra-Eurozona è stato sinora interamente a carico delle economie debitrici tramite politiche deflattive di compressione della domanda interna. A fronte di tale compressione, è emblematico che la Germania vanti un avanzo nel suo conto corrente con l’estero superiore a quello della Cina, sia in relazione al pil che in valori assoluti.

    Gli altri comparti problematici sono quelli relativi alle politiche per la cosiddetta unione bancaria e fiscale. Nel caso della prima, occorrerà definire nel prossimo futuro importanti modalità con cui la decisione politica raggiunta la scorsa settimana al vertice europeo verrà resa operativa, inclusa la possibilità di un fondo di tutela dei depositi a livello dell’Eurozona. Rispetto all’unione fiscale, viene ribadito dagli esperti della Brookings, il Fiscal compact rafforza la disciplina di bilancio sì, ma nulla aggiunge rispetto all’esigenza di creare maggiore spazio per le politiche fiscali. Eppure, su questo aspetto di creare un bilancio comune con valenza “assicurativa” per arginare choc avversi e dare slancio alle politiche controcicliche, il vertice della scorsa settimana ha deciso di rinviare qualsiasi discussione al (prossimo) futuro. Il comparto che ha registrato la valutazione più elevata è quello relativo al rafforzamento del ruolo della Banca centrale europea. In realtà, si tratta di un risultato abbastanza ovvio, dato il ruolo maggiormente proattivo che la Banca centrale europea di Mario Draghi ha svolto nell’ultimo anno, prima con il rifinanziamento, di fatto illimitato, del sistema bancario dell’Eurozona, e, più recentemente, con l’introduzione del programma Outright monetary transactions (Omt) per l’acquisto potenzialmente illimitato, ma condizionato, dei titoli pubblici dei paesi sotto stress.
    E’ sulla capacità di incidere su questi aspetti, solo in apparenza tecnici, e di declinarli in base all’esigenza della sicurezza economica nazionale che andrà misurata la credibilità delle coalizioni che si presentarenno alle prossime elezioni politiche di febbraio. In tal senso, gli endorsement che vengono da Berlino al presidente del Consiglio, Mario Monti, vanno interpretati con cautela perché potrebbero essere controproducenti.