“E' tutta colpa di quei sibariti di Bloomsbury”. Scruton sulle nozze gay

Giulio Meotti

“Noi inglesi siamo sempre stati pionieri sull’omosessualità”. Roger Scruton, settantenne docente di Filosofia alla St. Andrews University, culla di cultura e nobiltà britanniche, autore di trenta libri che ne hanno fatto il più noto filosofo conservatore inglese (è stato definito dal Sunday Times “the brightest intellect of our time”), commenta così col Foglio l’introduzione del matrimonio gay da parte del governo conservatore di David Cameron.

    “Noi inglesi siamo sempre stati pionieri sull’omosessualità”. Roger Scruton, settantenne docente di Filosofia alla St. Andrews University, culla di cultura e nobiltà britanniche, autore di trenta libri che ne hanno fatto il più noto filosofo conservatore inglese (è stato definito dal Sunday Times “the brightest intellect of our time”), commenta così col Foglio l’introduzione del matrimonio gay da parte del governo conservatore di David Cameron. Scruton, che ha dedicato alla chiesa d’Inghilterra il suo ultimo libro, “Our Church”, una sorta di viaggio personale nell’anglicanesimo, sostiene che “i tre veleni pubblici del nostro tempo sono la correttezza politica, la pornografia e la plastica. Il primo avvelena il pensiero, il secondo l’amore, il terzo il mondo. E’ a causa della correttezza politica che il governo inglese ha adottato il matrimonio gay, anche se non lo ha mai proposto al proprio elettorato. La lobby gay in Inghilterra è fortissima e intimidisce politici e giornalisti. Ogni opposizione alla cultura gay è demonizzata in nome della ‘omofobia’, che è il nuovo crimine ideologico. Ma l’approvazione delle nozze gay è come Enrico VIII che cerca l’approvazione ecclesiastica per il suo divorzio. La chiesa che fece endorsement cessò di essere la chiesa il cui endorsement Enrico stava cercando”.

    Come altri “crimini intellettuali”, sostiene Scruton, l’omofobia manca di una definizione legale. “L’unico modo per restare al sicuro è chiudere la bocca, oppure abbracciare il coro e gridare ‘omofobia’ quando è il proprio turno. Prununcia un giudizio considerato come ‘razzista’, ‘sessista’ o ‘omofobico’ e sei fuori. E non importa che non sia colpa tua, o che tu, come l’eroe del grande romanzo di Philip Roth ‘La macchia umana’, abbia usato la parola nel suo significato tradizionale. Lo vediamo già con alcuni vescovi anglicani, ansiosi di sventare l’accusa di omofobia più che di difendere l’idea biblica di matrimonio”. Scruton attacca “questo sentimentalismo aggressivo che cerca di dominare la sfera pubblica. Un sentimentalismo che definisco ‘totalitario’. I cittadini non possono protestare, perché i sentimentalisti sono riusciti a far approvare leggi contro il ‘linguaggio dell’odio’ e a inventare crimini come l’‘islamofobia’. E’ una tendenza legislativa che riguarda famiglia, scuola, relazioni sessuali, tutte poste sotto il controllo di un ‘soft power’ che legifera dall’alto”.

    Scruton, che oggi sul quotidiano Times firma proprio una column contro il premier Cameron, dice che il primo ministro risente dell’influenza della cultura british dominante da oltre un secolo.
    “L’omosessualità è stata una questione importante in Inghilterra fin dal processo a Oscar Wilde, ma è stata la nuova élite a farne una sorta di distinzione morale. Penso all’esteta John Maynard Keynes, l’amante gay di Lytton Strachey e Duncan Grant, il leader degli apostoli di Cambridge che ha avuto la più grande influenza sulle politiche economiche del XX secolo. Anche in Francia l’omosessualità è presente con Jean Cocteau, Max Jacob e André Gide, ma cultura e politica lì sono distinte, rive droite e rive gauche sono separate dal grande monumento di Notre Dame. In Inghilterra chi ha dominato l’arte ha plasmato anche la politica. Come i circoli bohémien di Soho e Bloomsbury, Bertrand Russell, Virginia Woolf, Wystan Auden, l’ortodossia di sinistra con la sua sessualità sibaritica”.

    Scruton commenta così la legge inglese: “E’ emerso ‘l’omosessuale pubblico’, il propagandista flamboyant dell’‘altro’. Poi è emerso il ‘gay pride’ e il ‘coming out’ delle figure pubbliche. Gli attivisti gay non vogliono soltanto la tolleranza, vogliono che l’omosessualità diventi ‘normale’. Così usano la legge per far avanzare la loro agenda. La discriminazione razziale o religiosa è stata eliminata, perché le nostre società devono essere ‘cieche’ sulle differenze etniche e religiose se vogliono evitare i conflitti. Non è solo una ragione pragmatica. E’ che siamo eredi dell’Illuminismo. Ma introdurre l’orientamento sessuale nella ‘non discriminazione’ dei sistemi legali moderni significa normalizzare l’omosessualità. Molti vedono anche questa estensione come un illuminismo. Però i diritti, emersi dalla speculatio medievale sulla giustizia naturale, non sono messi al sicuro semplicemente per il fatto di dichiararli. Una pura etica della liberazione non funziona”.

    Scruton chiude così sul significato del matrimonio. “La nascita, il matrimonio e la morte sono delle fasi metafisiche, in cui non ci sono soltanto gli individui a essere coinvolti, ma l’intera comunità. Per questo l’introduzione del matrimonio gay non è una questione terminologica, ma una decisione che influenza il mondo sociale. Significa degradare il matrimonio da status a contratto, significa che non è più una istituzione sociale ma una mera negoziazione temporanea. Il significato del matrimonio invece è sociale, non individuale, e ogni tentativo di riscriverlo come un accordo fra viventi è la negazione del suo vero significato, ovvero di un patto fra i vivi e i non nati”.

    • Giulio Meotti
    • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.