Come sarà l'intervento in Siria

Daniele Raineri

Il Cairo. Oggi comincia a Marrakech, in Marocco, l’incontro dei “Friends of Syria”, il gruppo di nazioni che appoggia l’opposizione al governo del presidente Bashar el Assad. Questo incontro potrebbe aprire la strada all’intervento internazionale in Siria, dove negli ultimi 21 mesi una guerra civile brutale ha fatto più di 40 mila morti. Non c’è certezza su nulla, ma si può provare a fare un’ipotesi sull’intervento dall’esterno.

    Il Cairo. Oggi comincia a Marrakech, in Marocco, l’incontro dei “Friends of Syria”, il gruppo di nazioni che appoggia l’opposizione al governo del presidente Bashar el Assad. Questo incontro potrebbe aprire la strada all’intervento internazionale in Siria, dove negli ultimi 21 mesi una guerra civile brutale ha fatto più di 40 mila morti. Non c’è certezza su nulla, ma si può provare a fare un’ipotesi sull’intervento dall’esterno.

    Se l’America dichiara “terrorista” un gruppo ribelle siriano. Il dipartimento di stato americano due giorni fa ha messo il gruppo ribelle siriano Jabhat al Nusra, in arabo “il fronte del sostegno al popolo”, sulla lista dei “terroristi globali”, come al Qaida. Jabhat al Nusra usa contro Assad le stesse tattiche dell’organizzazione creata da Bin Laden, come gli attentati suicidi, le autobomba, le decapitazioni, e nei suoi proclami la sua retorica è simile, ma non ha mai compiuto un attentato contro l’America o contro interessi americani, o anche soltanto fuori dalla Siria, e il suo unico obiettivo dichiarato è la caduta del governo Assad, non ha obiettivi internazionali. Nell’indifferenza globale alla guerra civile siriana, il gruppo islamista ha provato di essere micidiale in combattimento: da settembre in poi non c’è stata una grande operazione dei ribelli nella zona di Aleppo che non sia stata ordinata da Jabhat al Nusra – o diretta in coordinamento con gli altri ribelli. Domenica gli estremisti hanno catturato la base 111, a ovest di Aleppo, una gigantesca installazione militare che ancora resisteva agli assalti dei ribelli e ora, a ovest della città ancora contesa tra governo e opposizione, non resta più una sola grande base in mano all’esercito regolare. Gli altri ribelli ammettono che Jabhat al Nusra sta facendo la differenza sul campo, anche se temono il suo fervore religioso – fuori posto in Siria. Allora perché il Fronte è finito sulla lista americana dei “terroristi globali”? Gli americani vogliono separare i gruppi affidabili da quelli che non lo sono e nelle loro basi avanzate in Turchia e Giordania hanno creato una cosiddetta “lista bianca” dei ribelli da aiutare. Mettere Jabhat al Nusra tra i “terroristi” ha conseguenze legali, da ora in poi il Qatar e l’Arabia Saudita dovranno fare attenzione a chi appoggiano, armano e finanziano per non essere accusati di stare con i terroristi. Inoltre, ora la presenza sulla lista autorizza il lavoro delle polizie e dei servizi segreti per sorvegliare e ostacolare il flusso degli aspiranti jihadisti che da ogni parte del mondo, anche dall’Europa, sono attirati come da un magnete verso Jabhat al Nusra. C’è soprattutto una terza conseguenza: l’annuncio del dipartimento di stato americano è la potenziale piattaforma di lancio per un intervento armato in Siria. La Casa Bianca non può lasciare che i depositi di armi chimiche dell’esercito siriano cadano nelle mani di un gruppo terrorista globale. Obama ha dichiarato che “l’uso delle armi chimiche è la linea rossa che farà scattare la reazione americana”. Se il governo di Assad non fosse più in grado di mantenere la sicurezza, allora la comunità internazionale ha l’opportunità, anzi, si potrebbe parlare di “obbligo”, d’intervenire. In questo caso le operazioni militari dentro la Siria non sarebbero rivolte direttamente contro Assad, ma a rilevare i siti delle armi chimiche esposti. E’ chiaro però che lo scenario sarebbe stravolto.

    Se i terroristi siriani si avvicinano troppo alle armi chimiche di Assad. Quanto sono vicini i terroristi di Jabhat al Nusra ai depositi delle armi chimiche? Secondo le informazioni disponibili prima della guerra civile, i componenti chimici che miscelati diventano letali sono conservati in luoghi protetti e separati e ce ne sarebbero almeno 75. Nel flusso incontrollato di notizie in questi ultimi giorni, si è detto anche che questo tipo di armi sarebbero ora concentrate in cinque basi dell’aviazione militare, che rimane l’arma più integra e fedele al governo di Assad. I media prima americani e poi inglesi hanno riportato confidenze dell’intelligence secondo cui i siriani avrebbero miscelato i precursori chimici in piccole quantità, creando così in effetti una riserva pronta all’uso di gas nervino Sarin – che è micidiale ma altamente instabile e corrosivo, diventa inutilizzabile nel giro di dieci settimane. Israele sta dando il diazepam ai medici militari: è usato contro gli attacchi con il gas nervino. La settimana scorsa Jabhat al Nusra ha conquistato el Sephira, una cittadina nell’est del paese a tre chilometri da uno dei depositi più grandi – fra quelli che sono conosciuti – delle armi chimiche. Nelle foto satellitari è poco a sud rispetto all’abitato, circondato da un terrapieno largo 50 metri.

    Se i generali parlano con i ribelli via Skype. Dai media sale un ronzio inverificabile sulla possibilità di un’imminente azione militare a favore dei ribelli. Il numero domenicale del Times – quello di solito dedicato agli scoop – sostiene che l’Amministrazione Obama sta cedendo ai ribelli uno stock di armi pesanti comprato dalla Libia, residuato funzionante degli arsenali di Gheddafi, e ora intende appoggiare i ribelli in guerra, lasciando perdere gli aiuti “non letali”. Pochi giorni prima il Times aveva intervistato una fonte militare dentro il Pentagono, che aveva assicurato: “Siamo in standby, siamo pronti a intervenire nel giro di pochi giorni”. Ieri altra stampa inglese, Guardian e Independent, raccontavano di un meeting – poche settimane fa – tra il capo di stato maggiore britannico, il generale David Richards, e generali di Francia, Stati Uniti e Turchia, più due paesi arabi che già hanno partecipato alle operazioni in Libia, il Qatar e gli Emirati Arabi Uniti (manca l’Italia). Il giornale francese Figaro venerdì ha pubblicato la notizia che militari francesi sono entrati in Siria per parlare con i ribelli e avere un quadro esatto, e gli incontri sono avvenuti tra il confine libanese e la capitale Damasco. Anche militari americani e inglesi si sono incontrati con i ribelli, scrive il Figaro, ma dietro il confine turco, “per paura di rapimenti”. Il Pentagono passerebbe giornate a parlare con i ribelli dentro la Siria via Skype. Decidere di chi fidarsi e di chi no potrebbe essere il compito più pericoloso, più che la reazione armata di Assad.

    Se inglesi e francesi si addestrano a intervenire in Siria. Francesi e inglesi negli ultimi tre mesi hanno compiuto una serie di esercitazioni complessivamente chiamate Cougar 2012, in cui unità specializzate sono sbarcate su coste mediterranee, hanno catturato avamposti nemici con azioni da commando e hanno evacuato la popolazione civile. Una tappa è stata in Corsica, l’altra in Albania. Lo scopo, hanno detto Londra e Parigi, era affinare una task force che può intervenire in crisi internazionali con poco preavviso. Alcuni osservatori sostengono fosse tagliata su misura per un’operazione in Siria.

    Se l’America prepara il dopo Assad. Dopo la visita del presidente russo Vladimir Putin in Turchia, la settimana scorsa, e l’incontro a sorpresa tra il segretario di stato, Hillary Clinton, e il ministro degli Esteri russo, Sergey Lavrov, appare chiaro che Mosca, per dirla con un diplomatico russo, “ha ormai accettato l’idea che tra un anno Assad non sarà più al suo posto”. Clinton oggi intende riconoscere l’opposizione come legittimo rappresentante della Siria al vertice di Marrakech, dove dovrebbe essere formato anche un cosiddetto “governo di transizione”, che quindi nasce mentre ancora il governo di Assad è saldamente al potere. Nel frattempo, per provare a dare qualche garanzia agli alleati esterni, i gruppi della guerriglia hanno annunciato la formazione di un “Comando militare unificato”, sotto la guida del generale di brigata Salim Idris – da cui i gruppi estremisti come Jabhat al Nusra sono esclusi.

    • Daniele Raineri
    • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)