Stan Lee: una vita a fumetti

Stefano Priarone

“Ascoltatemi, discepoli: Il vostro leader non vi ha abbandonati! In un tentativo di assomigliare al mio amico vendicatore Tony Stark mi sono fatto mettere un pacemaker vicino al cuore, così potrò guidarvi per altri novant’anni!”. Così a fine settembre Stan “The Man” Lee ha commentato, nel suo solito stile ironico, il fatto di aver dovuto mettere un pacemaker. Nato come Stanley Lieber a New York il 28 dicembre 1922 il co-creatore della maggior parte dei personaggi della Marvel Comics sta per compiere novant’anni in splendida forma. Ma chi è davvero Stan Lee?

di Stefano Priarone

    “Ascoltatemi, discepoli: Il vostro leader non vi ha abbandonati! In un tentativo di assomigliare al mio amico vendicatore Tony Stark mi sono fatto mettere un pacemaker vicino al cuore, così potrò guidarvi per altri novant’anni!”. Così a fine settembre Stan “The Man” Lee ha commentato, nel suo solito stile ironico, il fatto di aver dovuto mettere un pacemaker. Nato come Stanley Lieber a New York il 28 dicembre 1922 il co-creatore della maggior parte dei personaggi della Marvel Comics sta per compiere novant’anni in splendida forma. Ma chi è davvero Stan Lee? Il pubblico generalista lo conosce bene come il creatore dell’Universo Marvel, visti i tanti cameo nei film dei suoi supereroi (i vari Spider-Man, Iron Man, X-Men, Hulk, il blockbuster della scorsa estate Avengers), mentre d’altra parte molti fra i fan più accesi arrivano a negargli la qualifica, accusandolo di avere defraudato grandi autori come Jack Kirby e Steve Ditko.  Il discorso è complesso.

    A inizio anni Sessanta la casa editrice che sarebbe diventata la Marvel nella quale Lee lavora sin da adolescente (l’editore è un suo cugino acquisito, Martin Goodman) e di cui è da tempo redattore capo è in piena crisi, a un passo dal fallimento. Fanno un tentativo disperato: nel 1961 esce il primo numero di Fantastic Four (con data di copertina novembre) di Stan Lee e Jack Kirby, che mostra supereroi molto diversi rispetto a quelli classici della rivale DC Comics (Batman, Superman): litigano fra di loro, sono depressi (la Cosa dei Fantastici Quattro non accetta di avere un aspetto mostruoso), sono supereroi con superproblemi. L’anno successivo tocca all’Uomo Ragno (Lee e Steve Ditko), un teenager secchione senza amici che acquisisce la forza proporzionale di un ragno e causa involontariamente la morte dell’amato zio Ben, e a Hulk, uno scienziato che si trasforma in mostro (ancora Lee e Kirby). È la nascita del cosiddetto Universo Marvel, popolato di eroi ricchi di umanissime debolezze, destinato a un grande successo. Ma Lee non è uno sceneggiatore classico: non descrive minuziosamente vignetta per vignetta in una sceneggiatura che poi consegna al disegnatore, si limita a fornire una breve trama (a volte solo orale) e ad aggiungere i dialoghi sulla base dei disegni realizzati.

    Il disegnatore è quindi a tutti gli effetti un co-sceneggiatore. Lee adotta questo metodo per potersi occupare di tutti gli albi (i primi tempi è praticamente l’unico scrittore della casa editrice) e anche per assecondare la strabordante creatività di Kirby e Ditko. Peraltro, non è certo un mistero: lo dichiara in tutte le interviste, sin dagli anni Sessanta, ed è fra i primi a inserire i credits negli albi, spesso dando un soprannome ai vari autori: lui diventa “The Man” o “Smilin’ Stan”, Kirby “The King”, Ditko “Sturdy Steve”, il suo braccio destro Roy Thomas (a sua volta eccellente scrittore, suo buona parte del merito del successo a fumetti di Conan il Barbaro) è “The Boy”. Basti pensare che, contemporaneamente, in buona parte del mondo i fumetti uscivano anonimi: Carl Barks, creatore di personaggi disneyani come Paperon De’ Paperoni, i Bassotti e Amelia, era quasi totalmente ignoto (i giovani lettori dovevano credere che tutte le storie fossero di Walt Disney). Lascia il ruolo di redattore capo (“editor in chief”) negli anni Settanta, diventando una sorta di uomo immagine della Marvel. I personaggi non sono suoi, ma della casa editrice, però è ben remunerato per il suo ruolo, a differenza di Kirby e Ditko, semplici freelance, e così, a partire dalla fine degli anni Ottanta, con un’intervista al vetriolo di “The King”, infuriato con la Marvel, scoppia la polemica. Per molti fan accesi, Lee sarebbe un imbroglione, avrebbe sfruttato grandi disegnatori e i veri creatori del Marvel Universe sarebbero loro.

    The Man sarebbe l’emblema di come le grandi compagnie sfuttano la creatività. Se indubbiamente Kirby, Ditko e altri disegnatori meriterebbero maggiori riconoscimenti (ma nel corso degli anni la famiglia di Kirby – morto nel 1994 – in parte gli ha avuti, specie di natura economica) Lee non va affatto sottovalutato. “The King” era più geniale di Lee come autore, è vero, ma senza i dialoghi brillanti (che aggiungono complessità alla storia e ai personaggi), e il coordinamento editoriale di Lee non sarebbe nata la Marvel come la conosciamo. Quando nel 1970 Kirby va alla DC per litigi con Lee crea la saga del Quarto Mondo: abbiamo la grandiosità e il sense of wonder di Kirby ma mancano i dialoghi scoppiettanti, la leggerezza e l’ironia di Lee che hanno reso grande la Marvel (e infatti le serie del Quarto Mondo hanno breve vita). Lee crea lo stile Marvel: quel mix di ironia e soap opera che rende davvero innovativi i suoi personaggi. Inoltre per decenni scrive tutti gli editoriali: il suo linguaggio, ironico e allitterativo diventa un marchio di fabbrica (il lettore Marvel per Lee è un “Vero Credente”), il “bullpen” (la redazione Marvel), raccontato da “The Man”, ha il fascino degli X-Men o dei Vendicatori. E lo stesso Lee è ormai un’icona globale: un editor-scrittore più noto di tanti disegnatori.  Ed è per questo che non possiamo che fargli gli auguri con la classica chiosa dei suoi editoriali: Excelsior!