La crisi europea non è finita/2

Il malato d'Europa

David Carretta

La Francia non uscirà dalla crisi economica almeno fino al 2016. A dirlo non è Moody’s, l’agenzia di rating che lunedì ha cacciato la Francia dal suo club della tripla A, unendosi al coro di avvertimenti sui mali economici che colpiscono la seconda economia della zona euro. Per Moody’s, che ha tagliato il rating da AAA a Aa1, la Francia soffre di “una sostenuta perdita di competitività”, di “rigidità nei mercati del lavoro, dei beni e dei servizi”, di “un calo della domanda interna ed esterna”, e dell’eccessiva esposizione alla periferia della zona euro “attraverso il suo sistema bancario”.

    Strasburgo. La Francia non uscirà dalla crisi economica almeno fino al 2016. A dirlo non è Moody’s, l’agenzia di rating che lunedì ha cacciato la Francia dal suo club della tripla A, unendosi al coro di avvertimenti sui mali economici che colpiscono la seconda economia della zona euro. Per Moody’s, che ha tagliato il rating da AAA a Aa1, la Francia soffre di “una sostenuta perdita di competitività”, di “rigidità nei mercati del lavoro, dei beni e dei servizi”, di “un calo della domanda interna ed esterna”, e dell’eccessiva esposizione alla periferia della zona euro “attraverso il suo sistema bancario”. A tracciare un bilancio altrettanto pessimistico della situazione economica francese, almeno dal punto di vista politico, è l’agenzia di rating popolare. Secondo un sondaggio Csa, solo il 2 per cento dei francesi ritiene che il paese uscirà dalla crisi il prossimo anno. Il 15 e il 17 per cento indica il 2014 o il 2015 come data per il ritorno alla normalità. Ma per quasi la metà dei francesi – il 49 per cento – ci vorranno più di tre anni perché la Francia si rimetta sui binari giusti. Fino ad allora, secondo il 59 per cento, la politica economica di François Hollande avrà “effetti negativi” sulla situazione finanziaria.

    Il governo ha reagito al declassamento di Moody’s, che segue quello del gennaio scorso da parte di Standard & Poor’s, attribuendone la colpa ai cinque anni di Nicolas Sarkozy. “Si tratta di una sanzione di ciò che non è stato fatto nel passato, delle riforme che non sono state realizzate”, ha detto il ministro dell’Economia, Pierre Moscovici: “La fiducia globale nei confronti dell’economia francese non è rimessa in discussione”. I rendimenti degli Oat (Obligations Assimilables du Trésor) decennali rimangono a un livello storicamente basso, appena sopra il 2 per cento contro una media del 4,12 per cento tra il 1999 e il 2008. Lo spread sui Bund, che un anno fa aveva toccato il record di 314 punti per i timori di un declassamento francese, si è mosso di poco dopo Moody’s. I mercati continuano a pensare che, in caso di disintegrazione della zona euro, la Francia rimarrà ancorata all’area economica e monetaria della Germania: gli Oat sono ancora considerati un valore-rifugio. Eppure, dopo la copertina dell’Economist sulle baguette esplosive, il declassamento di Moody’s costituisce l’ennesimo “avvertimento serio”, ha spiegato la presidente del Medef (la Confindustria francese), Laurence Parisot. “Di fronte a questa allerta dobbiamo fare tutte le riforme che permettano di rilanciare la nostra competitività”.

    Dopo un inizio mandato incentrato sulle tasse e la demonizzazione dei ricchi, Hollande e l’esecutivo socialista stanno tentando di recuperare un rapporto con il mondo dell’impresa attraverso il Patto di competitività. I 20 miliardi di riduzione del costo del lavoro hanno contribuito a migliorare il clima. Anche Moody’s riconosce “un forte impegno alle riforme strutturali e al consolidamento di bilancio (…) che nel medio termine potrebbero mitigare alcune delle rigidità strutturali e migliorare le dinamiche del debito della Francia”. Ma i ministri pro business sono minoritari nel Partito socialista. Il Patto di competitività non è lo choc da 60 miliardi di taglio di cuneo fiscale chiesto dalle imprese. Le altre grandi riforme sono state delegate alle parti sociali. Il declassamento di Moody’s rischia di peggiorare la situazione di un settore bancario già fragile per la sua esposizione alla periferia della zona euro.

    Anche la zona euro è vittima della degradazione della situazione francese. Ieri Moody’s ha annunciato di voler valutare “le implicazioni del declassamento della Francia” sul rating AAA della Facility Europea di Stabilità finanziaria e del Meccanismo europeo di stabilità. L’agenzia potrebbe tagliare anche il rating dei due Fondi salva stati, facendo salire il costo del salvataggio dei paesi in difficoltà. Nel circolo vizioso delle garanzie e dell’esposizione alla periferia, anche Germania, Finlandia, Olanda e Lussemburgo rischiano di perdere la tripla A. La crisi della zona euro non è finita e, secondo il presidente del gruppo liberale all’Europarlamento Guy Verhofstadt, l’Europa “ha bisogno di un vero firewall”.