Non sarà il rigorismo punitivo a salvarci

Domenico Lombardi

Le difficoltà politiche nella gestione della crisi europea nascono anche dalle difficoltà analitiche nel formulare programmi di stabilizzazione per le economie appartenenti all’Eurozona. Di fronte all’accumulo di deficit e debito pubblico, la risposta tipica del Fondo monetario internazionale (Fmi) è di avviare un processo di consolidamento fiscale temperandone gli effetti recessivi, ove possibile e appropriato, per mezzo di una politica monetaria accomodante e la svalutazione del tasso di cambio.

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    Le difficoltà politiche nella gestione della crisi europea nascono anche dalle difficoltà analitiche nel formulare programmi di stabilizzazione per le economie appartenenti all’Eurozona. Di fronte all’accumulo di deficit e debito pubblico, la risposta tipica del Fondo monetario internazionale (Fmi) è di avviare un processo di consolidamento fiscale temperandone gli effetti recessivi, ove possibile e appropriato, per mezzo di una politica monetaria accomodante e la svalutazione del tasso di cambio. In seguito al severo inasprirsi della turbolenza dei mercati in Italia e Spagna, il Fmi era stato lapidario: “I paesi che si trovano sotto un’intensa pressione dei mercati non hanno altra scelta che procedere alla riduzione del proprio deficit fiscale per intero e senza indugio”. Per questo, in risposta all’enorme pressione internazionale, il nostro paese ha messo diligentemente in atto un piano biennale di aggiustamento fiscale equivalente a 5 punti percentuali di pil. A fronte di queste misure, l’Italia, notava il Fmi il 9 luglio scorso, è diventata l’economia dell’Eurozona con il più alto avanzo primario di bilancio. Tant’è che il consiglio direttivo, nello stesso mese, “lodava le autorità [italiane] per l’avvio di un significativo aggiustamento fiscale”.

    A Washington si riconosceva, tuttavia, che “l’economia è destinata a contrarsi ulteriormente nell’anno in corso riflettendo difficili condizioni di mercato, un rallentamento dell’economia globale e il necessario consolidamento fiscale”. Proprio nei prossimi giorni, il Fmi annuncerà una (ulteriore) revisione al ribasso delle previsioni per il pil italiano, la cui contrazione attesa per l’anno in corso si attesterebbe nell’intervallo di meno 2,2-2,4 punti. Un aggiustamento fiscale eccessivamente sbilanciato in avanti rischia dunque di comprimere l’attività economica vanificando, almeno in parte, il conseguimento degli stessi obiettivi di natura fiscale in assenza di politiche compensative. E’ quello che sta accadendo negli altri paesi sotto stress dell’Eurozona, in cui il rapporto debito/pil sta aumentando proprio perché il denominatore è in contrazione.

    Il caso della Spagna è particolarmente istruttivo, soprattutto se paragonato all’Italia, perché rivela una saggezza apparentemente assente nelle valutazioni formulate dal Fmi sull’Italia. Nella discussione del consiglio direttivo del Fondo su Madrid, datata 25 luglio, si legge che “sul fronte fiscale, lo scostamento pari al 3 per cento del pil dall’obiettivo di deficit, risultato assai peggiore che nelle attese, riflette le difficoltà del consolidamento fiscale”; ciò nonostante, “i direttori esecutivi lodavano le autorità spagnole per le loro azioni di politica economica” e “notavano con favore un nuovo pacchetto di misure fiscali volto a un consolidamento più equilibrato nella sua dinamica temporale e nel contesto di una crescita più fiacca”. Proprio la necessità di un rallentamento nel consolidamento fiscale in Spagna è stata reiterata giorni fa in un importante discorso pubblico tenuto dal direttore generale del Fmi, Christine Lagarde. Per l’Italia, la necessità strategica di distinguersi dalla Spagna diventa ancor più rilevante oggi se, come nelle attese, Madrid richiedesse l’assistenza della Bce. In tal caso, l’Italia potrebbe essere, ancora una volta, esposta al contagio di un altro paese dell’Eurozona e costretta a richiedere un’assistenza di cui non dovrebbe aver bisogno. Purtroppo, le valutazione asimmetriche del Fmi non hanno aiutato a differenziare opportunamente le valutazioni che i mercati hanno di queste due economie.

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