Tesi liberiste per l'Europa

Redazione

Ricordo il primo giorno che ho messo piede a Oxford. Era il 1982 e dovevo sostenere un colloquio per entrare al Pembroke College: gli esaminatori mi chiesero che cosa pensavo del marxismo e io risposi che ero un rifugiato della Polonia comunista, e che non avevo ancora incontrato un solo marxista. Sono sicuro che i commissari si saranno fatti qualche risata pensando a quel che mi sarebbe accaduto: non ero assolutamente pronto alla “Repubblica sovietica di Balliol”, come veniva chiamato allora quel college di Oxford.

di  Radoslaw Sikorski

    Ricordo il primo giorno che ho messo piede a Oxford. Era il 1982 e dovevo sostenere un colloquio per entrare al Pembroke College: gli esaminatori mi chiesero che cosa pensavo del marxismo e io risposi che ero un rifugiato della Polonia comunista, e che non avevo ancora incontrato un solo marxista. Sono sicuro che i commissari si saranno fatti qualche risata pensando a quel che mi sarebbe accaduto: non ero assolutamente pronto alla “Repubblica sovietica di Balliol”, come veniva chiamato allora quel college di Oxford. L’anno seguente ho avuto un discreto successo alla Oxford Union, prestigiosa società di discussione della città. Organizzai un dibattito attorno a una mozione provocatoria: “Questo consesso crede che la stabilità della Polonia sia essenziale per la pace in Europa”. L’idea in questione implicava l’uso della legge marziale e la permanenza del dominio sovietico, ma avevo due alleati nobili come Leszek Kolakowski e Timothy Garton Ash: battemmo la mozione, anche se per poco. Poi fui eletto nel Comitato permanente dell’Unione. Partecipai alla campagna per diventare segretario e persi per un soffio contro un rivale di Christ Church. Pembroke era un college troppo piccolo, in quel momento ho capito che in politica le dimensioni contano – e questo vale anche per altre attività. Ecco la mia formazione politica: oggi potete vedere dove mi abbia condotto.

    Da allora la vita mi ha portato molte esperienze formative. E’ interessante quel che succede quando diventi ministro degli Esteri, ci sono ufficiali servizievoli che cominciano a ronzarti intorno come le farfalle, fino a quando uno di loro non ti passa un dossier top secret intitolato: “Come essere un ministro degli Esteri”. La cartella è piena di appunti su quello che devi e quel che non devi fare una volta al lavoro, ma credo che decenni di saggezza burocratica si possano riassumere con una frase che ho sentito nella serie tv “Yes, Prime minister”: interferire nelle beghe interne di altri paesi è come stare su una corda molto scivolosa; persino il segretario agli Esteri l’ha capito! E’ con questo spirito che ho deciso di interferire in modo sconsiderato negli affari del Regno Unito.

    Voglio offrirvi qualche spunto su un tema che è molo sensibile presso l’opinione pubblica britannica, ovvero il vostro status nell’Unione europea, e voglio provare a cambiare alcune opinioni. Il risultato non ufficiale dell’ultimo sondaggio di YouGov dice che il 67 per cento dei britannici vorrebbe un referendum sull’Ue, e che soltanto il 19 per cento è contrario a questa idea. Il 42 per cento, poi, sostiene che voterebbe per restare nell’Unione, ma il 34 per cento vorrebbe uscirne. Voglio dirvi questo: non fatelo! Se volete capire che cosa intendo, dovete conoscere la strada che ho percorso per arrivare a questa idea. Sono polacco e appartengo alla generazione di Solidarnosc, quella che aiutò ad abbattere il comunismo. Da Oxford sono partito per l’Afghanistan, dove ho raccontato la resistenza antisovietica. Ho vissuto negli Stati Uniti e ho lavorato per l’American Enterprise Institute. Sono un fervente sostenitore del libero mercato e la signora Thatcher – possa vivere in eterno – mi ha inserito nei ringraziamenti del suo libro “Statecraft”. Rappresento un governo che ha meritato elogi per la rettitudine fiscale, e vi ricordo che il nostro ministro delle Finanze, Jacek Rostowski, è stato nel Partito conservatore britannico. In altre parole, ho tutti i requisiti che servono per entrare a far parte del più potente club degli euroscettici di Londra. Ma credo che il disegno europeo sia logico e giusto, per questo la Polonia farà tutto il possibile perché questo progetto riesca. E penso anche che il vostro paese sia vulnerabile a parecchi miti che riguardano l’Ue. Lasciate che li dissolva uno a uno.

    Mito numero uno: i rapporti commerciali fra la Gran Bretagna e l’Ue sono meno importanti di quelli con il resto del mondo. A dire il vero, nel 2011 il vostro deficit negli scambi con la Cina è salito a 19,7 miliardi di sterline. E siete in deficit anche con la Russia. Il vostro successo commerciale è in Europa. Lì è diretta la metà delle vostre esportazioni, sino a poco tempo fa facevate più affari con l’Irlanda del nord che con il Brasile, la Russia, l’India e la Cina messi insieme. I vostri scambi con la Polonia sono triplicati fra il 2003 e il 2011.
    Mito numero due: l’Ue costringe la Gran Bretagna ad adottare leggi sui diritti umani che sono contrarie alle tradizioni del paese. Il fatto è che quelle leggi arrivano dalla Corte europea dei diritti umani, e la Corte non fa parte del sistema Ue: è il frutto del Consiglio europeo, un’istituzione nata molto tempo prima con il vostro nobile contributo. In questo, gli euroscettici criticano l’Ue per atti di istituzioni completamente separate.
    Mito numero tre: il Regno Unito sta finendo in bancarotta per colpa dell’Europa. Dovete sapere che il mostruoso budget dell’Ue equivale all’1 per cento del pil dei paesi che ne fanno parte. Voi contribuite al bilancio europeo con 8 o 9 miliardi di sterline all’anno: è un impegno simile a quello della Francia ed è inferiore a quello della Germania. Si tratta di 15 sterline all’anno per ogni contribuente. E una parte di questi soldi torna a casa: le compagnie britanniche che si occupano di trasporti e lavori pubblici hanno ottenuto grandi benefici dai fondi che sono stati investiti nei paesi dell’est. Le nuove infrastrutture hanno avvantaggiato anche i vostri esportatori: livelli di consumo più alti in quelle regioni significano nuovi mercati. Il governo britannico ritiene che ogni famiglia “guadagni” fra le 1.500 e le 3.500 sterline all’anno grazie al mercato unico. Insomma, è uno scambio.
    Mito numero quattro: il Regno Unito è soffocato dalla burocrazia europea. E’ vero, 33 mila persone lavorano alla Commissione Ue, ma è vero anche che ce ne sono 82 mila nei soli uffici delle tasse di Sua Maestà. In Polonia, un paese con 38 milioni di abitanti, la burocrazia impiega 430 mila persone – e pensiamo che siano troppe. In Spagna sono almeno tre milioni. Al contrario dei suoi membri, l’Ue ha istituzioni abbastanza snelle.

    Mito numero cinque: il Regno Unito annega nella legislazione europea e nelle direttive scellerate che arrivano da Bruxelles. Le norme sulle banane e sulle salsicce fanno ridere anche noi, ma non si tratta di errori che vanno imputati all’Ue. Di solito quelle leggi sono proposte da qualche stato membro che cerca di proteggere vecchie colonie o prodotti nazionali, e c’è sempre un negoziato con gli altri paesi. In altre parole, non bisogna pensare che le direttive siano diktat: sono regole che i rappresentanti del governo britannico accettano di rispettare. Ma le leggi ispirate dall’Ue non sono che una scheggia rispetto a quel che il vostro Parlamento discute: secondo la Camera dei Comuni, soltanto il 6,8 per cento della legislazione primaria e il 14,1 per cento di quella secondaria hanno a che fare con l’Ue. 
    Mito numero sei: la Commissione europea è la tana del socialismo. Dalle leggi sul traffico aereo a quelle sugli aiuti pubblici alle imprese – passando per le norme sul mercato dell’energia – l’Ue ha aiutato a smantellare i monopoli nazionali e a prevenire qualsiasi norma anticompetizione.
    Mito numero sette: attraverso le disposizioni sul lavoro, l’Ue impedisce ai britannici di avere orari più lunghi rispetto a quei fannulloni degli europei. Dovete sapere che i polacchi lavorano una media di 40,5 ore a settimana, i greci 42, gli spagnoli 38,1. La media europea è di 37,2 ore a settimana. E i britannici quanto lavorano? In media 36,2 ore.
    Mito numero otto: la nuova legislazione Ue sui pesticidi impedisce a noi britannici di usare i fondi del caffè in giardino per fermare le lumache. La risposta è no, non succederà. I pesticidi devono essere approvati prima della vendita al dettaglio e i prodotti che si usano al loro posto, come il caffè, non rientrano in questa categoria. Come avviene per altre storielle sull’Ue, si tratta semplicemente di un’invenzione.

    So che alcuni vorrebbero uscire dall’Unione, ma non completamente. Questo è il presupposto dal quale partono: dato che il mercato britannico è troppo prezioso rispetto al resto del continente, il governo dovrebbe negoziare un accordo che salvaguardi tutti i vantaggi acquisiti, ma senza costi politici e finanziari. La mia risposta è la seguente: non contateci. Molti in Europa avrebbero rancore nei confronti di un paese che ha lasciato l’Unione per ragioni egoistiche. Siete un mercato importante per gli altri paesi membri, ma non dimenticatevi che l’Ue rappresenta circa il 50 per cento del vostro commercio estero. Non è difficile immaginare chi avrebbe la meglio nel caso di un negoziato. Quindi pensateci bene: in Europa ci sono 500 milioni di consumatori con lo standard di vita più elevato del pianeta, il Fmi e la Banca mondiale dicono che il pil del continente è due volte e mezzo quello della Cina e nove volte quello dell’India. Volete perdere i privilegi che già avete?

    Ma gli euroscettici hanno argomenti ancora più estremi: bisogna lasciare l’Ue a qualsiasi costo per riconquistare la libertà sul fronte internazionale, è meglio essere il Canada che l’Illinois. Certo, il Regno Unito fuori dall’Ue avrebbe più margini di manovra, ma sarebbe meno potente e meno libero. La Gran Bretagna da sola non soffrirebbe soltanto negli organismi multilaterali: siete sicuri che riuscireste a ottenere la stessa attenzione da Kuala Lumpur, Lagos e Bogotá? E anche da Washington? Al momento i vostri interlocutori sanno che parlate per contro di Londra e potete influenzare le decisioni che si prendono in Europa. Ma serebbe così in futuro? E siete sicuri che gli scozzesi, che sono molto più europeisti di voi, vi seguirebbero? Sono sicuro che David Cameron capisce quel che voglio dire: ritirarsi e diventare una specie di grande Svizzera andrebbe contro gli interessi britannici.
    I vostri leader possono decidere come usare la loro influenza sul continente. L’Europa è una potenza che parla inglese, il mercato unico è un’idea britannica e un vostro rappresentante è alla testa della diplomazia dell’Ue. Se soltanto lo voleste, potreste guidare anche le politiche sulla Difesa. Ma se rifiuterete, non aspettatevi che qualcuno di noi vi aiuti a paralizzare l’Ue: faremo di tutto per impedire che si torni al Ventesimo secolo e fareste bene a non sottovalutare la nostra determinazione. La Polonia vuole costruire uno spazio politico, economico e democratico in Europa insieme con alleati forti come la Germania e la Francia. Siamo convinti che l’Eurozona sopravviverà, perché i suoi leader lo vogliono. La Gran Bretagna è nota per le politiche basate sulla realtà, non sui miti: speriamo che torniate presto alla tradizione.
     

    di  Radoslaw Sikorski
    (Traduzione di Luigi De Biase)