Metodi e segreti della coppia d'investitori che fa ballare i Btp

Ugo Bertone

“Investitori, volete sapere un segreto? Volete sapere cosa hanno in comune Angela Merkel, François Hollande, Christine Lagarde e Mario Draghi? Vogliono tutti i vostri soldi!”. Parole in libertà? No, se a pronunciarle in un editoriale sul Financial Times è nientemeno che il re del reddito fisso: Bill Gross, 69 anni, che gestisce un portafoglio di 230 miliardi di dollari investito in obbligazioni e titoli di stato del pianeta. Sono anni che ci provano, continua il re di denari di Pimco, la società di gestioni ora posseduta da Allianz, ma che resta roba sua.

    Milano. “Investitori, volete sapere un segreto? Volete sapere cosa hanno in comune Angela Merkel, François Hollande, Christine Lagarde e Mario Draghi? Vogliono tutti i vostri soldi!”. Parole in libertà? No, se a pronunciarle in un editoriale sul Financial Times è nientemeno che il re del reddito fisso: Bill Gross, 69 anni, che gestisce un portafoglio di 230 miliardi di dollari investito in obbligazioni e titoli di stato del pianeta. Sono anni che ci provano, continua il re di denari di Pimco, la società di gestioni ora posseduta da Allianz, ma che resta roba sua. Voi, insiste Gross, uno che guadagna 100 milioni l’anno (il doppio di banchieri come Jamie Dimon di JPMorgan), state resistendo e portate i soldi in Svizzera o in Germania. Ma loro insistono: “Vogliono che voi siate meno frugali e che propendiate più verso il rischio. Vogliono che i vostri soldi sostituiscano i loro in Spagna, Italia e, ovviamente, in Grecia”. Difficile trovare, nel mondo dei mercati, qualcuno che ci faccia sapere in maniera così esplicita e “scorretta” come la pensano i mitici mercati. La musica nella sostanza non cambia, però, se a parlare è Mohammed El-Erian, il braccio destro e probabile successore di Gross, intellettuale raffinato e di casa ai piani alti del Fondo monetario internazionale. Lui, protagonista di una missione riservata in Europa (“ma non vi dico chi ho incontrato”), non è meno lapidario: “Le cose andranno senz’altro peggio prima che possano migliorare”. “Temo che stiamo diventando troppo dipendenti dalle Banche centrali – dice – Non ho dubbi che Mario Draghi e Ben Bernanke abbiano i mezzi per ottenere risultati brillanti, ma limitati”. Quel che ci vuole, spiega il guru massimo dei mercati monetari che ogni giorno rilascia “pillole” via Twitter, sono ben altre cose: un’azione fiscale comune (stimoli per qualcuno, stretta per altri), una riforma del mercato del lavoro da realizzare paese per paese. “Negli Stati Uniti – spiega – è urgente porsi il problema di rieducare la forza lavoro”.

    Nell’attesa di soluzioni che per ora non si vedono, El-Erian, nato a New York da papà egiziano, l’ambasciatore che condusse per conto di Sadat i negoziati di Ginevra culminati nella pace con Israele, non lascia molte speranze. “Sono tempi di straordinaria incertezza. Non è solo questione d’Europa. Ci sono grossi problemi fiscali negli States e non dimenticate la polveriera dell’Iran”.

    L’inutile lagna italiana su Goldman Sachs
    Non siamo di fronte a una situazione eccezionale, precisa El-Erian, ma a una “nuova normalità”, dominata da bassi profitti e da crescita ancor più modesta, in cui chi deve far fruttare i quattrini dei fondi di investimento e dei fondi pensione deve muoversi “con grande agilità”. Inutile, insomma, lamentarsi se Goldman Sachs taglia gli investimenti in Btp tra aprile e giugno, minacciando ritorsioni in nome dell’orgoglio italico e dimenticando che, nel trimestre precedente, era andata in maniera esattamente opposta. Di questi tempi, i gestori devono interpretare mercati volatili senza una direzione precisa o un trend definito. E’ il loro mestiere, del resto. Quelli in cui eccellono Gross, 69 anni, spalle robuste da trader che ama passare la giornata a comprare e vendere, magari architettando trappole in cui cadono gli operatori più ingenui, quei giovanotti che ogni giorno devono mettere a segno 5-600 operazioni. Una sorta di cowboy che cavalca il computer invece che uno stallone. E nessuno lo sa fare come lui, come dimostra il fatto che negli ultimi quindici anni chi si è fidato dei suoi consigli (la maggior parte dei cosiddetti investitori istituzionali) ha realizzato una perfomance media del 9,5 per cento annuo.

    El-Erian, all’apparenza, è di un’altra pasta: uomo di ottimi studi e di grande competenza, una lunga gavetta in sala operativa ma 15 anni passati nell’ufficio studi del Fmi, scelto da Lawrence Summers come tesoriere di Harvard (dicono i maligni che è scappato giusto alla vigilia del disastro del 2007, quando l’università si è trovata zeppa di titoli subprime) ha conquistato l’attenzione generale nel 1998, quando convinse Pimco a vendere tutti i bond argentini in portafoglio, due anni prima del default. E’ stato tra i primi a puntare sul boom degli emergenti, ma anche il primo, nell’aprile del 2010, a convincere Gross che occorreva tradire la tradizione della ditta consigliando ai clienti di puntare di più sul mercato azionario: i mercati del debito, in un mondo che affoga di debiti, rischiano di essere più pericolosi di una palude. E la strana coppia di Pimco l’ha scoperto a suo danno scommettendo sulla crisi dei T bond americani. L’intuizione era giusta: gli Stati Uniti erano destinati a perdere la tripla A, il bilancio pubblico peggiorava di mese in mese, la ripresa era insufficiente a rimediare al “buco” fiscale. Tutto vero, ma la Federal reserve è riuscita comunque a tener sotto controllo i mercati, punendo gli scettici. I signori di Pimco, capita la lezione, si sono adeguati. “Sono convinto – dice El-Erian – che i mercati continueranno ad andare così come stanno andando finché non cambieranno tre cose: primo, finché le Banche centrali non vedranno una crescita solida e la gente sarà meno nervosa. E’ difficile trovare una spiegazione per certi prezzi assurdi, penso alla valutazione dei T bond, ad esempio. Salvo che mettersi in testa che la gente ha paura. E che ce l’avrà per un bel po’”. E la gente non ha torto, secondo Bill Gross, a giudicare da come vanno le cose nel mondo. Vi stanno cercando di convincere, ammonisce il vecchio gestore, che è necessario che la soglia dei rendimenti di Spagna e magari dell’Italia non superi il tetto del 7 per cento. Ma vi prendono in giro: “Forse neanche il 4 per cento sarebbe una soglia sicura”. Il riferimento è a Italia e Spagna: d’altronde, dice, “ai tassi di crescita attuali e considerati i deficit, gli spread potrebbero aggiungere un 2-3 per cento al rapporto debito/pil di Roma e Madrid”. Così parlò l’uomo che influisce, più di tutti, a determinare l’umore dei mercati. Anzi, l’uomo-mercato per eccellenza che ogni mattina, alle cinque e trenta del mattino, percorre a passo di corsa la distanza che separa la sua villa di Laguna Beach dall’ufficio di Newport, California. Qui, il suo braccio destro Mohammed El-Erian è già al lavoro da un paio d’ore con il suo staff (otto gestori, più altri tre a rotazione), gli occhi appiccicati al terminale per seguire gli scambi in Europa, prima dell’apertura di Wall Street. Poi comincia la danza. Ma a ballare sono Btp e Bonos.