Il mondo è pieno di gente che sta a casa

Scrivere tra le lettiere bolognesi e chiedersi come faceva Spinoza senza discese

Paolo Nori

L’otto di agosto, verso le due del pomeriggio, devo vedere una persona, in centro, a Bologna, prendo la mia bicicletta e mi butto giù per la discesa, io abito leggermente in salita, venendo da Bologna, quando torno a casa è un po’ faticoso, quando vado verso Bologna è bellissimo, buttarsi giù a testa bassa verso la città tentacolare. L’otto di agosto, verso le due del pomeriggio, non c’è in giro quasi nessuno; qualche tassista, davanti alla Coop, con delle magliette arancioni e degli occhiali da sole che son tutti abbronzati sembrano dei bagnini.

    L’otto di agosto, verso le due del pomeriggio, devo vedere una persona, in centro, a Bologna, prendo la mia bicicletta e mi butto giù per la discesa, io abito leggermente in salita, venendo da Bologna, quando torno a casa è un po’ faticoso, quando vado verso Bologna è bellissimo, buttarsi giù a testa bassa verso la città tentacolare.
    L’otto di agosto, verso le due del pomeriggio, non c’è in giro quasi nessuno; qualche tassista, davanti alla Coop, con delle magliette arancioni e degli occhiali da sole che son tutti abbronzati sembrano dei bagnini, un signore elegante in via Andrea Costa, che nonostante il caldo non rinuncia alla giacca e ha un portaocchiali di quelli da tenere appesi al collo ne aveva uno così Bertinotti chissà che fine ha fatto, Bertinotti, mi chiedo sulla mia bicicletta; che io vorrei fare un libro che sarebbe un rifacimento di un libro che ha fatto Guccini, “Il dizionario delle cose perdute”, che è vero che i libri è una brutta cosa, copiarli, però mi vien da pensare che Sciascia, per esempio, ha rifatto il “Candido” di Voltaire, perché io non potrei rifare “Il dizionario delle cose perdute” di Guccini.
    Che lui, Guccini, ci ha messo la banana (intesa come ciuffo), il flit (inteso come Ddt), la naia (intesa come servizio militare), il tubetto di dentifricio (quelli vecchi), io ci metterei i bicchieri infrangibili, la lucidatrice, i bigodini, il telefono a gettoni, la bici da cross con il sellino lungo, le siringhe che si bollivano, la Citrosodina, i grembiuli delle elementari e chissà quante altre cose, magari ci metto anche Bertinotti, ho pensato sulla mia bicicletta che ero già quasi in centro che c’era un po’ più di gente prevalentemente lattiginosa, di carnagione, e poi ho parcheggiato la mia bicicletta intanto che parcheggiavo pensavo che è meglio di no, Bertinotti lasciamolo stare.
    Poi sono entrato nella libreria Ambasciatori, ho comprato tre libri, uno per leggerlo (“Il problema Spinoza”, di Irvin Yalom), uno per recensirlo (“La questione morale”, di Enrico Berlinguer), uno per averlo (“Il secolo breve”, di Eric Hobsbawn).
    Spinoza come idea mi piace molto ma lo conosco pochissimo. Mi sembra un po’ difficile. Ho letto Deleuze che diceva che lui, Spinoza, diceva che il solletico era una gioia locale, e ho letto un capitolo del suo “Trattato teologico-politico” dove lui, Spinoza, ebreo, diceva che quel fatto che gli ebrei sarebbero il popolo eletto, Dio, sì, l’ha detto, ma l’ha detto così, per convincerli, non ci credeva davvero, come si può pensare che ci credesse davvero?, ha scritto più o meno Spinoza e mi è rimasto molto simpatico, anche se è un po’ difficile, per me.
    Dopo è arrivata la persona che dovevo vedere, l’ho vista, adesso non posso dire chi è, dico solo che mi ha proposto di fare un lavoro che adesso ci penso. Un lavoro che sarebbe molto impegnativo, pensavo tornando sulla mia bicicletta, adesso vediamo.
    Poi mi fermavo a fare la spesa, saran state le tre, non c’era nessuno, nella Coop di via Andrea Costa, alle tre del pomeriggio dell’otto di agosto.
    Compravo una lettiera per gatti che da pochi giorni avevo due gatti, avevo due lettiere diverse, ne volevo due uguali. Che d’estate, a me, mi vien questa voglia di ordine, di pulizia. Ho pulito anche il frigo, ieri, pensavo.
    Riprendevo poi la mia bicicletta, e nello scendere dalla discesa della Coop di via Andrea Costa pensavo altre tre cose, la prima, che un anno fa circa io ho incontrato un editore che mi ha sentito leggere e mi ha detto che io ero un talento inesploso; la seconda, che io sono quasi quindici anni che faccio questo mestiere che se tutto va bene lo faccio per altri trent’anni e che nei prossimi trent’anni vorrei continuare a fare questo mestiere e a essere inesploso; che esplodere, io, non so come dire, preferirei non esplodere; la terza, che io quando sono in discesa mi vengono da pensare un sacco di cose.
    Che forse la discesa è proprio la condizione ideale del pensatore. Anche se Spinoza, per dire, abitava in Olanda che di discese non ce n’è mica tante, m’è venuto da pensare in salita intanto che tornavo nel mio appartamento.
    Che quando pochi minuti dopo ci sono arrivato, ho aperto la porta ho gridato: “Peppa, Avvocato, dove siete? Venite a vedere che vi ho comprato la lettiera nuova”.

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