Contro la litania di chi dice che "è colpa di Batman"

Mariarosa Mancuso

Non si chiudono le scuole dopo Columbine, non si vietano i raduni e i campeggi giovanili dopo Oslo, non si tirano giù le saracinesche dei supermercati dopo una scatoletta esplosiva, non si vieta “Il giovane Holden” perché lo leggeva l’assassino di John Lennon. Sarà difficile però impedire ai superstiziosi di considerare Batman il nuovo Superman, nel senso del supereroe maledetto. Già lo si guardava con tristezza, pensando al suicidio di Heath Ledger alias “The Joker”.

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    Ai romanzieri son concessi giri di frase vietati ai giornalisti che si occupano di cronaca. “Non sembrava una serata da orrori. Perlomeno, non da orrori reali”. Lo scrive Joe R. Lansdale nel suo racconto “La notte del drive-in” (caldeggiato sul risvolto di copertina dell’edizione Einaudi da Niccolò Ammaniti: “Consiglierei a un analfabeta di imparare a leggere solo per poter conoscere Lansdale”). Siamo all’Orbit, la più grande arena del Texas. Può ospitare 4.000 automobili (le cittadine attorno contano meno abitanti), con due occupanti di media, senza contare gli scrocconi nascosti nel bagagliaio. Ogni venerdì organizza la Grande Nottata Horror: “Sei schermi che grondano secchi di sangue e sparano decibel di urla dal tramonto all’alba”. Finché, come nell”“Angelo sterminatore” di Luis Buñuel, la gente si ritrova intrappolata, in balia di un ridacchiante Re del Popcorn.

    A Denver è successo davvero, in occasione dell’anteprima di “The Dark Knight Rises”, l’ultimo Batman movie diretto da Christopher Nolan. Il vendicatore mascherato ha fatto irruzione in sala, scambiato per un figurante incaricato di movimentare la serata con un po’ di esplosioni aggiunte a quelle che passavano sullo schermo. Il film più atteso dell’estate americana fa da sfondo a una strage che fa venire i brividi, e a nessuno piace andare al cinema passando attraverso il metal detector. Le proiezioni comunque – tranne il gran galà parigino con attori e regista – non verranno sospese.

    Il racconto di Lansdale è del 1988. Una ventina di anni prima Peter Bogdanovich aveva girato il suo primo film – “Bersagli”, prodotto da Roger Corman – immaginando un altro horror che fa cortocircuito con la cronaca. Anche questo in un drive-in, dove un veterano del Vietnam si rifugia dopo aver ucciso la moglie e qualche passante. Si proietta “La vergine di cera” con Boris Karloff. Sarà proprio l’anziano attore, sul punto di ritirarsi perché “l’orrore in celluloide non può competere rispetto agli orrori reali”, a salvare gli spettatori offrendosi come bersaglio. Il killer spara all’immagine sullo schermo, ingannato da un gioco di specchi. Il giovane regista di origine serba conquista all’istante il cuore dei cinefili.

    Speriamo che basti a evitare la litania sui danni percepiti imputabili ai film dell’orrore: i pazzi esistono, i mezzi e i luoghi scelti per commettere le loro atrocità sono poco rilevanti. Non si chiudono le scuole dopo Columbine, non si vietano i raduni e i campeggi giovanili dopo Oslo, non si tirano giù le saracinesche dei supermercati dopo una scatoletta esplosiva, non si vieta “Il giovane Holden” perché lo leggeva l’assassino di John Lennon. Sarà difficile però impedire ai superstiziosi di considerare Batman il nuovo Superman, nel senso del supereroe maledetto. Già lo si guardava con tristezza, pensando al suicidio di Heath Ledger alias “The Joker”: faccia color gesso, ghigno deformante che lo fa somigliare a “L’uomo che ride” di Victor Hugo.    

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