Così Agnelli ha surfato sull'umore dei tifosi per fare di nuovo grande la Juve

Francesco Caremani

Andrea Agnelli ha preso in mano una società debole, rasa al suolo da Calciopoli e da molti errori di mercato. Con pazienza la sta ricostruendo, sia dal lato sportivo, quello più evidente, sia da quello economico e politico. La terza stella non è mai stato un oggetto, semmai uno strumento per cercare di riequilibrare il peso bianconero all’interno dei palazzi del calcio. Ma questo i tifosi non l’hanno capito, restando fortemente delusi su ciò che considerano un dietrofront. Che poi la scritta “30 sul campo” sia la soluzione migliore è tutto da vedere.

    “Abbiamo ancora fame”. Uno slogan, una promessa, quella della Juventus per la nuova campagna abbonamenti, che ha fatto storcere la bocca (e non solo quella) a tanti tifosi e blogger juventini. “Siete peggio di Monti. A quando l’Imu sul seggiolino?”, “Avete ancora fame? Ce ne siamo accorti”, “… la passione non è un business. Noi non siamo clienti… Noi siamo la Juve”. Questo il tenore di alcuni striscioni affissi in Corso Galileo Ferraris alcune settimane fa e, se come diceva Nanni Moretti “le parole sono importanti”, quel “Noi siamo la Juve” la dice lunga su come ancora i curvaioli percepiscono il calcio e su come il football contemporaneo sia distante anni luce da passione e ricatti psicologici tipici degli anni Ottanta e Novanta.

    L’aumento della curva è sintomatico: da 275 a 350 euro, per i vecchi abbonati, per i nuovi il costo sarà di 390, compresa la prima di Coppa Italia, il derby e la prelazione sulle partite di Champions League. Costi che arrivano ai 1.090 euro per l’Est Centrale 1° Anello: “Se il prezzo aumenta ma ottengo una crescita dei servizi in termini qualitativi allora può anche essere giusto e chiaramente si va in questo modo a fare una selezione della clientela/tifoseria. Più alzo l’asticella del pricing, più avrò come club un target elevato di utenti/spettatori” sottolinea Marcel Vulpis direttore dell’agenzia sporteconomy.it. In molti dimenticano, infatti, che lo Juventus Stadium è di proprietà del club; è come entrare in casa d’altri, sono loro che decidono chi può accedere e come.

    Nella stagione appena conclusa la società bianconera ha registrato dall’impianto un incasso di circa 26 milioni di euro, soldi non sufficienti a segnare il passo verso una vera crescita. Lo stesso ad Giuseppe Marotta ha sottolineato come fino ad ora lo stadio sia stato sfruttato solo al 50 per cento delle sue potenzialità. Obiettivo non dichiarato? Quaranta milioni di euro, partendo dall’aumento degli abbonamenti e sperando in una Champions League entusiasmante oltre che lunga. Ma c’è di più.

    Calciopoli ha lasciato il segno sul tifoso juventino più di quanto lo abbia lasciato nella società. C’è stata una mobilitazione senza precedenti, c’è chi s’è costruito una professione, scavando un solco profondo tra curva e club, come se la prima si fosse appropriata armi e bagagli del secondo. La curva voleva Conte? E' arrivato Conte (per fortuna di tutti, visti i risultati e il gioco espresso). La curva vorrebbe indietro i due scudetti tolti dalla giustizia sportiva? Ed ecco Andrea Agnelli alla carica di Lega e Federazione per riavere indietro ciò che a suo tempo gli avvocati bianconeri "restituirono". La curva vuole la terza stella sulla maglia? E per tutto l’anno si parla quasi esclusivamente di quello. Anzi ci sono juventini che ritengono questi aspetti più importanti dello scudetto vinto e della rinascita sportiva della Juventus, errore di valutazione di non poco conto, quando molti campioni bianconeri hanno più volte sussurrato (Buffon in testa) quanto sia importante guardare avanti e godersi le nuove vittorie.

    Andrea Agnelli ha preso in mano una società debole, rasa al suolo da Calciopoli e da molti errori di mercato. Con pazienza la sta ricostruendo, sia dal lato sportivo, quello più evidente, sia da quello economico e politico. La terza stella non è mai stato un oggetto, semmai uno strumento per cercare di riequilibrare il peso bianconero all’interno dei palazzi del calcio, un peso in questi ultimi anni spostato tutto sul rossonero. Ma questo i tifosi non l’hanno capito, restando fortemente delusi su ciò che considerano un dietrofront. Che poi la scritta “30 sul campo” sia la soluzione migliore è tutto da vedere: di sicuro andranno a ruba queste maglie, così come quelle dove poter attaccare la terza.

    Jean-Claude Blanc, incompreso da tutti, ha lasciato la grande eredità dello stadio (sta facendo la stessa cosa al PSG col Parco dei Principi e i petrodollari), eredità che la nuova dirigenza ha saputo cogliere alla grande e che vuole sviluppare ulteriormente.
    Andrea Agnelli ha saputo surfare sugli umori della curva, smarcandosi (anche con l’aumento degli abbonamenti, come già accaduto per certi versi in Inghilterra) appena possibile da una deriva pericolosa, sia come presidente che come club moderno e lanciato verso la sostenibilità economica. Uno degli slogan preferiti dai tifosi bianconeri recita più o meno così: “Noi siamo la Juve, gli altri no”. Sì, ma noi chi?