Verso Italia-Germania

Assedio a Berlino

Francesco Caremani

Non ci sono più le mezze stagioni, gli inglesi non hanno il bidet e la Germania è sempre competitiva. Alla sagra europea delle banalità quella sulla nazionale tedesca resiste e trova nei numeri la sua consistenza. Negli ultimi tre mondiali è arrivata sempre tra le prime quattro: un secondo e due terzi posti. Agli Europei ha giocato sei finali perdendone tre, l’ultima nel 2008 contro la Spagna.

    Non ci sono più le mezze stagioni, gli inglesi non hanno il bidet e la Germania è sempre competitiva. Alla sagra europea delle banalità quella sulla nazionale tedesca resiste e trova nei numeri la sua consistenza. Negli ultimi tre Mondiali è arrivata sempre tra le prime quattro: un secondo e due terzi posti. Agli Europei ha giocato sei finali perdendone tre, l’ultima nel 2008 contro la Spagna. Potremmo continuare con le frasi fatte, ma l’italica scaramanzia impone di soprassedere. Una cosa però è certa: le quattro semifinaliste sono il meglio che attualmente il calcio continentale sa offrire. Considerando che la Francia deve ancora debellare qualche virus sudafricano, il calcio inglese nella sua dizione letterale non esiste più, che l’Olanda continua a sprecare occasioni e talento e che all’Est devono ancora imparare che il football è soprattutto continuità, parte da Italia, Portogallo e Spagna, dopo il tentativo a vuoto della Grecia (da cui l’acronimo PIGS), l'assedio dei paesi europei in difficoltà economica ai tedeschi, virtuosi per definizione. Soprattutto nel calcio.

    Spasmodica attenzione ai bilanci (scarso indebitamento), stadi sempre pieni (grazie a impianti di terza generazione che generano ulteriori ricavi) e come diretta conseguenza grande capacità di attirare nuovi e munifici sponsor. Ecco in sintesi il successo economico della Bundesliga (leader nei ricavi medi per club sugli sponsor di maglia) che ha introdotto il fair play finanziario prima che Michel Platini lo coniasse.

    Tradurre tutto questo in successi sportivi non è così automatico, anzi. La Germania non vince i Mondiali dal ’90 e l’Europeo dal ’96; l’ultima Coppa Uefa è del ’97 (Schalke04) e l’ultima Champions del 2001 (Bayern Monaco). In soldoni, quello tedesco è un calcio competitivo sotto ogni aspetto ma non domina, come ci si aspetterebbe, e non fa scuola, nonostante i due Europei giovanili vinti nel 2008 (Under 19) e nel 2009 (Under 21).

    L’esempio spagnolo fa invece da contraltare ed è eclatante. L’indebitamento dei club di prima e seconda divisione si aggira intorno ai 5 miliardi di euro, senza contarne l’esposizione verso le banche al centro della crisi economica. Eppure è il movimento campione d’Europa (anche Under 21 e 19) e del mondo in carica, capace di conquistare 6 Champions League negli ultimi vent’anni (3 Real Madrid, 3 Barcellona) e 5 Europa League nello stesso periodo. Vero è che oramai in Spagna esistono due campionati paralleli: uno lo giocano Real e Barça, l’altro chi rimane, non solo sul piano sportivo ma anche su quello economico. Basti pensare che merengues e blaugrana sono i due primi club nella Football Money League redatta dalla Deloitte (stagione 2010-11), rispettivamente con 479,5 e 450,7 milioni di euro di ricavi, ragion per cui sono anche quelli che rischiano di meno di fronte all’indebitamento.

    Il Portogallo, pur avendo alle spalle anni di sobrietà economica (nelle ultime nove stagioni le campagne acquisti, a parte il 2008-09, hanno avuto sempre saldo positivo) ha iniziato a scricchiolare quando a fine campionato i giocatori dell’Uniao Leiria hanno minacciato di non scendere in campo perché non ricevevano lo stipendio. I club tra il 2004 e il 2010 avrebbero contratto 13 milioni di euro di debiti nei confronti dello stato. Niente se confrontato col debito dei club italiani e spagnoli, ma per un movimento le cui maggiori entrate sono rappresentate dalle cessioni all’estero delle stelle della Nazionale il rischio era quello di non avere un grande futuro. Nonostante questo, quello portoghese rappresenta ancora una scuola, di calciatori e allenatori, capace di vincere anche qualche coppa europea (sempre e solo con il Porto). La Super Liga lusitana nell’ultima stagione ha visto aumentare il suo pubblico dell’8,6 per cento, la Bundesliga del 5,7 per cento, la Liga dello 0,8 per cento. In Italia, invece, è diminuito del 6,8 per cento e il movimento, pur rappresentando la quinta economia nazionale, con 2,5 miliardi di euro prodotti, ha un indebitamento di poco superiore: 2,6. Negli ultimi vent’anni abbiamo vinto cinque Champions, dal ’99 non sappiamo più cos’è l’Europa League, nel 2004 l’ultimo titolo europeo Under 21, nel 2006 la quarta stella mondiale.

    Una volta, ed in parte è ancora vero, si soleva dire che la rappresentativa oltre a esprimere il meglio del calcio nazionale era anche indice della salute di un intero movimento. In queste due grandi semifinali ci sono campioni, tecnici di valore, e anche quattro modi diversi d’intendere il football. Ma il rigore finanziario, nel calcio, non è certezza di vittoria e nemmeno di blasone. Forse è per questo che i tedeschi stanno già facendo gli scongiuri.