“Mauro il migliore, vorrei che il giornale se lo scrivesse da solo”

Paolo Nori

Sabato 16 giugno, al mattino, sono andato in centro a Bologna per il festival organizzato dal quotidiano la Repubblica (e intitolato la Repubblica delle idee). Avevo visto il programma e avrei voluto vedere l’incontro con l’economista Roubini; un fotografo, il giorno prima, mi aveva detto che lui era venuto a Bologna soprattutto per fotografare Roubini che era famosissimo, e a me, anche se Roubini non l’avevo sentito mai nominare, e anche se la fama mi verrebbe da dire che non è una cosa che normalmente mi attira, a me era nata dentro l’aspettativa di un incontro bellissimo, con Roubini.

Leggi La fatuità di Repubblica è tutta nelle bretelle dei suoi giornalisti - Leggi Ma che ci faccio io qui?

    Sabato 16 giugno, al mattino, sono andato in centro a Bologna per il festival organizzato dal quotidiano la Repubblica (e intitolato la Repubblica delle idee). Avevo visto il programma e avrei voluto vedere l’incontro con l’economista Roubini; un fotografo, il giorno prima, mi aveva detto che lui era venuto a Bologna soprattutto per fotografare Roubini che era famosissimo, e a me, anche se Roubini non l’avevo sentito mai nominare, e anche se la fama mi verrebbe da dire che non è una cosa che normalmente mi attira, a me era nata dentro l’aspettativa di un incontro bellissimo, con Roubini. Mi sembrava, non so perché, che la fama di Roubini fosse una fama meritatissima e che Roubini fosse un genio, cosa che probabilmente è vera, anche se io poi non lo so, perché quel mattino, arrivato davanti a palazzo Re Enzo, verso le undici e mezza, l’incontro doveva cominciare a mezzogiorno, avevo visto una fila, davanti a Palazzo Re Enzo, ci saran state centocinquanta persone, in fila, e mi ero avvicinato e avevo sentito dire che dentro c’era già pieno e che non facevano entrar più nessuno. Allora ho pensato che Roubini, purtroppo, non l’avrei mica visto e, devo dire, con mia sorpresa, la cosa non mi è dispiaciuta. “Chissà da dove veniva quell’aspettativa lì”, avevo pensato, e intanto che pensavo così erano arrivati dei poliziotti che si erano messi a guardare la fila e un graduato aveva detto: “Ecco, questi qua, qui, devono stare tutti due metri più indietro”.
    Mi ero staccato dalla fila e mi ero incamminato verso la libreria Ambasciatori, e all’ingresso di via degli Orefici, dietro una catenella che ha la funzione di impedire alla macchine di entrare nella via pedonale, ho visto che c’eran seduti due ragazzi che soffiavano dentro degli strumenti fatti come delle pipe grandissime, e uno di questi aveva in grembo una tazza metallica, e ogni tanto la percuoteva  e ne otteneva un suono che durava qualche secondo, e, sommato ai suoni che lui e il suo amico traevano da quelle due grandi pipe, ne scaturiva una  musica di quelle che si associano alla meditazione, e intorno a loro, che li ascoltavano, c’era un gruppo di una decina di persone che, intanto che passavo, sentendo che il pezzo che stavano eseguendo era quasi finito, avevano applaudito, e uno dei due ragazzi, staccando la bocca dal bocchino di quella specie di pipa, aveva sorriso di quel sorriso che ti viene quando hai fatto una cosa che ti sembra di averla fatta bene, e avevo pensato che quel ragazzo lì, che aveva forse trent’anni, aveva sorriso nello stesso modo in cui sorride mia figlia, che ne ha sette, di anni, quando le dici che il disegno che è venuta a farti vedere è bellissimo, e avevo pensato che vedere una cosa del genere, al mattino, era un modo di cominciar la mattina che a me piaceva.

    Dopo ero arrivato alla libreria Ambasciatori, com’ero entrato avevo sentito una voce che diceva che lui era contento di esser stato assunto dal più grande direttore di tutti i tempi, Eugenio Scalfari, e che era contento di lavorare con il più grande giornalista vivente, Ezio Mauro. “Io – avevo sentito dire – sogno un giornale scritto tutto da Ezio Mauro”. E avevo guardato, quello che aveva detto così era Giannini, il vicedirettore del quotidiano la Repubblica, che è un giornalista che secondo me, adesso non so, avrà quarant’anni, però parla sempre in un modo che sembra che ne abbia sessantasette. A me la cosa che piace, di Giannini, lo conosco poco, ma mi piace che in un mondo dove tutti vogliono essere giovani, lui sembra che si impegni a dimostrare il contrario, di essere vecchio. Avevo provato ad avvicinarmi ma anche lì c’era una fila che non si riusciva, allora ero uscito dalla libreria, c’era una televisione che faceva vedere l’incontro con Giannini con un audio che si sentiva meglio fuori che dentro, seduti a un tavolino c’erano un mio amico e una mia amica che avevo salutato e lei, la mia amica, mi aveva detto che aveva letto, sul mio blog, il pezzetto che avevo scritto su Baricco e mi aveva chiesto come mai l’avevo scritto sul Foglio e non, per esempio, sul manifesto. E io le avevo detto che io avevo scritto, sul manifesto, solo che due anni prima, quando avevo cominciato a scrivere anche su Libero, quelli del manifesto avevano fatto una riunione per decidere se io potevo ancora, collaborare con loro, e gli esiti di quella riunione non me li avevano poi mai comunicati. “Per quello – avevo detto – non scrivo più sul manifesto, che certo – avevo detto – un gran bel giornale, però se provi a prendere il Foglio, se non l’hai mai preso, forse è perfino un po’ più polifonico, del manifesto, e anche del quotidiano la Repubblica, con tutto che il quotidiano la Repubblica è stato fondato dal più grande direttore di tutti i tempi ed è diretto dal più grande giornalista vivente”, avevo detto, e mentre dicevo così era arrivato, tutto abbronzato, e era entrato nella libreria Ambasciatori il più  grande giornalista vivente, Ezio Mauro.

    Dopo mi ero messo a sedere fuori dalla libreria Ambasciatori, a guardare in televisione l’incontro che c’era dentro, mi ero  appena seduto che mi eran passati davanti due ragazzi con un foglio bianco attaccato con due spille da balia sopra le loro magliette e sul foglio c’era scritto: “La Grecia è il più grande successo dell’Euro”, firmato: Mario Monti. E io mi ero ricordato che quel pomeriggio, alle quattro, ci sarebbe stato l’incontro con il presidente del Consiglio, Mario Monti. E che l’incontro con il presidente del Consiglio, Mario Monti, non era neanche il clou del programma, perché il clou del programma, l’incontro più atteso, era l’incontro con Roberto Saviano, uno scrittore che tutti conosciamo e che aveva scritto, presentando questa manifestazione, che i migliori amici dei giovani sono i magistrati e le forze dell’ordine.

    Dopo mi era arrivato un messaggio di quella mia amica che mi diceva che le sembrava incredibile, ma aveva appena comprato il Foglio per la prima volta nella sua vita e io avevo pensato che se tre anni fa mi avessero detto che tre anni dopo avrei convinto qualcuno a comprare il Foglio io avrei pensato che era impossibile. “Se ricominci a scrivere sul manifesto – continuava il messaggio di quella mia amica – faccio l’abbonamento”, e io avevo pensato che chissà, magari mi dicon qualcosa, in questi giorni, di quella riunione, magari ricomincio davvero. “Ormai son due anni, che sono in riunione, avran deciso qualcosa”, avevo pensato, e intanto che avevo pensato così era finito l’incontro con Giannini e l’unica cosa che avevo sentito, dell’incontro con Giannini, era che Eugenio Scalfari era il più grande direttore di sempre e che Ezio Mauro era il più grande giornalista vivente e che a lui, a Giannini, sarebbe piaciuto moltissimo un giornale scritto tutto da Ezio Mauro. E c’era una signora che mi passava davanti e diceva, scuotendo la testa: “Se ci fosse la flessibilità di cui tanto parlano e che non c’è”. E io mi alzavo andavo a prendere un caffè al bar della libreria Ambasciatori e c’erano due ragazzi di fianco a me alla cassa e il ragazzo diceva alla ragazza: “E’ stato bravo”. E la ragazza diceva: “Bravissimo”. E passavano tre secondi e il ragazzo ripeteva: “E’ stato bravo”, e la ragazza diceva: “Bravo bravo”. E intanto che lo diceva assentiva, con la testa,  e continuava a assentire, a fare andare la testa su e giù per altri quattro o cinque secondi e veniva da pensare che avevano il dubbio se era stato bravo davvero oppure no. E uscivo dalla libreria Ambasciatori e incontravo Andrea Marcenaro che mi diceva che era appena stato all’incontro con Piero Grasso, a Palazzo Re Enzo, che lui avendo il tesserino da giornalista l’avevano fatto entrare, e che prima che cominciasse l’incontro era entrato Ezio Mauro e si era fermato a salutarlo, che si conoscevano, avevano anche una casa al mare nello stesso posto, ed eran stati lì a parlare cinque minuti e quando Ezio Mauro poi si era andato a sedere nei successivi dieci minuti una ventina di persone, che l’avevano visto intrattenersi con Ezio Mauro, erano andati da Andrea Marcenaro a chiedergli l’autografo. E dentro la libreria Ambasciatori, dopo venti minuti che era finito l’incontro, c’era ancora Giannini che firmava degli autografi e io avevo pensato che, quando il primo giorno Ezio Mauro aveva detto che questo festival sarebbe stata l’occasione, per il lettore, di incontrare il proprio giornalista preferito, che per esempio c’era il suo parrucchiere che era un patito di Merlo, che tutte le volte quando va a tagliarsi i capelli il parrucchiere gli chiede: “Come sta Merlo?”, io avevo pensato che mi sembrava una cosa un po’ esagerata invece la realtà è ancora più esagerata, avevo pensato sabato 16 giugno davanti alla libreria Ambasciatori. E poi al pomeriggio avevan cominciato a volare sopra a Bologna degli elicotteri, e l’incontro che ero andato a vedere, con Lucio Caracciolo, nel cortile dell’archiginnasio, Lucio Caracciolo si era dovuto fermare più volte, nel suo parlare, perché sopra il cortile dell’Archiginnasio passavano dei gran elicotteri, e un po’ erano per Monti un po’ per Saviano, e io avevo pensato che avrei preso la mia bicicletta sarei andato a casa, e avevo fatto così, avevo preso la mia bicicletta ero andato a casa, e su via Indipendenza c’erano delle bandiere rosse e un corteo bloccato dalle forze dell’ordine che non facevano avvicinare i manifestanti all’Arena del Sole, e su via Ugo Bassi gli autobus non passavano, e a me, la via del centro deserta, al sabato pomeriggio, mi tornavano in mente certe domeniche di austerity degli anni Settanta, e invece era tutta un’altra cosa.

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