La danza dell'euro

Prove tecniche di grande scambio nell'Ue sull'orlo dell'abisso

David Carretta

La Commissione europea ha detto che non c’è alcun “master plan segreto” per salvare la zona euro, nel momento in cui Spagna e Cipro vacillano verso un bailout e la Grecia rischia di imboccare la porta d’uscita dall’unione monetaria. Il quartetto formato da Herman Van Rompuy, José Manuel Barroso, Mario Draghi e Jean-Claude Juncker – i presidenti di Consiglio europeo, Commissione, Bce e Eurogruppo – sta lavorando a una road map per “approfondire l’unione economica e monetaria”, ha spiegato la portavoce dell’esecutivo comunitario.

    La Commissione europea ha detto che non c’è alcun “master plan segreto” per salvare la zona euro, nel momento in cui Spagna e Cipro vacillano verso un bailout e la Grecia rischia di imboccare la porta d’uscita dall’unione monetaria. Il quartetto formato da Herman Van Rompuy, José Manuel Barroso, Mario Draghi e Jean-Claude Juncker – i presidenti di Consiglio europeo, Commissione, Bce e Eurogruppo – sta lavorando a una road map per “approfondire l’unione economica e monetaria”, ha spiegato la portavoce dell’esecutivo comunitario. Ma, secondo diverse fonti consultate dal Foglio, dietro al lavoro del quartetto c’è la speranza di un “grand bargain”: un grande scambio tra Angela Merkel e il resto della zona euro che potrebbe portare al “coraggioso salto politico” invocato da Draghi. Abbastanza per far chiudere ieri in positivo le Borse di Madrid e Milano, mentre si è allentata un po’ la tensione sui titoli di stato di Italia e Spagna, con gli spread che chiudono rispettivamente in calo a 442 e 510 punti.

    La cancelliera tedesca “è disponibile a prendere in considerazione strumenti come l’Unione bancaria e la mutualizzazione del debito solo se gli altri saranno pronti a cedere la loro sovranità economica e di bilancio”, dice un diplomatico tedesco a Bruxelles. Non subito, ovviamente. Gli Eurobond “saranno ipotizzabili alla fine di un processo di integrazione politica in Europa”, ha precisato il portavoce di Merkel, Steffen Seibert: “Parliamo di molti anni”. Il Consiglio europeo di fine giugno non prenderà dunque nessuna decisione immediata. Semmai i leader lanceranno un cantiere di riforme istituzionali per la zona euro e una road map di dieci anni per realizzarle. Merkel e Barroso ne hanno discusso a cena a Berlino. “Serve più Europa e dunque più possibilità di controllo per la Commissione europea”, ha detto  Merkel. Per ora però anche l’Unione bancaria secondo Berlino è un progetto per il “medio periodo”. Dall’America giungono le perplessità della Casa Bianca: i mercati mostrano ancora scetticismo sul fatto che l’Europa possa compiere i passi necessari per risolvere la crisi e rimuovere i rischi che la situazione possa peggiorare.

    Il piatto più indigesto della cena sono state la Spagna e le sue banche. Il governo di Mariano Rajoy da settimane chiede che il Fondo salva stati possa ricapitalizzare direttamente le banche. Una ricapitalizzazione senza obbligare Madrid a ricorrere a un bailout di Unione europea e Fondo monetario internazionale. La Commissione ritiene che sia “importante considerare questa alternativa” anche se “al momento non fa parte del trattato”, ha detto il commissario agli Affari economici, Olli Rehn. La Bce si è espressa a favore della “flessibilità” e la Francia chiede che la questione sia discussa al Consiglio europeo di fine mese. Stamattina i ministri delle Finanze e i banchieri centrali del G7 si sentiranno per telefono. L’idea è creare un nuovo fondo a disposizione di tutte le banche in difficoltà nella zona euro, che riceva prestiti dal Fondo salva stati. Ma senza il consenso tedesco non si potrà fare nulla e, almeno per ora, da Berlino arriva sempre lo stesso messaggio: spetta alla Spagna decidere se chiedere un prestito al Fondo salva stati da girare alle banche, il che significa accettare le condizioni di Ue e Fmi sulla politica di bilancio e l’arrivo della Troika a Madrid. In quello che molti hanno interpretato come un segnale di disperazione, sabato Rajoy ha detto chiaramente di essere pronto al grand bargain di Merkel: “L’Ue deve rafforzare la sua architettura. E questo significa un compromesso per creare una nuova autorità di bilancio europea” con il compito di armonizzare le politiche economiche e finanziarie degli stati membri.

    I contenuti del grand bargain sono tutti da riempire. Sul fronte delle richieste, Merkel non si limita a esigere un’Unione di bilancio con un’autorità centrale di bilancio e più poteri a Commissione e Europarlamento. Vuole anche un’armonizzazione della tassazione e del welfare. Sul fronte delle concessioni, l’Unione bancaria – con un regime comune di garanzie sui depositi e un fondo di salvataggio per le banche sistemiche – appare come il progetto più semplice da realizzare. Quanto alla mutualizzazione del debito, in Germania gli Eurobond sono una parola politicamente impronunciabile per tutti. A Bruxelles si parla già di Eurobill – obbligazioni comuni a 3-6 mesi – e si spera nel Fondo di redenzione, con cui socializzare i debiti sopra il 60 per cento del pil, in cambio di una parte delle entrate fiscali per rimborsare il debito e delle riserve auree come collaterali. Il principale ostacolo al grand bargain sono i francesi, contrari a cedere la propria sovranità economica: “Non tocca all’Europarlamento decidere l’età pensionabile in Francia”, dicono all’Eliseo.