Dove non arriva la diplomazia in Asia, forse arriva di nuovo il ping pong

Giulia Pompili

Ci sono molte cose che Kim Jong-un, il leader nordcoreano, non riesce a controllare, e tra queste c’è sicuramente il ping pong, ma non solo. Fallito il lancio del “satellite spaziale di osservazione terrestre” poco più di un mese fa, uno studio commissionato dal dipartimento di stato americano ha rivelato che il crescente utilizzo di telefoni cellulari e di Internet sta sfuggendo di mano a Pyongyang. E poi c’è la televisione.

    Ci sono molte cose che Kim Jong-un, il leader nordcoreano, non riesce a controllare, e tra queste c’è sicuramente il ping pong, ma non solo. Fallito il lancio del “satellite spaziale di osservazione terrestre” poco più di un mese fa, uno studio commissionato dal dipartimento di stato americano ha rivelato che il crescente utilizzo di telefoni cellulari e di Internet sta sfuggendo di mano a Pyongyang. E poi c’è la televisione: sempre più nordcoreani guardano film e telenovelas provenienti dalla Corea del sud. Nathaniel Kretchun, autore dello studio “Una lieve apertura: la Corea del nord e l’evoluzione dei media”, interpellato dall’Associated press ha detto che “le censure sulle soap opera sudcoreane e sui notiziari stranieri, che da anni fanno rischiare il carcere e i lavori forzati ai nordcoreani, hanno subito un’accelerazione a partire dalla metà degli anni 2000, ma rispetto al passato vengono applicate di meno. I coreani continuano ad avere timore delle squadre di ispettori del governo, ma un minor numero di cittadini sembra riferire di vicende legate alle censure”.

    Le due Coree, divise dal trentottesimo parallelo, sono ancora tecnicamente in stato guerra. Dopo i bombardamenti del 1953, infatti, non hanno mai firmato un trattato di pace. L’agenzia di stampa nordcoreana, la Kcna, diffonde quotidianamente provocazioni nei confronti del sud, apostrofando il primo ministro Lee Myung-bak come “traditore”, “ratto”, “cane rabbioso”. Quest’ultimo, a sua volta, ha paragonato ultimamente il nord a un “bambino cattivo e disobbediente”.

    Se la diplomazia e l’intercessione di Cina e America non hanno concluso granché dalla fine della Guerra fredda, il ping pong è arrivato a qualche risultato. Da pochi giorni nelle sale cinematografiche di Seul (ma come dvd pirata comincia a circolare anche in Corea del nord) è uscito il film dal titolo inglese “As One” (“Corea” nella versione originale). Tratto da una storia vera, la pellicola racconta di quando nel 1991 Corea del nord e Corea del sud hanno messo in campo una squadra unica per partecipare ai quarantunesimi campionati del mondo di ping pong tenutisi a Chiba, vicino Tokyo. Superate le rivalità e le differenze culturali tra i due paesi, la nazionale coreana femminile, finalmente riunita, quell’anno raggiunse il podio in una finale contro la favorita Cina, che stava per vincere il campionato per la nona volta consecutiva. Nel film, diretto dal regista sudcoreano Moon Hyeon-seong, si raccontano quei quarantasei giorni di ritiro in Giappone e l’immersione dei nordcoreani nella cultura occidentale, che portò le guardie di Pyongyang a richiamare a casa i propri atleti subito dopo le gare. Una specie di riedizione della “diplomazia del ping pong” dei primi anni 70: lo scambio di giocatori di ping pong tra l’America e la Repubblica popolare cinese che portarono, tempo dopo, alla visita di Nixon a Pechino.

    Il trailer del film

    • Giulia Pompili
    • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.