“Ecco perché Israele teme i colloqui con l'Iran”. Parla Litvak

Giulio Meotti

Ron Ben-Yishai, il giornalista più esperto d’intelligence in Israele, su Yedioth Ahronoth ieri ha scritto che Benjamin Netanyahu ha convocato elezioni anticipate per rafforzare la propria posizione in vista dello strike contro le centrali atomiche iraniane. Ben-Yishai scrive che il primo ministro, se confermato alle urne, avrà due mesi, fra settembre e novembre, per poter attaccare Teheran nel caso in cui falliscano i negoziati in corso fra Teheran e il 5+1.

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    Ron Ben-Yishai, il giornalista più esperto d’intelligence in Israele, su Yedioth Ahronoth ieri ha scritto che Benjamin Netanyahu ha convocato elezioni anticipate per rafforzare la propria posizione in vista dello strike contro le centrali atomiche iraniane. Ben-Yishai scrive che il primo ministro, se confermato alle urne, avrà due mesi, fra settembre e novembre, per poter attaccare Teheran nel caso in cui falliscano i negoziati in corso fra Teheran e il 5+1. “Israele avrà due mesi per agire, prima che le nuvole rendano impossibile il lavoro dell’aviazione”. Haaretz, con il suo esperto Anshel Pfeffer, è del parere contrario: “Le elezioni chiudono la partita iraniana”. Intanto il ministro della Difesa, Ehud Barak, che alle elezioni correrà come “mr. Iran”, ha rilasciato un’intervista esclusiva al quotidiano Israel Hayom sul perché Israele teme un accordo ingiusto fra Teheran e le potenze occidentali, che si incontreranno a Baghdad il 23 maggio. “Gli iraniani stanno cercando di ottenere la cosiddetta ‘immunità’. Se acquisiscono la capacità nucleare, oppure la posizione in cui possono assemblare una bomba in sessanta giorni, saranno immuni da ogni attacco”. Secondo fonti d’intelligence la preoccupazione principale del capo del Mossad, Tamir Pardo, è se l’Iran ottiene un nuovo appuntamento con le potenze occidentali per luglio o agosto. Secondo Pardo in quel caso “la finestra di opportunità di Israele per una operazione militare inizierebbe a chiudersi”.

    Con Meir Litvak, il massimo esperto di Iran fra gli accademici dello stato ebraico, docente all’Università di Tel Aviv, cerchiamo di decifrare la linea del governo israeliano. “Tutto dipende se e da quale accordo sarà stretto”, ci dice Litvak. “Se l’Iran accetterà di sospendere ogni arricchimento e ogni altra attività, Israele sarà soddisfatto. Ma fermare l’arricchimento a basso livello necessario per i fini militari e lasciare l’Iran libero di arricchire uranio a un livello superiore è un pericolo molto grande. Teheran potrebbe riprendere i suoi sforzi in qualsiasi istante, sarebbe in grado di costruire un ordigno in breve tempo. Israele sarà insoddisfatto così da qualsiasi accordo che possa consentire agli iraniani una qualche forma di arricchimento dell’uranio e di conservare quello già raffinato (sufficiente a costruire quattro bombe atomiche). Israele teme ogni accordo che dipenda dalla volontà degli iraniani”.

    Sarebbe lo scenario peggiore, secondo Litvak: “Quello in cui l’Iran può riprendere l’arricchimento in qualsiasi istante. Se i mullah sentiranno che proseguire con la bomba atomica metterà a rischio la loro sopravvivenza allora si fermeranno, come è successo in passato. Per questo le sanzioni e l’attacco militare sono importanti, dimostrano agli iraniani quanto possano perdere”. Litvak condivide la diagnosi di Ehud Barak e la teoria dell’immunità. “Non è certo che l’Iran andrà fino in fondo con l’assemblamento della bomba, potranno decidere che una volta conquistata una certa posizione, con il materiale sufficiente e il know-how, si saranno garantiti una vittoria strategica”.

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    • Giulio Meotti
    • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.