Money League / 34

Crisi o no, è la Premier League il campionato che funziona di più

Francesco Caremani

Niente di nuovo sotto il sole d’Europa. La Premier League, al di là delle considerazioni tecniche e tattiche, continua a primeggiare nei numeri. Lo dice anche un interessante studio di futebolfinance.com che ha confrontato spettatori e ricavi 2009-10 dei tredici principali campionati continentali con la popolazione dei rispettivi Paesi. Fermo restando che la Bundesliga è ancora il campionato con la media spettatori più alta, scopriamo che la Scottish Premier League ha la miglior percentuale spettatori/popolazione.

    Niente di nuovo sotto il sole d’Europa. La Premier League, al di là delle considerazioni tecniche e tattiche, continua a primeggiare nei numeri. Lo dice anche un interessante studio di futebolfinance.com che ha confrontato spettatori e ricavi 2009-10 dei tredici principali campionati continentali con la popolazione dei rispettivi Paesi. Fermo restando che la Bundesliga è ancora il campionato con la media spettatori più alta, scopriamo che la Scottish Premier League ha la miglior percentuale spettatori/popolazione: 3.172.758 contro 5.062.011 abitanti, 63 per cento. Segue l’Olanda con il 36 per cento e il Belgio con il 32. L’Inghilterra è quarta con il 25 per cento (13.001.616 contro 51.810.000), ma la Premier League si dimostra il torneo con più spettatori e capace di massimizzare meglio degli altri i ricavi totali. Confrontando questi (2.479.000.000 euro) con la popolazione è come se ogni inglese avesse speso 48 euro a testa, se ci fermiamo alle presenze allo stadio gli euro diventano 191.

    La serie A esprime solo il 15 per cento della popolazione, capace di spendere 26 euro a testa per l’intera stagione, ma chi frequenta gli stadi ne sborsa 168, collocando il campionato italiano al secondo posto dietro quello inglese. Ergo, in Inghilterra (lo sapevamo già) più persone vanno a vedere le partite dal vivo rispetto all’Italia, la Premier produce quasi un miliardo di euro in più di ricavi, ma in entrambi i Paesi chi segue il calcio spende.
    Se, parallelamente, scorriamo la tabella redatta da Standard & Poor’s sul debito dell’area euro (aprile 2010), diviso per governo, imprese e famiglie, scopriamo che nel Regno Unito quest’ultime sono indebitate per il 74 per cento del Pil, contro il 32 per cento di quelle italiane, dove è storicamente forte la propensione al risparmio, meno quando si tratta di calcio. Il Regno Unito con il 245 per cento è terzo nella classifica del debito dietro Irlanda (286 per cento) e Portogallo (250), con, rispettivamente, un 87 e un 86 per cento delle famiglie. Questo, però, non impedisce ai portoghesi (10.627.250 abitanti) di pagare 30 euro a testa per l’azienda calcio e ben 121 tra chi frequenta gli stadi della Primeira Liga, con identica percentuale spettatori/popolazione (25 per cento) dell’Inghilterra.

    Senza dimenticare che in Premier League come in serie A il costo dei biglietti è più elevato che in Germania, dove rispetto alla popolazione solo il 16 per cento va allo stadio e gli oltre 82 milioni di abitanti concorrono ai ricavi con 20 euro a testa, ma ben 130 se consideriamo solamente le presenze negli impianti. Non è un caso, infatti, che Inghilterra, Italia, Spagna, Francia e Germania (in quest’ordine) siano le prime cinque nel rapporto ricavi/spettatori, rappresentando i maggiori campionati continentali. La Spagna ha anche un debito consistente che pesa sul governo solo per il 54 per cento del Pil, per il 94 sulle imprese e per l’83 sulle famiglie, ma questo non impedisce ai 45.828.172 spagnoli di versare 35 euro nel futbol e 155 da parte di chi vede le partite dal vivo con un rapporto spettatori/popolazione del 23 per cento. La Francia, tra i cinque, è quella con la proporzione peggiore (12 per cento) e solo 17 euro a testa verso il football, ma gli oltre 7,5 milioni di testimoni della Ligue 1 spendono 140 euro a testa, più che nel bengodi calcistico della Bundesliga, con le famiglie indebitate per il 49 per cento del Pil contro il 59 di quelle tedesche, che negli stadi di ultima generazione non badano a spese per mangiare e bere, godendosi lo spettacolo.

    La Svezia è meno indebitata di Francia e Germania, le sue famiglie in percentuale lo sono di più (75 per cento del Pil), il 17 per cento della popolazione va allo stadio e spende 98 euro, contro i 17 sul totale degli abitanti. La Russia, fuori dall’area euro, ha la percentuale più bassa con solo il 2 per cento degli abitanti che frequenta la Prem’er Liga, capace però di spendere 125 euro a testa, contro i soli 3 dell’intera popolazione. In Olanda, Scozia e Belgio i tre campionati che massimizzano meno nel rapporto ricavi/spettatori, con le famiglie olandesi indebitate più del doppio di quelle belghe. Dati che possono essere girati e rigirati per scoprire alla fine che chi ha soldi in tasca li spende come gli pare e ci guadagna chi è più bravo a soddisfare certe passioni con certezza delle regole, campionati avvincenti, stadi comodi e sicuri. Perché, anche in tempi di crisi economica, si può cambiare la macchina, il partito, la moglie, le idee, ma non la squadra per cui si tifa, a Londra come a Berlino.