La nuova via della seta del basket americano

Simone Trebbi

A mappare geograficamente questa 61° edizione dell'All Star Weekend è stato il commissioner David Stern, che ha individuato nell'Amway Arena di Orlando, gioiellino dell'architettura sportiva, la location perfetta per ambientare la tre giorni più famosa del basket mondiale. Si è cominciato venerdì, sotto il segno della Cina. Con un piccolo espediente, infatti, il Rookie Challenge si è trasformato nella formula del Rising Star. Ma l'evento non è decollato.

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    A mappare geograficamente questa 61° edizione dell'All Star Weekend è stato il commissioner David Stern, che ha individuato nell'Amway Arena di Orlando, gioiellino dell'architettura sportiva, la location perfetta per ambientare la tre giorni più famosa del basket mondiale. Si è cominciato venerdì, sotto il segno della Cina. Con un piccolo espediente, infatti, il Rookie Challenge si è trasformato nella formula del Rising Star. A Shaq O'Neal e Charles Barkley, due pesi massimi che sul campo vennero alle mani più di una volta, la Nba ha chiesto di allenare due team formati da giocatori di loro scelta. Un colpo di genio che profuma di marketing lontano un miglio: inserire a tutti i costi nella manifestazione – e così è stato – il cinese Jeremy Lin, eroe dei due mondi glorificato da una recente copertina del Time, tenendo a mente i forti investimenti che le multinazionali orientali hanno nella Lega. Una nuova Via della Seta cestistica, quella tra Usa e Cina, di cui risentiremo parlare.

    Anche la gara di schiacciate, l'evento nell'evento strategicamente relegato all'ultima mezz'ora come dulcis in fundo (che tale però non si è rivelato) sembra aver decisamente fatto il suo tempo. Si saltano postini, compagni a coppie ed Harley Davidson parcheggiate nel pitturato, magari con una telecamerina attorcigliata attorno alla testa per poi mostrare sui megaschermi il volo effettuato, ma è uno spettacolo già ampiamente visto e che fa storcere il naso pressoché a tutti, complice l'assenza della classica giuria di ex giocatori che creava non pochi imprevisti e l'elezione del vincitore con suffragio universale tramite l'hashtag #NBAllStar di Twitter.

    Condizioni agonizzanti insomma, e tante analogie con l'abbandono collettivo che coinvolse due decenni fa il mitologico torneo estivo del Rucker Park, playground di New York: i grandi nomi della basket, oggi come allora, se ne tengono accuratamente alla larga, pianificando al minuto il fine settimana dell'Asg con viaggi di riposo alle Bahamas e provvidenziali lutti in famiglia (si è visto anche di questo). La partita della domenica, vero fiore all'occhiello per il quale oltre 215 paesi hanno pagato onerosi diritti televisivi, è sostanzialmente cominciato a 200 secondi dalla fine dopo 45 minuti di giocate spettacolari, ingrediente indispensabile per giustificare i prezzi dei biglietti, mediamente acquistabili (piccionaia esclusa) a non meno di cifre con tre zeri finali. Il finale in volata, vinto dall'Ovest che si è imposto sull'Est per 152 a 149, ha spinto molti a proporre alternative: un milione di dollari per ogni giocatore della formazione vincente, così da invogliare tutti a giocare sul serio.

    L'impressione è che, forse per la prima volta, sia mancato quel picco di genialità a stelle e strisce che raggiunse vette proibitive un paio di anni fa, quando l'ex giocatore e ora commentatore in sovrappeso Charles Barkley, sfidò in diretta mondiale l'arbitro per antonomasia Dick Bavetta, 73 anni e non sentirli, in una gara di corsa sui 28 metri. Gara vinta da Barkley correndo all'indietro con relativo tuffo finale di Bavetta sul parquet che per poco, ci si affidò al replay, non gli valse la vittoria. Ecco: più intrinsecamente americano di questo c'è solo Walt Disney, la gara di hot dog (vero sport nazionale) e la grande M gialla di McDonald's.

    Weekend concluso, si torna alla vita frenetica del giocatore Nba, pianificata attentamente tra viaggi, trasferte interminabili e iniziative sociali a cui la Lega è attentissima. Ma per i rookie, la quotidianità è anche altro. Per MarShon Brooks, matricola dei New Jersey Nets, la ritualità giornaliera è anche questa, ad esempio: essere nonnisticamente costretto dal compagno di squadra DeShawn Stevenson – definito da Obama semplicemente "un pazzo scatenato" – a portargli lattine di Coca-Cola con 38 cannucce inserite nella apposita fessura, non una di più, non una di meno.

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