La condanna annunciata

Marco Pedersini

Per Niccolò Ghedini, legale dell’ex presidente del Consiglio, la condanna di Silvio Berlusconi nel processo Mills “è stata già decisa e arriverà senz’altro, prima di quello che il tribunale di Milano ritiene essere il termine della prescrizione”. A quel punto “ricorreremo in Appello, dove si aprirà un processo già prescritto. Una sentenza che due giorni dopo sarà comunque prescritta – la prescrizione si matura addirittura durante il deposito delle motivazioni – serve soltanto a una cosa: poter dire ‘abbiamo condannato Berlusconi’”.

    Per Niccolò Ghedini, legale dell’ex presidente del Consiglio, la condanna di Silvio Berlusconi nel processo Mills “è stata già decisa e arriverà senz’altro, prima di quello che il tribunale di Milano ritiene essere il termine della prescrizione”. A quel punto “ricorreremo in Appello, dove si aprirà un processo già prescritto. Una sentenza che due giorni dopo sarà comunque prescritta – la prescrizione si matura addirittura durante il deposito delle motivazioni – serve soltanto a una cosa: poter dire ‘abbiamo condannato Berlusconi’”.

    Per i legali del premier, le intenzioni del tribunale milanese sono talmente palesi da giustificare l’istanza di ricusazione che hanno presentato ieri alla Corte d’appello. Dopo le schermaglie in aula – dove mercoledì Ghedini ha accusato Francesca Vitale,  presidente del collegio della Decima sezione penale di Milano, di  avere già deciso per la condanna – è il momento dello scontro finale: “I giudici hanno revocato tutti i testimoni della difesa – attacca Ghedini – hanno revocato le rogatorie già disposte, non hanno consentito alcuna possibilità di controbilanciare i testimoni dell’accusa, hanno dichiarato di far propria completamente la sentenza della Cassazione che ha convalidato la corruzione da parte di Mills, e hanno fissato il termine prescrizionale sulla base di quella sentenza”. Ma la scorrettezza più clamorosa, quella che per Ghedini è “da ricusazione secca”, è la gestione del teste Diego Attanasio, l’armatore che per David Mills è all’origine di quei  600 mila dollari  che invece, per la procura, sono la somma con cui Silvio Berlusconi si sarebbe comprato il silenzio dell’avvocato inglese sui casi di All Iberian e delle tangenti alla Guardia di Finanza. “Attanasio è un testimone fondamentale ed è, tra l’altro, l’unico rimasto da sentire – dice Ghedini – i giudici gli hanno  mandato un’email dicendogli ‘se viene entro il 6 febbraio allora è utile, se invece non riesce non importa, non serve più’. Un messaggio del genere dimostra che per il tribunale di Milano il testimone non serve in quanto depositario di informazioni utili alla ricostruzione processuale, ma è semplicemente un contentino per la difesa”.

    Finché non sarà definita la ricusazione, il giudice non potrebbe pronunciare sentenza e la prescrizione continuerebbe a scorrere – sembra che la procura, secondo imprecisati riconteggi, vorrebbe ora spostarla dal 14 febbraio al 12 aprile – ma per Ghedini “il tribunale non si curerà assolutamente di questa norma del codice e pronuncerà lo stesso la sentenza”.

    La rottura tra il tribunale milanese e i legali dell’ex premier arriva ormai a sgarbi plateali come quello di ieri mattina, durante un’udienza del processo Ruby. Per una sovrapposizione di calendari, la convocazione successiva (30 gennaio) si sarebbe sommata all’udienza preliminare del processo Unipol a cui Berlusconi dovrà comparire. L’udienza del 10 febbraio, invece, sarebbe caduta in mezzo a due giorni cruciali del processo Mills: la requisitoria del pubblico ministero e l’arringa della difesa.  “Abbiamo chiesto al tribunale quello che, tra l’altro, è un atto dovuto: dichiarare fin d’ora che l’udienza Unipol prevarrà rispetto a quella del processo Ruby, che si prescriverà nel 2025 e che l’udienza di venerdì 10 fosse possibilmente spostata con recupero alla settimana successiva. Dovevamo andare a depositare la ricusazione e abbiamo detto: ‘Dobbiamo allontanarci, ci sostituiranno gli avvocati Perroni e Dinacci, per cortesia fateci sapere subito per permetterci di organizzare i prossimi giorni e di avvertire il presidente Berlusconi’”. “Una domanda banalissima – dice Ghedini – che in qualsiasi altro tribunale avrebbe trovato, se non accoglimento, comunque una decisione.  Avevamo anche già trovato un accordo con la pubblica accusa. I giudici, invece, han detto ‘non se ne parla neppure, decideremo a fine udienza’, cioè verso le cinque o le sei di sera”. Per Ghedini “è una rottura del codice di comportamento che lega, da sempre, avvocati e magistrati, come mai ne avevo viste in carriera. Per questo, quando siamo usciti ci hanno chiesto se eravamo soddisfatti della situazione e io gli ho detto che eravamo indignati”. Nel pomeriggio, il tribunale ha deciso di respingere le richieste degli avvocati Longo e Ghedini, arroccandosi sul calendario stabilito.