Liberiamoci dallo stato

Michele Masneri

In casa Friedman l’atmosfera deve essere vivace: con un nonno, Milton, che aveva vinto il Nobel nel 1976, ma anche figli e nipoti non propriamente inconcludenti. Come David D. Friedman, dove la D sta per “Director” ed è uno dei misteri insondabili dell’onomastica americana, figlio del grande economista oltre che economista in proprio.

    In casa Friedman l’atmosfera deve essere vivace: con un nonno, Milton, che aveva vinto il Nobel nel 1976, ma anche figli e nipoti non propriamente inconcludenti. Come David D. Friedman, dove la D sta per “Director” ed è uno dei misteri insondabili dell’onomastica americana, figlio del grande economista oltre che economista in proprio. Mercoledì prossimo, presso la sede milanese del Sole 24 Ore, va in scena un curioso adattamento del suo saggio “L’ingranaggio della libertà”, manifesto del 1973 che negli Stati Uniti ha un posto di rilievo nella pubblicistica libertaria (e che in Italia è stato pubblicato da LiberiLibri), dove l’ingranaggio sono “le istituzioni della proprietà privata che rendono possibile, in un mondo interdipendente e complesso, che ognuno raggiunga il proprio scopo come desidera”. La pièce teatrale vedrà l’ex assessore alla Cultura, Massimiliano Finazzer Flory, nei panni dello stesso Friedman, a sostenere le sue tesi di fronte a uno scettico come Armando Massarenti. Sarà un bel match perché il testo è estremo e provocatorio. “Non chiederti cosa puoi fare per lo stato. Chiediti piuttosto che cosa lo stato ti sta facendo”, è una delle sue massime più riassuntive. Il mercato e la libertà sono sopra tutto: un mercato che “non è un campo di battaglia, dove chi ha più soldi vince e prende tutto; se così fosse, la General Motors spenderebbe tutte le sue risorse per progettare Cadillac placcate d’oro per Howard Hughes, Paul Getty e simili”. E una libertà totale dallo stato: niente censura, niente previdenza sociale, nulla, perché “io credo che ciascuno abbia il diritto di gestire la propria vita a proprio modo. Andrebbero abolite tutte le leggi contro la droga – marijuana, eroina, o cure per il cancro del Dottor Ciarlatano – come pure le leggi che impongono le cinture di sicurezza. Ognuno ha il diritto di andare all’inferno a proprio modo”.

    Friedman Junior ha spinto abbastanza in là le tesi del celebre genitore, principale esponente della scuola di Chicago e padre del pensiero anti keynesiano in purezza. “Se Keynes è stato Martin Lutero”, scrisse Paul Krugman nel 2007 sulla New York Review of Books, “Friedman è stato Ignazio di Loyola, tale è stata la sua influenza”. “Se l’economia classica, cioè il liberismo, ha riottenuto nel Novecento buona parte del suo prestigio” dopo l’avvento keynesiano, “il merito è in gran parte di Friedman”. Le sue teorie sono state seguite sia dalla Federal Reserve che (anche oggi) dalla Banca centrale europea. Il cardine del monetarismo è che ogni intervento della Banca centrale sulla quantità di moneta in circolazione genera inflazione, non crescita. A lui si sono ispirati Margaret Thatcher e Ronald Reagan. “Ha riaffermato il concetto di homo oeconomicus”, scrisse sempre Krugman, dopo che Keynes con gli animal spirits aveva spazzato via l’idea che gli individui sono in grado di ottenere il meglio per se stessi e dunque per l’intera società, un’idea che arrivava direttamente dalla “Ricchezza delle Nazioni” di Adam Smith (1774).

    Il figlio di cotanto padre, David “Director” Friedman, quello dell’Ingranaggio, è oggi un tranquillo sessantaseienne che insegna economia all’Università di Santa Clara (nonostante una laurea e un dottorato in Fisica), che nel suo profilo su Google Plus scrive alla voce “imprese memorabili” “due figli meravigliosi”. Uno è Patri, che dev’essere il più pragmatico della famiglia e tenta di mettere in pratica le idee di casa: è infatti managing director del Sea Steading Institute, una fondazione che sta progettando una nuova comunità urbana nelle acque internazionali a duecento miglia da San Francisco. Il progetto di Patri Friedman prevede una serie di città che si sviluppino su piattaforme del tipo di quelle petrolifere, libere di aggregarsi e sciogliersi (è allo studio anche un prototipo a motore, dalla stazza di 12 mila tonnellate, capace di ospitare 270 residenti) e naturalmente scollegate da qualunque concetto di stato. Il varo è previsto già per quest’anno, e “il primo passo sarà il riconoscimento diplomatico da parte delle Nazioni Unite”, ha detto Friedman. Che è molto poliedrico: laureato in Filosofia, dice di sé di essere anche un matematico, un campione internazionale di poker on line, un ex programmatore di Google. Oltre che, naturalmente, un economista.