I trentamila di Bolotnaja

Perché Putin non può ignorare i “ceti urbani insoddisfatti” in piazza

Massimo Boffa

Con i trentamila manifestanti di piazza Bolotnaja, la quantità si è trasformata in qualità. Il rapporto tra potere politico e società civile, in Russia, è entrato in una fase nuova, che il Cremlino dovrà valutare attentamente. Certo, erano presenti alla manifestazione i comunisti e i nazionalisti estremi, ma non erano loro a dare il tono alla protesta. Per la prima volta sono scesi in piazza quelli che Vladislav Surkov, eminenza grigia e ideologo degli anni di Vladimir Putin, ha chiamato “i ceti urbani insoddisfatti”.

    Con i trentamila manifestanti di piazza Bolotnaja, la quantità si è trasformata in qualità. Il rapporto tra potere politico e società civile, in Russia, è entrato in una fase nuova, che il Cremlino dovrà valutare attentamente. Certo, erano presenti alla manifestazione i comunisti e i nazionalisti estremi, ma non erano loro a dare il tono alla protesta. Per la prima volta sono scesi in piazza quelli che Vladislav Surkov, eminenza grigia e ideologo degli anni di Vladimir Putin, ha chiamato “i ceti urbani insoddisfatti”. Liberi professionisti, studenti, artisti, vedette televisive: è l'intellighenzia moscovita, ben rappresentata sul palco dagli scrittori Boris Akunin e Ljudmila Ulitskaja e dal giornalista Leonid Parfenov. Non hanno un partito che li rappresenti, anzi molti il 4 dicembre scorso non sono andati a votare, perché la sensazione diffusa era che il voto non avrebbe cambiato granché. C'era un unico partito in lizza che esprimeva i sentimenti liberal di queste classi medie emergenti, Yabloko (la mela), ma non è riuscito a superare lo sbarramento del 7 per cento.

    La polemica sui brogli che ha scatenato la protesta non coglie il punto. E' verosimile che ci siano state irregolarità di vario genere, ma è quantomeno dubbio che abbiano influito in maniera decisiva sui risultati: l'esito riproduce la fotografia del corpo elettorale così come era stata registrata, prima del 4 dicembre, dai sondaggi degli istituti indipendenti, cioè un crollo di consensi per Russia Unita, un successo di tutti i partiti di opposizione e un forte astensionismo. Anzi, ironia vuole che la campagna per il rinnovo della Duma sia stata giudicata, secondo il parere di svariati osservatori (non filoputiniani) incontrati a Mosca, la più “libera” dell'ultimo decennio: per la qualità dei dibattiti in tv, per l'asprezza delle accuse al partito di governo, per la protesta contro la corruzione degli uomini al potere. Ma a questa relativa libertà non è corrisposta un'adeguata offerta politica.

    E' probabile che l'intellighenzia in piazza abbia un peso elettorale ancora esiguo, ma a Mosca la loro voce conta e si sente. Negli anni di Putin, queste classi medie – giovani, istruite, benestanti – si sono moltiplicate: sono presenti nei giornali, nella tv, nelle università, nelle professioni liberali, nella vita diurna e notturna della capitale, e soprattutto su Internet. A giudicare dalla quantità di commenti, di foto, di video che hanno riempito Facebook dopo la manifestazione di sabato si percepisce un sentimento nuovo di protagonismo, gioioso e orgoglioso, che invoca una propria rappresentanza politica, che chiede la fine dell'opaco monopolio di Russia Unita e con cui il potere dovrà fare i conti. I tentativi del Cremlino di “inventare” a tavolino un nuovo partito che si candidasse all'alternanza con Russia Unita non hanno avuto alcun esito apprezzabile, e forse è ormai fuori tempo massimo l'idea, espressa una settimana fa da Surkov, della necessità di un partito che “rappresenti i ceti urbani insoddisfatti”. Il campione di questa opinione pubblica è il blogger Alexej Navalny, una specie di Milena Gabanelli del Web, capace di condurre in proprio indagini sulla corruzione dei funzionari di stato, con in più un forte istinto politico che lo mette in sintonia non solo con l'intellighenzia ma anche con la pancia del paese.

    Ora tocca al Cremlino e, soprattutto, a Putin. Riuscirà a dialogare con i manifestanti e con le istanze che rappresentano, prima che le opinioni si radicalizzino ulteriormente e mentre personaggi come il miliardario Mikhail Prokhorov si buttano nella corsa presidenziale? Certo il premier non consentirà che gli avvenimenti diventino “rivoluzioni colorate”, ma per lui inizia una partita delicata. Il suo gradimento personale ha iniziato a deteriorarsi, perché è vero, come ha scritto su Repubblica Lucio Caracciolo, che “Putin passerà alla storia come lo zar che nei suoi primi otto anni da presidente ha salvato la Russia dalla disintegrazione totale”. Ma ora deve dimostrare di saper fare i conti con un'agenda politica diversa, dove al primo posto non c'è più la stabilità, ma una, sia pure graduale, riforma del sistema.