Per favore, il premier ci risparmi almeno il tecno-trotzkismo

Giorgio Israel

Si moltiplicano le voci che denunciano il vizio di fondo di una costruzione europea che ha messo il carro dell'economia davanti ai buoi della politica. Il che – ha osservato Angelo Panebianco sul Corriere – ha comportato una ferita della democrazia. Ma ora la crisi, invece di stimolare il risanamento di questa ferita, con la lunga e difficile opera di unire popoli, lingue e culture che non si conoscono e talora non si amano, rischia di provocare un ulteriore crollo della democrazia.

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    Si moltiplicano le voci che denunciano il vizio di fondo di una costruzione europea che ha messo il carro dell'economia davanti ai buoi della politica. Il che – ha osservato Angelo Panebianco sul Corriere – ha comportato una ferita della democrazia. Ma ora la crisi, invece di stimolare il risanamento di questa ferita, con la lunga e difficile opera di unire popoli, lingue e culture che non si conoscono e talora non si amano, rischia di provocare un ulteriore crollo della democrazia.

    Sembra che il tandem franco-tedesco punti a un'Europa a due cerchi, a una Schengen dell'euro: nel disco centrale Germania e Francia, fuori di esso chi non si adegua alle nuove regole imposte dal centro.

    Mentre Sarkozy preme drammaticamente sull'Italia, invitandola a sacrifici per entrare nel primo girone, forse temendo di restare solo con la Germania, si profila una sinistra prospettiva: un cambio della governance europea per vie che evitino la ratifica elettorale delle nazioni. Sarebbe gravissimo. L'Europa diverrebbe un protettorato gestito da due paranoie – il ricorrente delirio di potenza tedesco e l'incapacità francese di disfarsi del mito della grandeur – e da funzionari irresponsabili e prepotenti.

    Si dice che il premier Monti voglia giocare il tutto per tutto per agganciarsi alla locomotiva franco-tedesca. Si evoca la situazione del 1996, quando Prodi e Ciampi tentarono di convincere Aznar a un'adesione “morbida” all'euro e, di fronte al suo rifiuto, scelsero una manovra economica eroica. Forse fu una scelta giusta, ma la questione è controversa. Ora il contesto è molto peggiore e occorrerebbe pensarci dieci volte prima di far scorrere lacrime e sangue, ridurre il paese allo stremo e trasformarlo in colonia, pur di agganciarsi a una locomotiva che può andare a sbattere malamente.

    Al riguardo fa riflettere un recente discorso di Monti in cui diceva: “Non dobbiamo sorprenderci che l'Europa abbia bisogno di crisi, e di gravi crisi, per fare passi avanti.  I passi avanti dell'Europa sono per definizione cessioni di parti delle sovranità nazionali a un livello comunitario. E' chiaro che il potere politico, ma anche il senso di appartenenza dei cittadini a una collettività nazionale, possono essere pronti a queste cessioni solo quando il costo politico e psicologico del non farle diventa superiore al costo del farle perché c'è una crisi in atto, visibile, conclamata”.

    Affermazioni consone, più che a un tecnico moderato, a un esponente delle tradizioni politiche che pongono gli obiettivi storici “supremi” al disopra della volontà e delle esigenze dei cittadini. I passi avanti dell'Europa si misurano con la crescita del benessere, della qualità della convivenza civile, della cultura, dell'istruzione; non con la quantità di sovranità nazionale ceduta. Invece, qui si dice addirittura che le crisi sono benvenute e salutari perché costringono i cittadini sofferenti a rinunciare all'appartenenza nazionale pur di salvarsi.

    E' un tipico ragionamento da rivoluzionario che vede le crisi come tappe di una rivoluzione permanente in vista di un obiettivo supremo, nella fattispecie il potere centrale europeo come necessità storica trascendente. L'ultima cosa di cui abbiamo bisogno è di un trotzkismo tecnocratico, di ammazzare il paese con cure da cavallo sull'altare dell'ideale della cessione della sovranità nazionale da realizzare anche a costo di fabbricarlo con le sofferenze della gente.

    E' meglio non lasciarsi abbacinare dal mito del Reich europeo millenario e pensare alla via giusta per ridare al paese speranza, vitalità e fiducia nel futuro, perché solo così riprenderà a crescere. Questo richiederà soprattutto riforme, il che è compito esclusivo della politica. Se si rivelerà latitante o impotente sarà un dramma, ma l'eurocrazia come versione attuale dello stato etico, per favore no.

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