Chi vuole davvero la riforma della legge elettorale?

Arnaldo Ferrari Nasi

Da Wikipedia: “La legge n. 270 del 21 dicembre 2005 è la legge che ha modificato il sistema elettorale italiano, delineando la disciplina attualmente in vigore. E' stata ideata principalmente dal ministro Roberto Calderoli, ma poi definita dallo stesso in un'intervista ‘una porcata'”. Sembrerebbe che ci sia una relazione tra la prima applicazione della legge Calderoli e la diminuzione della fiducia in Parlamento, ma una lettura di questo tipo può essere semplicistica.

Leggi la nota del premier Berlusconi sulla legge elettorale

     

    Da Wikipedia: “La legge n. 270 del 21 dicembre 2005 è la legge che ha modificato il sistema elettorale italiano, delineando la disciplina attualmente in vigore. E' stata ideata principalmente dal ministro Roberto Calderoli, ma poi definita dallo stesso in un'intervista ‘una porcata'”. Sembrerebbe che ci sia una relazione tra la prima applicazione della legge Calderoli e la diminuzione della fiducia in Parlamento, ma una lettura di questo tipo può essere semplicistica.

    La diminuzione del dato tendenziale della fiducia nel Parlamento, costante fino ad oggi, inzia nell'aprile 2006 subito dopo l'approvazione della nuova legge e a ridosso della sua prima applicazione concreta alle elezioni nazionali. L'indicatore, secondo l'Eurobarometro, passa dal 40 al 26 per cento e non è figlio di una tendenza europea: prendendo come riferimento i paesi più vicini al nostro si può notare come nello stesso periodo la fiducia in Francia e Germania sia notevolmente cresciuta, mentre in Spagna e Inghilterra notevolmente diminuita.

    Al di là dei particolari, la legge va nella direzione di due elementi da sempre sostenuti da Silvio Berlusconi:  bipolarismo e stabilità parlamentare. Fattori che hanno delineato il passaggio pre-post '94 e che sembrano essere ormai acquisiti dalla maggior parte degli italiani.

    Ancora lo scorso anno la maggioranza degli elettori, il 55 per cento, era senza dubbio per un Parlamento suddiviso in destra e sinistra. Solo due anni prima il dato raggiungeva quota 76 per cento, ma bisogna osservare che in quel periodo si era al massimo della litigiosità e dei ricatti delle piccole fazioni interne alla maggioranza di Prodi, il quale, proprio per questo motivo, già dalle prime settimane di mandato aveva dato l'impressione di non poter governare con la dovuta compiutezza.

    Certi preferiscono che all'appuntamento elettorale ci siano due soli partiti, schieramenti, invece altri preferiscono che rimangano più partiti. E Lei?

     

     

     


    Ma quel che l'italiano sembra
    volere non è l'abolizione di questo sistema ma il suo rafforzamento, un modo per farlo funzionare meglio. Il 67 per cento degli elettori è d'accordo con la proposta che se dovesse cadere chi governa in base alla vittoria elettorale, si dovrebbe subito rivotare per poter legittimare un nuovo esecutivo. Una modalità non prevista dalla Costituzione, e sulla quale era costruita la legge elettorale pre-'93 secondo cui i governi venivano formati in Parlamento con consultazioni ed accordi dopo che questi aveva “fotografato” la situazione delle forze politiche nel paese. Ciò permise, per esempio, la formazione del Governo Dini nel '95 sostenuto dal centrosinistra che aveva perduto le elezioni l'anno precedente. O anche i quattro governi del centrosinistra in cinque anni della legislatura successiva, in perfetto stile Prima Repubblica.

    Lei è d'accordo o no con la seguente proposta:
    “Prima delle elezioni si dichiarano i candidati alla Presidenza del Consiglio di ogni schieramento; quello che vince poi governa, ma se dovesse cadere per qualsiasi motivo, si dovrebbero rifare nuove elezioni.”

     

     

     


    Guardando tra gli elettorati
    non si scorge molta differenza. Tutti più che concordi con la proposta, soprattutto a sinistra, con l'eccezione della Federazione della Sinistra. A destra, invece, la situazione è meno chiara: il PdL, nato con vocazione al bipolarismo è per i tre quarti d'accordo ma nella Lega si raggiunge a malapena la maggioranza. Un dato sotto la media, che indica forse come per molti possa essere più importante l'obiettivo da raggiungere che non la fidelizzazione all'alleato.

    Lei è d'accordo o no con la seguente proposta:
    “Prima delle elezioni si dichiarano i candidati alla Presidenza del Consiglio di ogni schieramento; quello che vince poi governa, ma se dovesse cadere per qualsiasi motivo, si dovrebbero rifare nuove elezioni”

    Il ritorno al sistema delle preferenze, cioè alla possibilità di indicare uno o più nomi di candidati accanto all'indicazione del partito, sembra essere richiesto con forza: il 76 per cento degli italiani si esprime in questo senso. Tale metodo, scavalcando l'ordine di accesso alle cariche imposto dai partiti, potrebbe certamente aiutare il cittadino a sentirsi meglio rappresentato, avendo la possibilità di scegliere la singola persona da far concorrere. Occorre ricordare, però, che il referendum del 1991 che aboliva le tre preferenze manifestabili riducendola ad una sola, passò con quasi il 96 per cento dei voti su un quorum del 62 per cento. Le motivazioni maggiormente addotte dal comitato promotore furono quelle di cercare di eliminare il controllo partitico e mafioso sul voto. Con le tre preferenze, concordando l'ordine dei candidati da indicare, si poteva facilmente in sede di scrutinio risalire al voto del singolo elettore dando vita al meccanismo definito “voto di scambio”.

    Alcuni pensano sia meglio che siano i cittadini ad indicare, all'interno di un partito che votano, il nome del candidato che essi preferiscono venga eletto; altri, invece, pensano sia meglio che sia il partito stesso a scegliere l'ordine con cui i candidati verranno eletti, se avranno abbastanza voti.
    Lei cosa preferisce?

     

    In conclusione, quanto traspare dai dati sembra essere ancora una volta la voglia di semplicità e chiarezza: indicare da chi si preferisce essere rappresentati, scegliere tra due proposte politiche, portarne una alla vittoria e garantirsi la possibilità di poterla applicare.

    Leggi la nota del premier Berlusconi sulla legge elettorale